Il nuoto è stato definito da qualcuno l’ “ARTE“ di traslare nell’acqua e da altri quell’attività che permette all’uomo di galleggiare, scivolare e traslare in acqua.

Paradossalmente questo elemento, seppur tanto naturale, non rappresenta l’atto più idoneo alla traslazione locomotoria umana. Basti parametrare i tempi minimi occorrenti per percorrere lo stesso tragitto, con appoggi stabili e terrestri come nella corsa, a quelli acquatici, instabili e fortemente resistenti come nel nuoto.

Una falsa, quanto vetusta credenza è che ogni disturbo fisico debba dipendere esclusivamente da un difetto tecnico e ciò, secondo la mia esperienza, è assolutamente sbagliato e fuorviante. Si deve partire da un concetto basilare: l’uomo, contrariamente a quanto sostiene il pensiero popolare, nonostante le sue antropologiche discendenze marine, non è un “animale acquatico” e nonostante le naturali e spiccate attitudini all’acquaticità, il suo habitat è assolutamente terrestre.

La nuotata tecnica, quale che essa sia, altro non è che il prodotto finale di un lungo processo di acquisizione di capacità di ambientamento al mezzo e di capacità tecniche, tutte basate su insegnamenti e percezione di sensazioni precise e razionali sviluppabili sulla base di idonee metodiche tecnico – didattico – pedagogiche.

Nell’atleta evoluto, la ricerca continua, l’affinamento del gesto tecnico e l’utilizzo di metodiche di allenamento sempre più innovative, rappresentano la chiave di volta che contribuisce al miglioramento della performance agonistica ed a guadagnare secondi, decimi o centesimi capaci di abbattere qualsiasi record e di conquistare qualsiasi medaglia. 

Tale “chiave” ha mille facce tra le quali possiamo inserire senz’ombra di dubbio la FISIOTERAPIA SPORTIVA, la POSTUROLOGIA e l’OSTEOPATIA.

La fisioterapia, in un team professionistico, parte dall’inquadramento dei propri atleti con iniziali visite, test funzionali e valutazioni posturali e chiarito che l’aspetto preventivo è importante almeno quanto quello riabilitativo post infortunio, vengono svolti periodici follow up che mirano ad un monitoraggio della salute del team ed a rintracciare silenti ed asintomatiche disfunzioni di movimento che col tempo possono tradursi in infortuni che rischiano di far saltare tutta la programmazione ed in casi limite, compromette la carriera.

La comunicazione e l’interfacciarsi tra figure professionali è un obbligo ed è alla base del Team Work. Il fisioterapista, l’head coach ed il preparatore atletico costituiscono un triangolo essenziale ed imprescindibile in ogni sport di alto livello. Ogni giorno il confronto di queste figure disegna l’allenamento e setta i carichi di ogni singolo atleta. La programmazione dei micro e macrocicli serve a “confezionare l’abito giusto” su ogni singolo nuotatore a seconda del loro stile e distanza ma anche in funzione delle loro qualità, peculiarità tecniche e fisiche, dei loro difetti e carenze, il tutto mirato al raggiungimento della migliore performance nella gara più importante dell’anno.

Un altro aspetto importante è il binomio fisioterapista – analista/biomeccanico per l’individuazione e la correzione del gesto tecnico dell’atleta.

In ADN prima ed in Energy Standard poi, ho avuto l’onore ed il privilegio di collaborare con il compianto analista/biomeccanico ed allenatore di fama internazionale Stefano Nurra (founder di SwimLab) col il quale abbiamo svolto un lavoro certosino a secco ed in acqua su ogni singolo nuotatore, che con l’aiuto della strumentazione di video analisi (Swim Analysis) si focalizzavano tutte le criticità del gesto tecnico, talvolta distinguendo problemi tecnici, anziché di origine posturale o di limitazione articolaritá segmentaria o ancora di carenze di controllo motorio.

Entrando più nello specifico, il programma terapeutico di un nuotatore d’élite, nasce inizialmente da una valutazione globale che analizza tutti i sistemi considerandoli come un’unica unità.

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L’osservazione dei movimenti nella loro completezza indirizza il terapista/analista sull’individuaziine del focus clinico, rivelando alcune limitazioni talvolta non correlate con la diagnosi medica, quando presente. A differenza della diagnosi, la valutazione funzionale evidenzierà la “causa” che spesso è lontana dalla sede del dolore.

Una volta stilato un programma “ad personam” chiamato per l’appunto: “Progetto riabilitativo”, questo verrà condiviso con lo staff e viaggerà parallelamente alla programmazione “integrata” tra coach e preparatore. Fondamentale è eseguire periodici follow up che forniscono le risposte ai lavori preventivi e terapeutici (prehab) che proponiamo ed a seconda dei risultati potremmo monitorare la regressione del disfunzioni evidenziate in prima istanza, capire e decidere se necessitano di stimoli differenti e nuove proposte terapeutiche.

Altro aspetto interessante è quando l’atleta manifesta dolore durante i test, che come anticipato, è un campanello d’allarme importantissimo e che non va mai tralasciato.
Il dolore infatti, inficia ed altera il controllo motorio in modo imprevedibile. Un riflesso nocicettivo (dolore) inibisce la muscolatura che circonda l’area dolente inficiandone inequivocabilmente la biomeccanica di movimento e creando adattamenti che alterano la tecnica (bracciata, gambata, rollio etc. etc.).

In ultima fase e non meno importante è la valutazione negli atleti d’élite, delle loro progressioni dello sviluppo neurologico infantile (valutazione “Throwback”). Tali progressioni sono le basi del nostro movimento ovvero un insieme di sequenze motorie che si susseguono in fase di crescita e che poi formeranno il nostro armonico e naturale movimento in fase adulta.

La sequenza di apprendimento avviene attraverso:
• La respirazione
• La presa della mano
• La coordinazione occhio mano
• I movimenti delle braccia
• I movimenti delle gambe
• I rotolamenti
• I gattonamenti
• Le attività in ginocchio
• I movimenti di transizione
• La stazione eretta

Spesso disfunzioni riscontrate in fase di valutazione possono avere origini primordiali o congenite per cui è importante riproporre nel “progetto riabilitativo” una progressione di esercizi e posture adottate durante lo sviluppo neurologico infantile, per ripercorrere alcune fasi “da approfondire” partendo dalla respirazione diaframmatica passando per esercizi coordinativi a spirale, in decubito prono e supino, in ginocchio, “a cavalier servente” (a terra con un solo ginocchio e con la pianta del piede controlaterale), fino ad esercizi funzionali in stazione eretta.

In conclusione, dopo quanto esposto, è chiaro come il concetto di fisioterapia sia molto cambiato rispetto al passato e di quanto oggi sia molto più in “auge” il ruolo della prevenzione a dispetto del semplice recupero dall’infortunio. Tutto ciò rende il mio ruolo molto più affascinante ma anche carico non solo di onori ma soprattutto di oneri e responsabilità.

A volte quel decimo di secondo che porta il tuo atleta sul podio olimpico, può passare tra le tue mani!

Foto copertina: Fabio Cetti | Corsia4

Altre foto: International Swimming League (M. Kasapoglu)

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