“Lo Stadio del Nuoto di Roma è la piscina più bella del mondo”
Non è per niente strano sentire questa frase, anzi è letteralmente la frase più pronunciata da chi, anno dopo anno, passa dal Foro Italico per assistere al Trofeo Sette Colli.
I motivi sono molteplici, e ne trovate alcuni qui, ma ognuno di noi ne può avere diversi, personali ed emozionali, altrettanti validi o forse anche di più.
Il punto è che venire a Roma a guardare delle gare di nuoto è speciale.
Mi sono spesso interrogato su cosa significhi davvero guardare delle gare di nuoto, sono riuscito anche a darmi una risposta su cosa davvero mi piace di tutto questo piccolo grande mondo che è il “piano vasca”.
In questi giorni, tuttavia, credo di aver scoperto cosa unisce queste due sensazioni: da una parte la piscina più bella del mondo, dall’altra il piacere di guardare le gare di nuoto. L’ho capito e l’ho incasellato in un concetto che chiamerò Settecolli Vibes.
Il Sette Colli è molto di più che un trofeo di nuoto, ha detto Paolo Barelli nella conferenza stampa di presentazione, mettendo sul piatto tutto il ventaglio di iniziative collaterali organizzate in questi giorni, dal test match del Settebello al coinvolgimento del Ministero della Salute sui temi dell’alimentazione e della prevenzione. Tutte cose vere e bellissime, e cito anche le iniziative educative sul Salvamento e le spettacolari gare dei nuotatori paralimpici. Ma il Settecolli è molto più di un semplice trofeo per un altro motivo: le vibrazioni.
C’è un’aria particolare quando si arriva in prossimità delle gare, un’aria che si respira ai grandi eventi, quelli più grandi di quanto in realtà non sia il Sette Colli. Non fraintendetemi: tra i trofei in giro per il mondo quello di Roma è il numero uno, ma stare qui è quasi come stare a un Campionato Europeo o Mondiale. Nonostante, appunto, non ci sia in palio un titolo europeo né mondiale.
Gli atleti si studiano, si guardano tra le porte degli spogliatoi e tra le corsie delle vasche. In camera di chiamata si scherza sempre meno, si parla poco, ci si nasconde sotto gli specchi degli occhialini. Far bene al Sette Colli è importante, a volte è più importante che far bene a un Campionato Italiano. La finale al Settecolli è prestigiosa, quasi sempre racchiude l’élite italiana e una spruzzata di internazionalità, che ogni anno da prestigio e aggiunge l’emozione della sfida, il piacere del confronto.
Ma il Sette Colli è molto più di una gara vero? È anche il ritrovarsi all’aperto, d’estate, con il sole caldo che abbronza le schiene dei nuotatori e lascia il segno degli occhialini, quasi un pedigree del quale andare fieri. È il cercare l’ombra per parlare con l’amico che vedi poche volte l’anno ma che senti più vicino di molti altri, augurargli buona estate e sperare di rivederlo in autunno, alla prossima gara.
È guardare i campioni Olimpici, magari nuotare accanto a loro, e magari arrivargli più vicino di quanto avevi sperato. È alzare gli occhi al cielo dopo la gara, vederlo aperto sopra di te e aprire anche un pò il cuore. È aspettare le sei di pomeriggio, l’ombra che cala dalla parte di Monte Mario, la brezza lieve che ti accarezza il viso, la luce che pian piano da spazio alla notte. È chiedere la cuffia a tutti, è rispondere “scusami ma è l’ultima”.
Sapere che solo qui può succedere tutto questo ti da una vibrazione particolare, che non si può replicare o ripetere in altri luoghi o tempi.
Essere al Sette Colli è essere in the place to be, esattamente qui e ora, al cento del mondo. Nella piscina più bella del mondo dello sport più bello del mondo.
Foto: Fabio Cetti | Corsia4