di Enrico Lippi

C’è un momento cruciale nella vita di un nuotatore, o aspirante tale, che somiglia in tutto e per tutto ad un rito di iniziazione: è lo shopping del materiale tecnico e, soprattutto, del fantomatico “costumone” da gara. Che è chiamato “costumone”, poi, perché, visto che poi quando lo togli dalla scatola, a prima vista, potrebbe stare ad un bambino di otto anni?

Il nomignolo inizia a essere utilizzato tra i nuotatori e dalla stampa di settore per distinguere immediatamente, “a orecchio”, i costumi in uso fino alla fine degli anni Novanta dai primi costumi da competizione che arrivavano fino al ginocchio (o persino oltre), per poi diventare di uso comune – anzi, comunissimo – per identificare i costumi da gara “gommati”, decisamente più veloci di quelli tradizionali e degli stessi costumoni di prima generazione.

Ma il termine “costumone” ha una sua origine radicata soprattutto nei tempi – in tutti i sensi – dei costumi gommati oppure si chiama così anche per via del fatto che tocca “svenarsi” per comprarlo?

Quale che sia la risposta, il primo costumone non si scorda mai, eh già.

Come dimenticare quelle sensazioni che sono un misto tra l’ansia di concludere l’acquisto e l’eccitazione dovuta a visioni di risultati strabilianti?

Come dimenticare quel momento in cui la prima gara si avvicina e devi per forza fare una scelta, naturalmente dopo aver speso giorni in ricerche “googlando” in ogni angolo del web e dopo aver stressato tutti i tuoi compagni di squadra non più verginelli di questo rito di iniziazione?

Come dimenticare la fatica di indossarlo per la prima volta ed avere la certezza, prima di riuscire a portare a termine l’opereazione, di aver sbagliato taglia, tormentandosi su quesiti tipo “Come diavolo farò a indossare una cosa così stretta?” e con la paura istintiva di aver speso male, davvero male i propri soldi?

Come dimenticare la prima gara, in cui hai pensato che davvero potesse darti una marcia in più?

Come dimenticare la cura con cui lo hai sciacquato e lo hai rimesso al suo posto dopo la gara, nel timore che – poverino – si sciupasse?

C’è comunque chi al primo costumone, per un motivo o per un altro, ha dovuto dire addio. Il tradimento è sempre alle porte, e non tanto perché l’evoluzione della tecnologia, come avveniva all’epoca dei materiali gommati, possa portare chissà quali innovazioni e possa quindi spingere a rinnovare il proprio parco-costumi, ma soprattutto perché il costumone finisce inevitabilmente per usurarsi col passare del tempo e perché può rompersi in qualsiasi momento. E se ancora non è successo, sappiate che non c’è niente di male e non sempre significa che si è fuori forma: è capitato pure a Federica Pellegrini prima di una semifinale olimpica e a molti, molti altri atleti agonisti persino durante la gara. E allora le soluzioni saranno, inevitabilmente, due: cestinarlo subito (se credete che “chiodo schiaccia chiodo”), oppure conservarlo, in un angolo dell’armadio, a futura memoria. C’eravamo tanto amati, caro costumone.