Un altro articolo sul lattato! Ebbene si…

I chiarimenti che ho cercato di fornire nell’articolo Il ruolo centrale del coach. Acido lattico e Lattato facciamo chiarezza ritengo non siano ancora sufficienti per inquadrarlo a trecentosessanta gradi, non solo nella prestazione, ma anche in un processo e in un programma di allenamento.

Nell’articolo sucitato il mio tentativo è stato di chiarire le idee sul ruolo dell’acido lattico e del lattato stesso per quanto riguarda prettamente i processi che ne regolano la produzione soprattutto in funzione dei substrati energetici utilizzati nelle diverse prestazioni. Di conseguenza è stato inquadrato meglio il suo ruolo nella prestazione natatoria specifica in funzione dei processi di produzione dell’energia ottimali e della massima espressione dell’atleta in gara in base alle evidenze scientifiche.

Si è trattato di un’analisi a livello microscopico: in particolar modo, nel contesto di uno sport di prestazione come il nuoto, basandosi sui meccanismi di produzione del lattato abbiamo chiarito il vero significato di due aggettivi quali aerobico e anaerobico. Si tratta di termini che almeno in senso linguistico danno un significato e quindi un’interpretazione molto distante dalla realtà, dei “false-friends” direbbero nel mondo anglosassone.

Il loro vero ruolo non è legato quindi alla carenza di ossigeno a livello muscolare (a dir poco inesistente), ma al coinvolgimento dell’ossigeno stesso nei diversi processi di degradazione dei substrati energetici preponderanti per fornire energia ai muscoli in funzione della richiesta effettiva e alla localizzazione temporale della prestazione.

Ma i chiarimenti necessari sull’immenso “universo lattacido” sono ancora tanti: è innegabile che poi in uno sport ad elevatissima complessità biomeccanica (prima di tutto) e condizionale qual è il nuoto, il livello di analisi di una tematica come questa deve essere sviscerato fino in fondo.

Così è giunto il momento di spostare il nostro focus su degli aspetti che possiamo definire più macroscopici, e probabilmente anche più pratici, soprattutto nel ruolo di attore protagonista che ha il lattato per la valutazione funzionale e ottimizzazione dell’allenamento.

Il mio obiettivo è di fare chiarezza sul lattato anche da un punto di vista applicativo, ovvero sull’interpretazione corretta dello stesso. A tal proposito mi ha colpito particolarmente un articolo dell’anno 2014 scritto da due ricercatori tedeschi dell’Università di Stoccarda, Benjamin Holfelder e Dieter Bubeck, tradotto poi in italiano sulla rivista Scuola dello Sport.

Senza troppi giri di parole viene messo in evidenza come considerare in maniera oggettiva il lattato in qualità di marker per l’analisi dell’allenamento e della prestazione, in modo da riuscire a creare finalmente un paradigma corretto da avere così un transfer nella pianificazione dell’allenamento.

Le evidenze scientifiche di partenza, note da decenni, non sono quantificate in maniera numerica, ma danno per certa una correlazione tra il lattato prodotto e l’intensità del lavoro muscolare. Altrettanto evidente è sempre stata la sua osservazione, ma che probabilmente per molto tempo è stata la causa di informazioni errate dovute alla sua interpretazione negativa, come una scoria nociva, mentre non è altro che un semplice indicatore (marker).

Chiariamo ulteriormente questa differenza: di sicuro può inibire il rendimento muscolare se rimane in maniera statica a livello muscolare determinando un livello elevato di acidosi, ma non crea assolutamente problemi a livello ematico, che è il luogo dove viene effettivamente misurato tramite semplici prelievi di sangue.
Il paradigma errato causa di disinformazione è stato proprio causato dal fatto che valori elevati di lattato – sempre e solo a livello ematico perché è ciò che riesco a misurare in modo non invasivo – sono stati visti per anni come un elemento negativo, uno stato di scarso allenamento, di condizione fisica precaria. Invece il lattato va considerato per quello che è: solo un marker, perché rappresenta solo una parte di ciò che riesco a monitorare, per avere una visione completa della quantità effettiva anche a livello muscolare sarebbe necessaria una biopsia, un metodo piuttosto improponibile!

