Immaginate di partire per le Olimpiadi dopo anni di preparazione e non sapere nemmeno quale sport andrai a fare, dove, come e quando. Ecco, questo è ciò che sta accadendo in questi giorni a Parigi agli atleti del Triathlon e del Nuoto in acque libere.

Questa mattina gli atleti del triathlon si sono svegliati senza sapere se avrebbero gareggiato o meno per via della, ormai famosissima, questione “acqua del fiume Senna”.

Tutto questo è ormai stato trattato più e più volte da tantissime testate giornalistiche, volevo però provare a farvi entrare nei panni degli atleti che nei prossimi giorni dovranno gareggiare per raccogliere i frutti dell’immenso lavoro svolto per arrivare fino lì.

Ovviamente sono cresciuta a pane e nuoto in acque libere quindi mi sarà più facile impersonare gli atleti del fondo rispetto ai triatleti però credo sia scontato dire che non sia facile attendere la gara con il dubbio se sarà un triathlon oppure un duathlon (si, perché c’è pure questa possibilità).

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I nuotatori di open water sono abituati ad adattarsi a qualsiasi variabile: onde, correnti, temperature proibitive e animaletti fastidiosi (ah, le mie amate meduse). Ma qui non si parla di variabili climatiche naturali. Si tratta di giocare con la salute, e questo è un punto sul quale non si dovrebbe nemmeno questionare.

Non c’è la sicurezza al 100%, non si fa. Ci sono alternative, perché non metterle in pratica subito per permettere agli atleti di proseguire il percorso di avvicinamento in serenità? Credo che a tutti gli atleti presenti interessi più la gara in se che le foto ricordo nella location di grande fascino. Ma forse ci siamo scordati che alle Olimpiadi, alle gare in generale, gli atleti dovrebbero essere i protagonisti.

Quando si nuota per due ore in acque libere purtroppo accade spesso di bere un pò di acqua. In mare, per esempio, bere una boccata di acqua salata è disgustoso, personalmente mi è accaduto parecchie volte a causa di un’onda improvvisa o di un colpo inaspettato ed avere la nausea a causa del sapore terribile dell’acqua salata. In questo caso bere un sorso di quest’acqua potrebbe regalarti un biglietto per una lunga permanenza alla toilette o anche peggio. Bel premio per una partecipazione Olimpica!

É vero, si parte tutti a carte coperte, nessuno conosce il campo gara, correnti, punti di riferimento. Nessuno è sicuro del giorno in cui gareggerà o dell’orario, perché se i giorni in cui si dovrebbe gareggiare non ci fossero le condizioni per farlo la gara potrebbe essere posticipata. Ma quanto è difficile e snervante per un atleta accettare tutto ciò.

Quando arrivi alla manifestazione più importante del quadriennio si dovrebbe partire da delle certezze, non da una zattera instabile. Il fondo non è solo un “nuotare per due ore”: si parla moltissimo di tattica. Per costruire una gara bisogna allenarsi e plasmare la propria tattica in base al campo gara ed ai propri punti di forza. Non conoscere la natura di un percorso nel momento in cui ti tuffi in gara è un aspetto insolito.

Gli atleti spesso provano il campo gara nei giorni prima della competizioni per “prendere le misure”: qui sarà difficile se non impossibile farlo. Oltre al fatto che non ci sia la certezza di poter provare il circuito (come è successo per il Triathlon), anche se ci fosse questa possibilità chi si prenderebbe il rischio di tuffarsi in un acqua con il timore di vincere un gran bel mal di pancia e partire così debilitati il giorno della gara?

Per ora si tratta di un tuffo nel vuoto, ma in un’acqua talmente scura che non si sà nemmeno dove si andrà a finire.

Foto: Simone Castrovillari per Corsia4