I mesi invernali del nuoto sono meno freddi di quanto non sembrino.
Sia per chi è dall’altra parte del mondo ad allenarsi (ma non disdegna comunque di far uscire qualche foto bomba), sia per chi cerca il caldo in location meno lontane (è il caso dell’Aniene in Egitto, ad esempio), e sia per chi scalda l’acqua con le prime prove tempi.
Fatti di nuoto Weekly non teme il freddo e il maltempo, perché non esistono condizioni sfavorevoli, ma solo atleti arrendevoli (semicit.).
Hall of fame
Si è parlato molto dell’ingresso di Federica Pellegrini nella Hall of Fame del nuoto Mondiale, e non poteva essere altrimenti, visto l’impatto che la veneta ha avuto sul mondo delle piscine. C’è chi ha vinto più di lei, e magari merita altrettanto di entrare nell’arca della gloria (e un giorno lo farà), ma in questo genere di riconoscimenti è giusto valutare sia i titoli che la storia dell’atleta. Per questo, con buona pace dei rosiconi da tastiera che sputerebbero anche su un piatto stellato di Cannavacciuolo, io dico che Federica Pellegrini ha cambiato il mondo del nuoto femminile per sempre. C’è un prima e un dopo Pellegrini, e non solo per lo sport italiano.
La sua longevità agonistica (8 podi Mondiali consecutivi, 5 finali olimpiche nei 200 stile) è incredibile, e ha fatto da apripista a una nuova concezione di nuotatrice, l’atleta che dura anche oltre il prime, oltre i 20 anni, e che fa del nuoto una professione. È stata una delle poche a resistere prima, durante e dopo i costumoni, migliorando costantemente il suo approccio quotidiano agli allenamenti e alle gare, innovando con scelte spesso non ortodosse, puntando molto sul proprio fisico e moltissimo sulla propria testa.
Non ha disdegnato una vita fuori dall’acqua, fregandosene di chi la definiva antipatica o egoista, aprendo anche qui la strada a molte sue colleghe sportive che spesso venivano fermate da una visione maschilista e retrograda del mondo, non solo dello sport. Ha spesso fatto da muro contro un settore pieno di pregiudizi e malelingue, costruendosi una corazza quasi indistruttibile, con la quale ha protetto lei e chi le stava intorno, e che ora le fa vivere appieno la vita post sportiva, sempre a modo suo e senza compromessi.
Per capire meglio di cosa stiamo parlando, Federica Pellegrini entra nella Hall of Fame insieme a Ryan Lochte, indubbiamente l’headliner della classe 2025, Anthony Ervin, l’uomo che ha saputo bissare l’oro Olimpico nella stessa gara con più tempo tra la prima (2000) e la seconda volta (2016), Oussama Mellouli (indotto nella categoria open water, ma primo atleta oro Olimpico sia in vasca che in acque libere) e Joseph Schooling, il primo oro Olimpico di Singapore (che sarà anche la sede della cerimonia).
Se fate i conti capite che non si tratta solo di quantità di titoli, ma anche di qualità, e di Legacy, l’impronta lasciata da un atleta nel suo sport. E su questo, a Federica Pellegrini non puoi dire niente.
Legacy
D’altronde, se si parla di Legacy si parla anche di quanto conti il tempo rispetto alla medaglia, e non sempre le due cose vanno di pari passo.
In questa riflessione, Swimming World Magazine cita Nicolò Martinenghi, David Popovici e Tatjana Schoenmaker come atleti che hanno messo la mano davanti nel momento giusto, la finale Olimpica, non mettendo tuttavia a segno un tempo eclatante.
Ma quanto conta aver il miglior tempo dell’anno se lo hai fatto quando non valeva la vittoria più importante?
Vincere con il record del mondo è la sublimazione della vittoria stessa, una dimostrazione di potenza che lascia pochi spunti di interpretazione. Ma vincere una finale tesa, dove l’incertezza regna sovrana, dove la concentrazione e la determinazione hanno un peso maggiore della velocità, ha altrettanto valore.
Provate a pensare all’oro di Martinenghi (a proposito, qui una bella intervista di Francesco Calligaris su La Gazzetta dello Sport) a Parigi, il primo della spedizione italiana 2025, il primo per il nuoto dal 2016, vinto in una finale che sembrava una bolgia, che assomigliava all’arrivo in volata della più classiche delle Milano-Sanremo.
Resterà negli occhi degli appassionati di sport a lungo, forse più di molti altri, altrettanto validi ma non altrettanto passionali.
See you later!
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Foto: Fabio Cetti | Corsia4