Tornando al monitoraggio per via ematica, per avere informazioni corrette è necessario comprendere il suo comportamento dinamico nel tempo, solo in questo modo è possibile comprendere la vera cinetica di produzione (a livello muscolare), rimozione e accumulo (a livello ematico), smaltimento ed eventuale riutilizzo per fornire energia supplementare.

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Meccanismi di trasporto del lattato

Per la comprensione ottimale dello scenario appena presentato, il punto chiave è la conoscenza e comprensione dell’esistenza di precisi meccanismi di shuttle (trasporto) del lattato. Tali meccanismi sono legati alla presenza di alcune molecole specifiche presenti a livello organico in tutto il corpo noti come MCT (“Mono-Carboxylate-Transporters”) che sono determinanti per il comportamento dinamico del lattato all’interno dell’organismo e per il processo di regolazione del lattato stesso. Tali molecole permettono di creare un vero e proprio network globale in cui sono coinvolti il lattato, il torrente ematico e i vari organi.

Esistono diversi tipi di queste molecole appena presentate, associate in modo specifico ai tipi di fibre muscolari, e questo concetto permette di caratterizzare il comportamento delle fibre stesse, ma questo merita un capitolo a parte! Il fattore determinante di cui gli MCT sono responsabili è proprio la loro capacità di fornire un servizio molto più rapido di trasporto del lattato rispetto al normale trasporto per diffusione.

Ora l’aspetto da sottolineare è il seguente: deve essere ben chiaro che anche senza tali molecole il network esiste ugualmente, ma l’unica forma di trasporto, ovvero la via di fuga naturale per il lattato dalla cellula muscolare al sangue è solo il meccanismo di trasporto passivo per diffusione. In pratica è un meccanismo molto meno efficiente perché più lento è provoca una permanenza di acidosi per un tempo maggiore: in questo caso, a livello muscolare, l’acido lattico è si un meccanismo di inibizione della prestazione.  Il processo di allenamento se ben pianificato, deve permettere un aumento della capacità di trasporto del lattato e anche dell’aumento delle sostanze tampone.

Infine la conclusione importante che viene fornita dai meccanismi di trasporto è proprio riguardante il funzionamento della macchina biologica umana, non un sistema a stati discreti (concetto tanto caro a noi ingegneri elettronici nei sistemi embedded!), ma un sistema caratterizzato da meccanismi continui come viene spiegato nell’articolo citato in precedenza:

La trasformazione di energia per via glicolitica e ossidativa si compenetrano (intrecciano) e non debbono essere considerate soluzioni alternative. Se si riconosce il ruolo del lattato come combustibile, il lattato formato da una via serve come substrato per le altre vie di trasformazione dell’energia.

In altre parole questo concetto di continuità rafforza il ruolo del lattato non solo come metabolita, ma anche come molecola segnale, da cui il suo ruolo ben preciso all’interno del network.

Picco di Lattato o Potenza Anaerobica?

Un parametro continuamente ricorrente nella fisiologia e in tutta la teoria dell’allenamento è il concetto di picco di lattato.

La sua definizione è facilmente deducibile: la massima concentrazione (sempre a livello ematico!) che un organismo è in grado di produrre in assoluto. In realtà è poco significativa come transfer all’interno del processo di allenamento, perché non contiene informazioni sui meccanismi di trasporto.

Il vero parametro che quantifica lo stato di allenamento in questa direzione è la potenza anaerobica: la massima produzione di lattato nel minor tempo possibile indipendentemente da quale sia il picco massimo raggiunto effettivamente.

L’esempio pratico nel nuoto è la serie 4×75 con 5 minuti di recupero alla massima intensità possibile.

La potenza anaerobica non sarà altro che la concentrazione di lattato misurata dopo la prima ripetizione (nel minor tempo possibile). L’indicazione reale del miglioramento dei meccanismi di trasporto è il miglioramento della potenza anaerobica, perché concentrazioni più elevate sono indice di come l’acido lattico esce dalla cellula muscolare con maggiore facilità permettendo una buona rimozione.

