Sono definiti gli “Ocean Seven” e rispecchiano fedelmente i più famosi “Ottomila” degli scalatori di Himalya e co. I “sette oceani” non sono nientemeno che la controparte acquatica del più grande sogno di un alpinista.

Meno famosi dei “fratelli”, le sette imprese per entrare nell’Olimpo del nuoto in acque libere sono: North Channel (collega Irlanda del Nord e Scozia), Cook Strait (tra le due isole che formano la Nuova Zelanda), Molokai Channel (alle Hawai tra le isole Molokai e O’ahu), English Channel (ovvero il Canale della Manica), Catalina Channel (che collega Los Angeles all’omonima isola), Tsugaru Strait (a Nord del Giappone tra Hoshu e Hokkaido), Strait of Gibraltar (lo stretto di Gibilterra).

Avventure degno di un vero e proprio super atleta. Non sempre, perché c’è un italiano che punta a chiuderle tutte, e sarebbe il primo con il tricolore sulle spalle a riuscirci, che si autodefinisce per prima cosa “nerd”!

Parlo di Luca Pozzi, italiano tesserato per l’Aquatica Torino, ma emigrato da anni a San Francisco, dove lavora da Uber come Data Scientist, in pratica Matematica/Statistica applicata, occupandosi di problemi avanzati di inferenza causale, la disciplina che cerca di districare i fattori che causano certi effetti e di quantificare l’effetto di certi interventi. Ma la sua grande passione è il nuoto!

 

Passione che nasce fin da giovane, nuotando nella sua Torino con Sisport e Centro Nuoto. Dopo anni di stop, la baia di San Francisco riaccende in lui la passione per il nuoto, grazie ad un nutrito gruppo di nuotatori che è frequente incontrare nelle fredde acque della città californiana. Non una cosa da tutti, tanto che Luca nel breve si cimenta subito in gare di un certo spessore, tanto da risultare oltre che “nerd” un “Ultra Marathon Swimmer”, ovvero uno di quei pochi atleti sparsi per tutto il mondo in grado di nuotare per oltre 12 miglia.

Pochi giorni fa, il 30 agosto, Luca è partito nella mezzanotte giapponese per la sua seconda tappa degli Ocean Seven, lo Stretto di Tsugaru, che collega il mar del Giappone a quello Pacifico, dopo aver concluso nel 2017 il primo step con lo Stretto di Catalina.

Con il calar delle tenebre, Luca ha nuotato come da regolamento in solitaria per 8 ore 20 minuti e 58 secondi, tempo necessario per coprire i circa 30 km che univano le due coste. Con lui solo la barca d’appoggio composta in primis dai suoi genitori, Laura e Kiki, e da sua moglie Kris, che lo hanno sostenuto nei momenti difficili. Con loro anche due pescatori giapponesi, la giudice Ami e l’interprete Jeremy.

Si parte a mezzanotte, hai un giudice e un interprete, che speravo sempre capisse e traducesse esattamente quello che dicevo. Ogni mezz’ora ti fermano per il rifornimento, e questo è l’unico contatto umano che ho avuto durante la prova.

Per il resto tante seppie e meduse, oltre a colori ed emozioni indescrivibili. Nell’ultimo tratto, per circa un chilometro, mia moglie ha nuotato davanti a me per accompagnarmi sulla retta via, ma è consentito solamente per un breve lasso di tempo

Così Luca è entrato nella storia, diventando il primo italiano a concludere questa gara (e il 46° al mondo), tra le più difficili dei “Sette oceani”.

La difficoltà di questa prova è alta, basti pensare che il tasso di successo è del 50%. Le correnti cambiano in fretta, anche se la lunghezza non è eccessiva, la difficoltà è anche di genere logistico. Questo è un piccolo paese dove o sei del posto, o sei lì per nuotare!

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L’obbiettivo Tsugaru è ormai in archivio, insieme ad altre imprese precedenti di Luca: detto dello Stretto di Catalina, non manca nel suo palmarés anche la circumnavigazione dell’isola di Manhattan, con i suoi 20 ponti e 45,9 km, ma anche l’attraversata del lago Tahoe, sempre in California, anche qui primo italiano di sempre. Un curriculum che parla chiaro e che si spiega solo in un modo: il duro lavoro.

Mi alleno tanto, ovviamente. Tutti i giorni prima di andare al lavoro, un paio d’ore in acque aperte. Nel week end faccio sessioni molto più lunghe, di almeno 6 ore, mentre un minimo lo passo anche in piscina.

Di recente ho inserito la palestra, che mi ha aiutato tantissimo per rafforzare le spalle, uscite distrutte dal primo anno dove avevo nuotato centinaia di chilometri trascurando il lavoro a secco.

Adesso il meritato riposo, che significa riprendere la vita di tutti i giorni. Anche perché in vista c’è lo Stretto della Manica, che equivalerebbe anche alla chiusura della “Tripla Corona” (Catalina – Manica – Manhattan) impresa riuscita solo a 130 nuotatori in tutto il mondo.

A settembre 2020 ci sarà la Manica. È rognosa certo, perché i venti sono forti, ma più facile da organizzare. Inoltre l’hanno conclusa più di 2000 persone e ogni anno in tanti ci provano – continua Luca, che ci ricorda come ci sia una vera e propria associazione che gestisce queste gare – bisogna far richiesta di tentativo, concordare il giudice e la barca d’appoggio e rispettare ovviamente le regole che impongono l’utilizzo esclusivo di cuffia, occhialini, slip e al massimo un po’ di grasso per evitare l’irritazione cutanea e lo zinco per il sole.

Non sarà dunque la Manica a spaventare il fondista italiano, che nel corso delle sue avventure si è imbattuto in delfini e calamari, foche e leoni marini: “Bisogna essere razionale quanto incosciente, ma preferisco la prima definizione”.

La strada per diventare il primo italiano (e uno dei pochi al Mondo, dato che hanno centrato l’impresa solo in 17 fino ad ora) a chiudere i “Seven Ocean” è ancora lunga, considerando che tra i peggiori ci sono il Molokai Channel (Hawaii), circa 45 km di acqua calda e tanti squali e il Canale del Nord, obbiettivo fissato per il 2021: “Devo solo scegliere il periodo. A maggio-giugno l’acqua è più fredda, intorno ai 10° ma ci sono meno meduse. Ad agosto-settembre si sale a 15° ma il rischio meduse è molto più alto”.

Se non volete perdervi nulla delle imprese e saperne di più sul suo programma di allenamento non preoccupatevi.

Da buon appassionato di numeri, Luca ha un blog personale costantemente aggiornato con ogni informazione utile!

Foto: Luca Estrada Pozzi