A Belgrado il cielo è scuro e scende una leggera pioggia. Il paesaggio non è tra i più invitanti, nemmeno per un posto che, da quelle parti, chiamano “il mare”. Si tratta in realtà di un fiume, il Sava, meno conosciuto del vicino Danubio ma più calmo, e più caldo.

Nei pressi dell’isola Ada Ciganlija, trasformata in una penisola per l’occasione, la temperatura dell’acqua è di 27 gradi, simile a quella che si trova in una piscina, ma un pò più calda di quanto i nuotatori non siano abituati per una gara in acque libere. Lo si capisce visivamente anche dalle cuffie, che volano presto via delle teste degli atleti, perché nuotare per dieci chilometri ininterrottamente non è certo come nuotare per cento metri.

Le Olimpiadi sono vicine e le condizioni di forma dei mezzofondisti potrebbero non essere ancora ottimali. A differenza delle gare in vasca, però, nelle gare di acque libere il cronometro conta il giusto.

A influire sulla vittoria finale sono spesso altri elementi: il campo gara, le condizioni atmosferiche, la tattica. A parità di condizioni fisiche, vince comunque il più forte, che in questo caso significa anche il più intelligente.

L’intelligenza sportiva, la capacità di leggere le situazioni e reagire di conseguenza, con velocità e sicurezza, è una dote impagabile. A volte è necessario spiazzare la concorrenza, capire quando è il momento giusto per un allungo, un cambio di rotta, per dare il via alla volata finale.

Gregorio Paltrinieri, nella 10 km europea di Belgrado, ha tenuto l’ennesima masterclass di intelligenza sportiva della sua carriera.

Un Atleta intelligente

Paltrinieri è dotato di un’intelligenza sportiva superiore alla media. Si tratta di un fatto risaputo e provato ripetutamente, in diverse occasioni, dentro e fuori dall’acqua. Nella sua vita agonistica ha sempre fatto scelte polarizzanti, a volte spiazzanti, mai banali. Non era nemmeno maggiorenne quando ha deciso di lasciare Carpi e la famiglia per trasferirsi a Ostia e sottoporsi al programma di allenamento di uno dei coach più duri ed esigenti che ci siano in Italia, Stefano Morini. La quotidianità, vissuta tra le camere della foresteria per atleti, la piscina e la palestra, non era di certo quella più invitante per un adolescente nel pieno delle sue forze vitali, ma questo non gli ha impedito di rimanerci per quasi un decennio.

Poi la scelta di seguire il cuore e l’istinto, spostando le sue attenzioni anche alle gare di acque libere, suo primo amore da bambino. Di conseguenza è arrivata la, forse anche dolorosa, decisione di lasciare indietro chi non ci credeva totalmente, Morini per l’appunto, e di approdare da Fabrizio Antonelli, allenatore invece specializzato solo nelle acque libere. Contro i pareri di tutti gli “esperti”, Paltrinieri non solo ha continuato a vincere in vasca, ma ha anche iniziato a vincere in mare, e la sua scelta di affiancare open water e piscina è stata copiata e ripercorsa da moltissimi colleghi, alcuni dei quali sono tuttora i suoi rivali più accaniti.

Dopo Tokyo 2020ne, in molti si aspettavano un abbandono della piscina per dedicarsi solo al fondo. Paltrinieri non ha fatto scegliere gli altri e ha deciso ancora di testa sua, rilanciando di nuovo aspettative e pressioni. In attesa di stupirci ancora con la sua prossima mossa, va detto che tutte queste scelte non sarebbero vissute così positivamente senza i risultati sportivi che ne sono conseguiti.

Dieci anni a Ostia hanno portato, tra le varie cose, il grand slam nei 1500, che significa filotto perfetto di titoli Europei, Mondiali ed Olimpico. Il cambio di rotta a un anno da Tokyo ha fruttato un’Olimpiade da due medaglie, una in piscina e una nella 10 km in acque libere, e chissà cosa sarebbe arrivato se non si fosse preso la mononucleosi nei mesi prima della trasferta.

Nell’ultimo triennio ci sono stati ancora titoli Europei e Mondiali, sia in piscina che in mare, accompagnati da una costanza di prestazioni quasi irreale per un atleta non più giovanissimo (quest’anno sono trenta), soprattutto rispetto alla concorrenza. Nell’attesa di Parigi 2024, possiamo dire che le scelte di Paltrinieri lo hanno portato ad essere universalmente riconosciuto come uno dei mezzofondisti più forti di tutti i tempi.

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Le tattiche di gara

Se c’è un insegnamento che Paltrinieri ci ha fornito nell’arco di tutta la sua carriera è sicuramente quello di non dare mai per scontato il risultato di una gara prima che questa sia finita.

Nella prima parte della sua carriera era solito ammazzare i 1500 già dalle prime vasche. Si trattava di una tattica usata per sopperire al suo tallone d’Achille, cioè la mancanza di uno spunto finale veloce come quello di molti suoi avversari. Nella parte centrale della gara, Paltrinieri teneva un ritmo talmente incessante che tutti i rivali erano costretti a lasciargli spazio, e spesso si trattava di un margine irrecuperabile anche a chi, al contrario suo, aveva un ultimo 100 metri più brillante.

