C’entrano i soldi, ovviamente, ma non solo. Proviamo a capirne tutte le motivazioni.

In un periodo ancora scarno di risultati dalla vasca, sembra quasi obbligatorio approfondire un tema che, visto gli ultimi aggiornamenti, rischia di diventare abbastanza centrale da qui ai prossimi mesi. Gli Enhanced Games, per come sono stati progettati all’inizio, sembravano dover diventare abbastanza velocemente le Olimpiadi in cui il doping non solo era consentito ma incentivato e guidato proprio da medici e allenatori ufficiali della manifestazione.

Dopo più di un anno dal lancio dell’iniziativa, e a meno di un anno dalla prima grande manifestazione (21-24 maggio 2026) gli Enhanced Games sono molto lontani dall’essere quel fenomeno etico e di costume per il quale l’ideatore, Aron D’Souza, aveva deciso di investire risorse e denaro in abbondanza.

Ufficialmente, gli sport ammessi all’evento sono nuoto, atletica e sollevamento pesi, ma il programma è ridotto a 50-100 stile e farfalla per il nuoto, 100 piani e ostacoli per l’atletica, e strappo e slancio per la pesistica.

Tuttavia, alla data attuale il sito ufficiale presenta un roster composto da soli cinque atleti, tutti nuotatori: quattro maschi, Josif Miladinov, Kristian Gkolomeev, Andrii Govorov e James Magnussen, e una donna, Megan Romano. A loro si è aggiunto pochi giorni fa Benjamin Proud, stileliberista inglese che fa salire a sei il numero totale di chi si è ufficialmente unito alla crociata dello sport senza limiti. Ad allenare il gruppetto c’è Brett Hawke, unico tra i tecnici che finora si è esposto (e molto) pubblicamente a favore di questa nuova concezione di sport.

Tirando le somme, e aggiungendoci anche Fred Kersey, centometrista USA che ha ufficializzato da poco la sua presenza, sembra comunque un pò pochino per un progetto multimilionario che dovrebbe attrarre, verosimilmente, sponsor e media in quantità anche solo per restare in piedi.

Ma oltre ai conti che non tornano, sia economici che di adesioni, a saltare all’occhio è la presenza quasi esclusiva di nuotatori, perlopiù a fine carriera o addirittura ritirati, unici sportivi che per ora hanno sposato pubblicamente il progetto. Con l’arrivo di Proud, vicecampione mondiale e Olimpico in carica dei 50 stile, gli Enhanced Games sperano di smuovere finalmente le acque ed attrarre altri nomi pesanti (non ci sono riusciti, per esempio, con Kyle Chalmers), per evitare che la gara di Las Vegas diventi una semplice esibizione fuori contesto.

Detto questo resta comunque interessante rispondere alla domanda iniziale: come mai solo i nuotatori sembrano per ora attratti dagli Enhanced Games?

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Il primo motivo è il più ovvio, i compensi economici. L’organizzazione si ripromette di premiare tutti gli atleti con Prize Money che, per il nuoto, sono inimmaginabili: si parla di 250mila dollari come gettone di ingresso, 500mila per la vittoria dell’evento 1milione per chi dovesse migliorare il record del mondo. Per dare un paragone, la vittoria ai Mondiali di Singapore era pagata 20mila dollari, 30mila per l’eventuale world record. Proud ha giustificato così la sua scelta: “Per guadagnare gli stessi soldi avrei dovuto continuare a nuotare per più di dieci anni, ho pensato a me e alla mia famiglia.” Fin qui, direi, tutto prevedibile, visto che il problema dei premi è stato sollevato spesso proprio dagli atleti stessi, fin dai tempi prima del primo panel presieduto, tra gli altri, da Hosszú, Peaty e Pellegrini, per poi continuare con la parabola della ISL.

Ma i soldi potrebbero non essere l’unico motivo a giustificare la scelta di Proud e soci. Nella scelta di aggregarsi al carrozzone Enhanced Games c’è di sicuro anche una voglia di rivalsa, un sottile ma pesante senso di inferiorità dei nuotatori rispetto agli atleti degli altri sport. Da sempre, infatti, il nuoto è considerato uno sport minore, e sono anche i nuotatori stessi a pensarlo. Per quanto si allenano, per la dedizione totale che devono osservare quotidianamente anche solo per tentare una qualificazione, i nuotatori sono comunque ai margini dell’ipotetica piramide sociale dello sport. Escludendo i grandi big, 10-20 atleti al massimo, tutti gli altri sono ai più sconosciuti e ignorati dal grande pubblico. Il paragone con gli sport di squadra è pietoso, ma anche sport individuali come tennis, atletica e ciclismo sono ben più considerati da media e opinione pubblica. Partecipare agli Enhanced Games, ed essere tra i primi in assoluto a farlo, può rappresentare un’occasione unica per avere i riflettori mondiali puntati addosso. Gareggiare a Las Vegas, in una piscina costruita ad hoc, con i super body e i titoloni di tutti i media del mondo: è una combinazione di situazioni quasi irripetibile, che potrebbe aver convinto (e continuare a convincere) i nuotatori a partecipare.

Un altro motivo da non sottovalutare potrebbe essere la presenza di Brett Hawke.

L’australiano ha avuto buoni risultati da atleta (sesto nei 50 stile ad Atene 2004) e ottimi da allenatore (Cesar Cielo tra i suoi migliori atleti) ed è stato un nome importante per la crescita e lo sviluppo mediatico del nuoto online. Il suo podcast, Inside with Brett Hawke, ha avuto un paio di anni di grande splendore: grazie alle sue molteplici conoscenze personali, Hawke ha potuto intervistare i più importanti nomi del nuoto mondiale, facendo parlare nuotatori e tecnici che il grande pubblico aveva raramente sentito, se non nelle brevi interviste post gara. Che piaccia o meno, si è di fatto costruito una certa credibilità, forse un pò estrema per idee e metodi, ma comunque interessante fresca.

Inoltre, Hawke ha la reputazione di essere bravo nell’allenare soprattutto i velocisti, guarda caso proprio il target individuato da Enhanced per dare il via alla propria rivoluzione. In questo periodo di semina, la sua capacità di vendersi sia ai media che nelle relazioni interpersonali è stata determinante tanto quanto la sua comprovata abilità come tecnico. Proud e Hawke sono, in questo momento, lo sponsor più grande per Enhanced e la possibile trasformazione da semplice esperimento a piccola rivoluzione. Se dovessero aggiungersi altri nomi simili a Proud, cioè non ritirati o semi ritirarti, qualcosa allora potrebbe muoversi seriamente.

I dubbi etici e medici sugli Enhanced Games restano, e sono imponenti tanto quanto quelli economici. Il protocollo medico che proclama un sostegno costante e personalizzato, e addirittura maggiore attenzione alla salute degli atleti sarà realmente applicato? In che modo e fino a che punto saranno usate sostanze dopanti? Sarà giusto ritenere world record una prestazione che consentirà l’utilizzo, oltre che del doping, anche di materiali tecnici che da tempo sono stati aboliti nel nuoto Olimpico? L’organizzazione riuscirà a pagare davvero i premi in denaro o finirà tutto in una grande bolla, come già successo per la ISL? Se tutto dovesse andare bene, in che modo riconosceremo i meriti di Proud & co? E se tutto andasse male, chi ne pagherà le conseguenze?

L’unica cosa che mi sembra certa, per ora, è che i nuotatori che hanno scelto questa strada (e gli altri che si aggiungeranno) l’hanno fatto con la consapevolezza che stanno rischiando tutto.

See you later!

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Foto: Fabio Cetti | Corsia4