Siamo alle porte della più bella ed importante manifestazione sportiva: i Giochi Olimpici.

Gli atleti si preparano per anni ed anni affrontando non solo durissimi allenamenti ma anche situazioni complicate: malattie, infortuni e\o prestazioni sotto le aspettative.

L’avversario più ostico molti lo conoscono, dimora all’interno di ogni atleta, alcuni lo hanno come complice mentre per altri è l’antagonista per eccellenza. Il percorso per arrivare all’Olimpiade non è una strada semplice, gli ostacoli e gli imprevisti non provano nemmeno a nascondersi dietro l’angolo, si palesano proprio anche nei rettilinei.

I tifosi invece hanno una strada un pò più semplice, di solito è quella per arrivare al divano con popcorn e bevanda ghiacciata, anche se i più fortunati prendono lo zaino e partono alla volta del paese ospitante l’evento; dopo una caccia più o meno divertente si accaparrano i biglietti per la gara, partita, incontro a cui tengono di più e, con il portafoglio sicuramente molto più leggero, scaldano le corde vocali per incitare i propri campioni preferiti.  

Nel 2024 la facilità con cui si possono fare le cosiddette “chiacchiere da bar” stando seduti a casa per mezzo dei Social Network è sotto gli occhi di tutti. Prendiamo un qualsiasi dispositivo che abbia internet, apriamo la pagina del social network che preferiamo, leggiamo l’articolo riguardante la gara appena vista e commentiamo assieme a molti altri sconosciuti quello a cui abbiamo appena assistito.

Tempo per diventare leoni da tastiera: 2 minuti. Tempo impiegato dall’atleta per preparare quella gara: anni.

Negli ultimi quadrienni la velocità con cui è possibile connettersi ad internet ed al resto del mondo è notevolmente aumentata, la facilità con cui possiamo reperire un dispositivo tecnologico per essere sintonizzati sul mondo social è palese agli occhi di tutti. Sapete cosa ci ha tolto tutto ciò? L’empatia. Sapete cosa ci ha dato? La freddezza disumana della critica a priori.

Perché ci sentiamo legittimati ad essere così critici nei confronti di persone che conosciamo solo parzialmente o proprio per niente? Perché, vi svelo un segreto di Pulcinella, seguire le gare di un atleta, leggere quello che scrive sui social o quello che scrivono di lui sui social, non vuol dire conoscerlo ne come atleta ne, sopratutto, come persona.

Vorrei porre la vostra attenzione sulla variabilità: ecco un concetto importante da capire. Il nostro corpo non è uguale tutti i giorni, e questo lo può sentire chiunque.

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L’atleta è abituato a lavorare con il proprio corpo e se ne accorge molto di più perché anche un leggerissimo fastidio può cambiare l’equilibrio del gesto tecnico e renderlo non più efficiente (=peggioramento immediato).

L’allenatore anche se ne accorge perché vede il proprio atleta ogni singolo giorno ripetere quel singolo gesto magari un centinaio, magari un migliaio se non un milione di volte. Anche il resto dello staff tecnico se ne può accorgere perché condivide il viaggio e gli è molto vicino.

Pensate quante cose possono influenzare questo delicatissimo meccanismo, perché la questione dello stato fisico è solamente una delle centinaia di variabili con cui l’atleta deve fare i conti.

L’atleta d’èlite è un funambolo, cammina sopra questo filo sottilissimo che è “lo stato di forma”. Questo filo è posto ad un altezza vertiginosa e ci vuole coraggio solo per camminarci sopra, lassù ci sono sempre folate di vento prepotenti che vogliono far cadere il nostro funambolo e lui deve tentare di resistervi. Lo scopo è cercare di attraversare il cratere su cui è posto il filo meglio degli altri che a loro volta lotteranno per fare meglio di lui.

Siete sicuri di conoscere tutte queste variabili? Di sapere in che stato fisico sono tutti gli atleti? L’ignoranza nel senso ”ignorare determinate cose perché non le si conosce” non è un problema, è normale, nessuno è onnisciente. Ma quando facevate geometria alle medie riuscivate a risolvere i problemi quando vi mancavano gran parte dei dati?

Vi faccio un esempio: immaginate che una persona adesso entri a casa vostra e fotografi la prima cosa in disordine o sporca che trova per poi pubblicarla sui social. “Che schifo questo\a è proprio zozzo\a!” , “ma come si fa a ridurre una casa così?” , “neanche un porcile lo lascerei cosi!”.

Ma queste persone non lo sanno che quella mattina non era suonata la sveglia, il gatto ha fatto il panico poco prima che uscissi di casa e non hai potuto pulire perché eri in ritardo per andare al lavoro, la sera prima non hai avuto il tempo di sistemare perché hai finito tardi al lavoro ed eri distrutto\a.

Nessuno lo sa. Solo tu e le persone che ti conoscono che ti chiedono: “cos’è successo?” Ma soprattutto: “hai bisogno di qualcosa?”.

Alcuni rispondono perché sentono quasi il bisogno di fermare questa ondata di critiche negative che sono come spine conficcate sotto un piede, infastidiscono: “non sono sempre così, non ho avuto il tempo” oppure in maniera più aggressiva. Queste persone che non si conoscono, non si sono mai viste e magari mai s’incontreranno con delle banali frasi dal sapore acido ed amaro allo stesso tempo, hanno generato un granello di sentimento negativo che andrà a sommarsi agli altri che portiamo dentro di noi. Le cose negative hanno un peso specifico maggiore e sono quelle che poi ci trascinano giù.

Ci sentiamo legittimati a commentare uno o pochi attimi, frangenti e ci dimentichiamo che la vita, i percorsi sono fatti dalla totalità del nostro tempo. Estrarre un frammento da un insieme non ci permette di capirne l’essenza, di inquadrarlo correttamente. Abbiamo una conoscenza piena di quello che stiamo commentando? Conosciamo tutti gli strati che formano un percorso?

Sapete quali sono i commenti che un vero tifoso sarebbe bello facesse? I complimenti e gli incoraggiamenti. Le critiche non costruttive e sopratutto gli insulti non sono solo inutili ma generano negatività. E a cosa serve far nascere qualcosa di brutto? Tirare gli altri verso il basso non aiuterà mai noi ad andare verso l’alto.

Commentare una gara è un diritto di tutti ma fermiamoci un secondo e pensiamo a questa cosa: guarderesti negli occhi un ragazzo\a giovane che ha appena avuto una delusione enorme dopo che non è riuscito ad esprimere in meglio di se stesso nel momento decisivo e gli diresti “hai fatto schifo! Ti sta bene! Lavora di più! Vai a zappare la terra!”.

Non farti ingannare dalla disumanizzazione a cui porta lo scrivere da dietro uno schermo. Credo che ogni atleta sia conscio del proprio risultato e se non lo fosse ci penserebbe il suo team ad aprirgli gli occhi. Tu che non lo conosci vuoi davvero aggiungere un sassolino al suo vaso del malumore e uno al tuo della malevolenza?

Lo spirito Olimpico facciamolo entrare veramente nelle nostre case, nelle nostre tastiere, facciamoci pervadere da quest’ondata di divertimento ed entusiasmo, lasciamo la negatività lontana.

Torniamo ad essere umani anche dietro lo schermo del PC.

Foto: Fabio Cetti | Corsia4