A volte ha usato una tattica ancora più azzardata, soprattutto nella gara a lui meno congeniale, gli 800: partire fortissimo, fare una specie di sprint nei primi 400 metri, e dare un segnale visivo agli altri nuotatori che risultava spesso demoralizzante. A Tokyo, per esempio, in seguito a questa tattica ci è voluto un superlativo sprint finale dell’americano Finke per togliergli una vittoria che avrebbe avuto del clamoroso.

Nelle 10 km, invece, ha spesso usato tattiche da finisseuer, anticipando gli avversari nel rettilineo conclusivo e tirando una lunga volata a frequenze di bracciata insostenibili per un finale della maratona in acqua. Così ha per esempio conquistato il titolo Mondiale nel 2022 a Budapest, ma anche diverse altre vittorie comprese quelle nelle staffette. A Belgrado, invece, Paltrinieri ha di nuovo provato a stupire tutti con un’idea spiazzante. In una gara che è iniziata con una lunga fase di studio e di cambio al vertice, tutti i migliori erano ancora ben raggruppati al quinto chilometro. Nel terzo quarto di gara, Paltrinieri si è messo a tirare con insistenza, allungando un pò la fila dietro lui, ma comunque non riuscendo a fare quel forcing che in altre occasioni ha sfoltito il gruppo in maniera ben più pesante. Il francese Olivier, l’ungherese Raszovsky, il britannico Pardoe e Domenico Acerenza sono rimasti con lui, e all’orizzonte si intravedeva una volata finale di gruppo molto serrata e, probabilmente, sfavorevole per caratteristiche sia a Paltrinieri che ad Acerenza. All’ultimo rifornimento, a circa due chilometri dalla fine, qualcosa è cambiato.

Tutti i migliori hanno aumentato la frequenza della bracciata ed inserito le gambe e Paltrinieri, fino a quel momento quasi sempre in testa, è stato affiancato e superato da Olivier, che saggiamente ha scelto la traiettoria più interna. L’altro ungherese Betlehem gli si è messo in scia mentre Raszovsky, Acerenza e Pardoe hanno scelto una riga più esterna, spaccando il gruppetto un due. Nel momento cruciale, Paltrineiri ha usato di nuovo la sua intelligenza, spiazzando con la sua manovra perfino le telecamere, che non riuscivano a tenerlo nell’inquadratura per quanto la traiettoria fosse lontana da quella di tutti gli altri. Una tattica apparentemente scellerata, inizialmente sembrava proprio un errore, lo ha fatto nuotare in acque più calme, permettendogli di gestire al meglio le ultime energie per conquistare ill titolo Europeo.

Lo racconta lui stesso, lucido e consapevole come sempre, a Federnuoto: “All’inizio non avevo buone sensazioni, quindi mi sono messo a tirare per prendere un pò di ritmo. Mi sentivo meglio e, quando ho visto che eravamo tutti insieme, ho tentato una traiettoria impossibile: sono andato veramente molto interno cercando di distanziare gli altri e ha funzionato. Avevo tanta velocità, me lo sentivo. Mi sentivo di poter mettere un passo che gli altri, in quel momento, non avevano. L’unica alternativa era staccarmi e andare dalla parte opposta. Loro, invece, sono rimasti esterni. All’ultima boa mi sono accorto di essere solo“. Incredibile.

Parigi 2024

Al netto degli assenti – il campione Olimpico in carica Florian Wellbrock su tutti – la gara di Belgrado ci dice già qualcosa sulla gara Olimpica, per la quale a questo punto è difficile dare una previsione univoca.

Innanzitutto resta da capire dove si svolgeranno le 10 km, perché le acque della Senna per ora non sono ancora state dichiarate balneabili e sono soggette a ripetuti tentativi di purificazione, e la politica sportiva e non spinge per questa opzione, anche per il valore simbolico che avrebbe lo svolgimento delle gare nel pieno centro di Parigi. L’alternativa è lo spostamento della gara in mare – si parla di Marsiglia – anche se l’organizzazione ha finora negato l’esistenza di un piano B.

La differenza tra uno e l’altro campo gara potrebbe essere determinante per i motivi ambientali già citati, temperatura dell’acqua, visibilità e onde, e per la parziale o totale predisposizione degli atleti alle diverse situazioni. I migliori specialisti della 10 km attuali sono atleti che provengono dalla vasca o che, comunque, sono in possesso di un 1500 da sotto i 15 minuti, e quindi preferiscono i bacini calmi, ma sono anche abituati a gestire gare in condizioni meno simili alla piscina. Non c’è un atleta che, in caso di spostamento della gare dalla Senna al Mediterraneo, è completamente tagliato fuori dalla competizione.

Il favorito resta Florian Wellbrock, che ha dimostrato di essere quasi imbattibile se in condizione perfetta, ma la coppia di italiani Paltrinieri-Acerenza è la più temuta dell’intero gruppo. I due, che si allenano insieme, hanno già nuotato gare in sintonia, tirando a fasi alterne e giocandosi ognuno le proprie chance nei momenti cruciali. Non sarà semplice ne scontato, ma Paltrinieri potrebbe stupirci ancora.

Foto: Fabio Cetti | Corsia4