Infine avere valori elevati vuol dire che i meccanismi di produzione dell’energia stanno lavorando al massimo (se l’atleta è affaticato o con scarse riserve energetiche non si innesca il processo), quindi si tratta di una situazione tutt’altro che negativa e frutto di un piano di allenamento che funziona in maniera ottimale.

Come dichiarò Corrado Rosso in un intervista rilasciata alcuni anno fa al sottoscritto:

Il lattato è la capacità dell’atleta di esprimersi, ma anche dell’allenatore di essere riuscito a farglielo produrre, spesso un atleta povero di lattato è un atleta stanco.

Lattato e Sistemi di Allenamento

Come affermato in precedenza le molecole di trasporto del lattato sono determinanti per ottimizzare l’efficienza energetica e meccanica del nuotatore.

Il percorso effettuato dal lattato è caratterizzato da una serie di fasi, ma accomunate da una caratteristica precisa: durante tutto il percorso del lattato stesso l’organismo è coinvolto in maniera globale e i sistemi di produzione dell’energia lavorano in maniera simultanea.

  • La produzione del lattato avviene a livello cellulare ed è funzione dell’intensità dello sforzo. Che siano allenamenti a bassa o elevata intensità la produzione è sempre presente.
  • La rimozione avviene a livello ematico con i meccanismi di trasporto (il marker che vado a misurare): l’allenamento della Potenza Aerobica, quindi con intensità molto vicina al massimo consumo di ossigeno presenta una cinetica di accumulo crescente nel tempo, pertanto è alla base del miglioramento del processo di rimozione del lattato. È un fattore chiave per la prestazione natatoria in quanto permette di far intervenire al meglio il sistema aerobico per la produzione dell’energia.
    Il sistema prettamente lattacido deve essere allenato, ma non va fatto attivare troppo presto (fattore caratterizzante tale sistema) perché nonostante dia un contributo significativo nella produzione di energia può condizionare in maniera negativa la rimozione del lattato quindi i meccanismi di trasporto.
  • La tolleranza dipende dalla fase di produzione precedentemente descritta, il fattore determinante è la capacità lattacida, ovvero la qualità di mantenere un rendimento meccanico elevato a fronte di una significativa presenza di acidosi muscolare.
    Va sfruttata nella parte finale della gara, nel momento in cui i meccanismi di rimozione non riescono a far fronte al significativo aumento di acido lattico.
  • Lo smaltimento può avvenire a livello ematico tramite il fegato che è in grado di ricavarne successivamente energia riproducendo il glicogeno e tramite i reni attraverso una serie di enzimi.

L’allenamento condizionale è fondato sullo sfruttamento di queste fasi che determinano la cinetica del lattato, e la programmazione e periodizzazione dell’allenamento devono essere in grado di

applicare correttamente e sintonizzare cronologicamente tra loro tutti gli stimoli di allenamento rilevanti per l’obiettivo di prestazione che ci si propone di ottenere senza perdere di vista le possibili contraddizioni nel comportamento adattativo dell’organismo.

Il background teorico rimane fondamentale per applicare al meglio da un punto di vista pratico gli indici rilevanti la prestazione che abbiamo avuto modo di descrivere e sfruttare il loro transfer positivo nell’allenamento.
In sostanza allenare non è parlare per sigle, codifiche, tabelle e via discorrendo.

(Foto copertina: YourSwimLog.com)

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Evoluzione degli aspetti tecnici e condizionali nell’allenamento del nuoto – Parte II

Training Lab, il ruolo centrale del coach. Acido lattico e Lattato facciamo chiarezza

Riferimenti

Holfelder B., Bubeck D. : Lattato, Fibre Muscolari e Controllo dell’Allenamento
Traduzione di M. Gulinelli da “Theoretische Betrachtungen über die Trainings-steuerung anhand des Laktatstoffwechsels und der Muskelfasertypisierung” – Schweizerische Zeitschrift für Sportmedizin und Sporttraumatologie, 60, 2012, 1, 32–39.

Ciccone A. : Al Cuore del Nuoto – Allenamento del nuoto moderno con Corrado Rosso
da Solomagazine Nuoto – Anno 2011 – Numero 6