Sara Curtis, giovane nuotatrice di Cuneo, ha recentemente conquistato l’attenzione di tutti non solo per il suo straordinario record sportivo, ma anche per la sua storia e per la sua identità.
Figlia di una madre nigeriana e di un padre italiano, Sara rappresenta quella nuova Italia che, purtroppo, molti ancora si rifiutano di vedere e riconoscere, a meno che non si tratti di una campionessa. A soli 18 anni, questa ragazza è l’emblema di un Paese che, pur cambiando, fatica ad accettare la propria diversità.
di Yuleisy Cruz Lezcano
La sua vittoria sportiva non è solo un trionfo personale, ma un segno di come l’Italia stia evolvendo, ma anche di quanto sia difficile accettare questa evoluzione.
Molti anni fa, il concorso di Miss Italia vide l’emergere di Denny Andreína Méndez de La Rosa, una giovane di origine latinoamericana, che fece parlare di sé per la sua diversità e per il carisma che la contraddistingueva. Ma ora è Sara, una nuotatrice che porta con sé mondi apparentemente distanti e che ha lanciato un segnale potente: la bellezza e il valore non risiedono solo nei tratti tradizionali, ma sono anche il frutto di una fusione di culture, di esperienze e di identità diverse.
Sara Curtis non è una “Ceccon femminile”, e questa definizione, seppur ben intenzionata, è ingiusta e riduttiva. È fondamentale, infatti, che le donne vengano riconosciute per quello che sono, senza dover essere paragonate ai colleghi maschi. Sara è unica, è Sara: una giovane che si allena con una determinazione straordinaria, che mette il cuore e la forza in ogni sua performance, senza bisogno di accostamenti che sminuiscano la sua individualità.
Io scrivo in italiano, anche se sono immigrata e porto con orgoglio le mie radici cubane. La grazia e la forza di chi è diverso, di chi si fa spazio nel mondo senza dimenticare le proprie origini, mi colpiscono sempre.
Sara Curtis è l’esempio perfetto di come una persona possa emergere grazie alla sua capacità di unire diversi mondi in un’unica forza. La sua storia è un racconto di resistenza, di sacrificio e di impegno. È una testimonianza di come, anche in un Paese che a volte sembra restio ad abbracciare la diversità, possano nascere campioni che dimostrano quanto sia preziosa la ricchezza della nostra mescolanza culturale.
Per troppo tempo, l’Italia è stata dipinta con tratti di omogeneità, con l’idea che la bellezza e il successo dovessero corrispondere a uno standard ben definito. Oggi, giovani come Sara, che rappresentano l’incrocio di diverse culture, ci mostrano una realtà diversa: una nazione più aperta, più inclusiva, e soprattutto più ricca di sfumature. E non è un caso che a emergere siano proprio i giovani come lei, che non si fermano agli stereotipi, ma vanno oltre, portando nel mondo la loro forza, il loro talento e la loro unicità.
Sara Curtis è la prova che l’Italia sta cambiando, che la sua bellezza non è più solo quella che si vede nei cliché, ma quella che nasce dall’incontro e dalla fusione di mondi diversi. Una nuova Italia che sta crescendo, che ha bisogno di essere vista e riconosciuta, non solo quando produce campioni, ma anche quando riconosce il valore della diversità in ogni sua forma.
In un Paese che sta lentamente imparando ad abbracciare le proprie differenze, Sara rappresenta la speranza e il futuro di una nazione che non ha paura di guardarsi allo specchio e riconoscere la propria vera identità.
Siamo figli delle stelle
Credo che un filo d’erba conosca l’infinito,
più del telescopio puntato sul cielo,
che una formica porti in sé la perfezione,
e lo scorfano, sgraziato, sia arte d’élite.
Un granello di sabbia ride del tempo,
un’articolazione schernisce ogni ingranaggio,
e le anime nostre— così vive —
non hanno motivo di piegarsi mai.
La speranza è con me, istante eterno,
sradicata come me, come tanti immigrati nasce in ogni poesia. Siamo erba, libertà:
togliamoci le briglie dalla gola, straniero.
Gli animali ci insegnano “la voce
è natura!”. Siamo figli dell’immenso.
Nessuna vergogna, nessun peccato.
Nessuna preghiera per essere perdonati.
Nessuna bava d’oro sui nostri nomi,
così lontani, sradicati, diversi.
Eppure, siamo pieni di rinascita.
Vi vedo con i vostri viaggi. Mi riconosco.
Non m’importa chi sei, chi siete.
Siete quello che siete e basta.
Anche se vi dicono che siete “nessuno”.
Anche se vi danno solo un numero
al posto del volto.
I nessuno, figli del silenzio,
con la mano che prude e il piede “giusto”.
iniziano l’anno cambiando i record,
anche la letteratura la cambiano,
perfino quando non piove su di loro la fortuna.
La fortuna se la guadagnano.
Nemmeno una goccia di cielo per loro.
Eppure camminano, ridono,
muoiono di vita, vincendo.
Parlano in dialetto e ballando folklore,
non sono cultura, ma verità.
Sono risorse senza nome,
costano meno del razzismo che li cancella.
Ma io li vedo brillare,
sono stelle sotto la pelle del mondo.
Il loro sudore è l’origine
di tutte le poesie.
Foto: Fabio Cetti | Corsia4
Concordo con l’articolo di Yuleisy Cruz Lezcano e con la sua poesia così significativa, e rispondo qui con un mio breve testo poetico, tratto dal mio libro Per segni accesi, Ladolfi Editore, 2021.
Annamaria Ferramosca
E’ legge il lussureggiare degli ibridi
noi che ansiosi guardiamo spesso l’ora
noi che sempre non arriviamo in tempo
lasceremo scorie che il tempo non consuma
qualche bestiola vagante e
disperati silenzi
– le parolepensiero dileguate
nel marasma virtuale
attonita resta la madre
terra piagata incredula
della nostra anagrafe interrotta
come in stuporosa attesa
esposte all’universo
le mille ferite interroganti
ma dal futuro arrivano sorprendono
profetiche soluzioni
presto affollati saranno i meridiani
per successive ondate di migrazioni
noi tutti ritornati nomadi a mescolarci
ignari della nostra fortuna!
ibridi saremo e per legge di natura
lussureggianti
più belli più sani più saggi
capaci finalmente di salvare
da noi stessi
i nostri semi innocenti