Sono stati degli Europei diversi, quelli di Roma 2022, si potrebbe dire strani.

Un aggettivo che dovrebbe delineare una certa discontinuità con quanto accaduto nel recente passato, che solitamente definiamo normalità, scostandosi dall’usuale per dettare una nuova rotta.

È stato davvero così?

Innanzitutto, fino a prima di Roma 2022 era normale vedere una grande manifestazione, dalle Olimpiadi ai Mondiali agli Europei, in una location al chiuso.

Tokyo, Budapest e anche gli Assoluti, sono tutte gare ospitate da palazzetti o da strutture coperte, che hanno caratteristiche ben precise, sia strutturalmente che a livello di ambiente.

A Roma, il fatto di essere all’aperto è visto come un pro, sia per la situazione attuale – veniamo da due anni di dure restrizioni e questo è uno dei primi eventi totalmente free – che per il clima, disturbato da un paio di piogge ma sempre caldo e piacevolmente ventilato. 

Una struttura storica

C’è poi il discorso più prettamente legato alla struttura in sè, e qui è necessario aprire una parentesi. Tutti ci ricordiamo il magnifico Water Cube di Pechino, l’impeccabile Duna Arena di Budapest, il funzionale Stadio del Nuoto di Riccione. Spesso capita che un palazzetto venga utilizzato come sede temporanea di una manifestazione, e che la vasca venga quindi costruita appositamente con le più moderne attrezzature tecnologiche e poi smantellata una volta terminate le gare.

Il complesso natatorio del Foro Italico è stato costruito, nella sua parte interna, negli anni ’30 e poi ampliato con la vasca esterna dello Stadio del Nuoto in occasione delle Olimpiadi di Roma 1960. È stato poi ripetutamente restaurato, nel 1983 in occasione degli Europei e poi nel 1994, per i primi Mondiali italiani, ma nella sua interezza è sostanzialmente invariato da più di sessant’anni. Per i Campionati Europei 2022 è stata coperta la tribuna Monte Mario, costruita una tribunetta sul lato corto, ed eliminato il “ragno”, ovvero la griglia metallica che sorreggeva le illuminazioni proprio sopra la vasca da 50, sostituito con dei pali a led. La vasca, però, è sempre la stessa.

La stessa in cui Dawn Fraser e John Devitt vincevano il titolo Olimpico nel 1960, la stessa in cui Giovanni Franceschi diventava campione Europeo nel 1983 e dove Franziska van Almsick scriveva la storia dei 200 stile nel 1994. La stessa in cui, nel 2009, si realizzavano 43 record del mondo, con Federica Pellegrini grande protagonista e Michael Phelps all’apice della sua carriera. In quella stessa vasca abbiamo assistito alla pioggia di medaglie e titoli per l’Italia durante gli Europei 2022 e abbiamo visto David Popovici migliorare il record del mondo dei 100 stile – portandolo a 46.86 – dopo aver vinto un anno fa, sempre nella stessa vasca, gli Europei Junior.

Lo Stadio del Nuoto di Roma è sede quasi fissa dell’annuale Trofeo Settecolli, uno dei meeting più antichi e rinomati al mondo, occasione apprezzata da atleti e tecnici per rifinire la preparazione prima delle grandi manifestazioni estive. Insomma: ci sono poche piscine al mondo che possono raccontare così tanta storia del nuoto.

La bellezza derivante dal passato, quindi, è lampante, così come il fascino di nuotare nel pieno centro di Roma, la città che per secoli è stata anche centro del mondo, circondati dallo Stadio Olimpico, dal centrale del Tennis e da tuti gli altri impianti sportivi. Qualsiasi atleta, italiano o straniero, risponde con entusiasmo quando gli si chiede se gareggiare a Roma dia una sensazione particolare, strana. Ma non può essere solo questo.

Ci sono anche altri motivi che rendono lo Stadio del Nuoto la piscina più bella del mondo, e questa settimana di Europei ce ne ha forniti alcuni.

