Nella Fatti di nuoto Weekly di oggi cerchiamo di trovare alcuni (pochi) buoni motivi per seguire la World Cup 2022 e altri (qualcuno in più) per annoiarsi.
Dopo la lunghissima scorsa stagione, terminata ad agosto inoltrato e ricca di impegni, il nuoto si è preso la giusta pausa per ricaricare le batterie e permettere agli atleti di programmare con calma e intelligenza quello che si prospetta essere un biennio strano e ulteriormente stracolmo di appuntamenti, con due Mondiali e un’Olimpiade a farla da padrone.
In questo inizio 2022, la stagione in vasca da 25 culminerà con i Mondiali in Australia (Melbourne, 13/18 dicembre), e il cammino di avvicinamento ha come piatto forte le tre tappe della World Cup, manifestazione tanto pesantemente criticata dagli atleti quanto comunque frequentata dagli amanti della corta.
Si è partiti da Berlino, la tappa europea alla quale hanno partecipato anche molti italiani, alcuni dei quali autori di risultati apprezzabili, su tutti il record italiano di Thomas Ceccon nei 100 dorso (49.54).
Le buone prestazioni generali, nella tre giorni tedesca non sono mancate, e c’è stato anche chi ha sfiorato il record del mondo, come Rūta Meilutytė, che con un arrivo migliore avrebbe limato quei 4 centesimi che le sono mancati per abbattere il limite dei 50 rana di Alia Atkinson. Ma le cose buone per guardare la World Cup, purtroppo, sono praticamente finite qui.
Non nascondiamoci dietro ad un dito: il confronto a distanza tra questa manifestazione e la ISL è il tema forte che ad ogni appassionato di nuoto è balzato in mente nel momento in cui si è apprestato a guardare le gare.
Escludendo lo zoccolo duro (nel quale mi pongo) che non se la sarebbe mai persa, quali sono i motivi per cui un appassionato di sport si sarebbe dovuto sedere davanti alla TV per seguire la World Cup?
L’apprezzabile sforzo della Rai, che ha coperto tutti e tre i pomeriggi di finali con la coppia Mecarozzi-Sacchi al commento, non è bastato per rendere meno soporifere le sessioni di gare, che si sono trascinate una batteria dopo l’altra in una stanca sequenza di tempi, copia sbiadita degli elettrizzanti pomeriggi europei e mondiali.
La FINA, da parte sua, non ci ha messo chissà quale brio nel cercare di differenziare i prodotti: il colpo d’occhio televisivo era davvero basilare, con grafiche dei tempi in sovraimpressione e presentazioni dei nuotatori senza particolari effetti, senza nessuna enfasi su quello che stavano facendo.
Questo non vuole essere un discorso che esalti un prodotto a discapito di un altro, perché i limiti e le criticità della ISL sono ben noti a tutti, ma da questo punto di vista il confronto tra la World Cup e la ISL è impietoso. Inoltre, se una delle maggiori critiche che si muovevano alla ISL era riferita al regolamento a volte troppo complicato, nella World Cup nessuno si è sprecato in originalità, e nonostante ciò non è comunque chiaro per cosa nuotino davvero gli atleti.
L’ambiente, poi, è stata la cosa più deprimente. Tribune vuote, silenzio di tomba, luci gialle un po’ sbiadite da vasca comunale di provincia (con tutto il rispetto), entusiasmo ai minimi storici: non sono bastate le interviste ai primi classificati appena dopo la gara per scaldare un po’ un’atmosfera che di certo non ha aiutato ad aumentare l’appetibilità del nuoto ad uno spettatore non affamato di cloro. L’importanza delle luci, e del loro utilizzo intelligente, è ormai un must in qualsiasi sport che si proponga anche come prodotto televisivo: lo hanno capito nel curling e nello snooker, nei tornei di freccette e in quelli di arti marziali; nel nuoto no.
Un nuoto che rimane aggrappato alle proprie convinzioni, senza provare ad allargare un po’ le idee e guardare al mondo esterno che, nel frattempo, va avanti. Nessuno dice che la strada sia necessariamente quella sperimentata dalla ISL, né che sia necessario allontanarsi troppo dal prodotto originale (le gare di nuoto), ma così sinceramente è un po’ pochino.
La World Cup non è nient’altro che una bellissima prova tempi, nella quale la FINA riunisce molti atleti di alto livello e li fa gareggiare assieme, cosa che sicuramente fa piacere ai nuotatori ed agli allenatori. Un po’ meno agli spettatori.
See you later!
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Foto: Fabio Cetti | Corsia4