Il boato del Foro Italico

Il pubblico del nuoto non è esattamente un pubblico “caldo”. Non è possibile paragonare un tifoso del nuoto con uno di un qualsiasi sport di squadra, proprio per la natura differente dei due sport e di conseguenza per i meccanismi di tifo che si creano. Negli sport individuali è più difficile l’identificazione del fan con l’atleta e, ad esclusione di casi particolari (vedi Pellegrini e pochi altri), non si va a vedere una gara di nuoto con l’idea di incitare un singolo atleta come si fa, ad esempio, con la squadra di calcio. Il risultato è spesso un’onda sinusoidale di tifo che si accende e si spegne a seconda della gara e della prestazione, che si alza per un record del mondo per poi placarsi nelle batterie minori, rimanendo su standard di applausi e sparuti incitamenti. Non è stato così nei sette giorni di gare al Foro Italico.

Il “rumore” degli spettatori degli Europei è stato costante, per ogni batteria c’è stato un applauso, per ogni italiano in gara un’ovazione, per ogni finalista un boato all’ingresso, per ogni medaglia un apoteosi di urla. Vi lascio immaginare cosa è successo ad ogni oro azzurro, dall’immancabile po-po-po sulla base di “Seven Nation Army” ai cori inneggianti il nome dell’atleta, fino al canto dell’inno, tutti insieme, compreso di battimani collettivo. Il tifo di Roma è stato caldo, il più caldo mai sentito ad una gara di nuoto, ed è impossibile negare che sia stato un fattore.

Ha spinto gli italiani a risultati a volte insperati, sopra le aspettative, ha schiacciato qualche atleta sotto la pressione, ha fatto trovare energie nascoste a chi non ne aveva. Molti atleti hanno dichiarato, cosa alquanto inusuale, di aver sentito le urla dei tifosi mentre nuotavano, primo di tutti Gregorio Paltrinieri durante i suoi 800, ma anche i ranisti, accompagnati in ogni bracciata dalle grida cadenziate degli spettatori. Il fattore ambientale è stato determinante per Margherita Panziera, per esempio, che ha dichiarato di aver “capito di aver vinto i 100 dorso solo per le urla del pubblico.”

Questa cosa è valsa anche per gli atleti stranieri: David Popovici ha ottenuto un’ovazione paurosa in occasione delle sue gare, così come Mykhaylo Romanchuk, che ha battuto Paltrinieri nei 1500 ma è stato travolto dall’applauso del pubblico. Perfino il francese Ndoye Brouard, che ha dovuto rifare la semifinale dei 200 dorso da solo a causa dello sganciamento del suo device di partenza, si è beccato l’incitamento che, solitamente, gli italiani non riservano ad un transalpino.

È una prerogativa tutta nostrana, questa, perché in nessun’altra manifestazione si era mai visto un simile coinvolgimento emotivo degli spettatori, dai 7 a 12 mila ogni pomeriggio, per una gara di nuoto. Sarà la voglia di uscire e vivere eventi live post pandemica, sarà che se si tratta di tifo siamo sempre in prima linea, sarà che il nuoto sta avendo risultati straordinariamente positivi, ma difficilmente troveremo a breve un altro evento come questo.

Roma Caput Mundi

Per sette giorni, Roma è stata capitale del nuoto europeo ma ha avuto puntati addosso gli occhi di tutto il mondo. Arrivano apprezzamenti anche da oltre oceano, per dire, dove sono abituati a standard elevatissimi di organizzazione e anche coinvolgimento, per esempio nel mondo delle gare universitarie.

Chiaramente, non potrà essere sempre così, perché il nuoto vive di grandi eventi, di medaglie pesanti e di attesa per la prestazione. Sembra però che l’esempio di questi Europei abbia affascinato anche gli spettatori più lontani, lasciando intravedere un nuoto diverso, emozionante, ospitato dalla “piscina più bella del mondo”.

Foto: Fabio Cetti | LEN