​Nonostante ci siano alcuni studi a riguardo, quale sia il limite cronometrico raggiungibile dall’uomo in vasca ancora non si sa con certezza.

Ciò che sappiamo con più precisione, invece, sono i grandi limiti già infranti, quelli che hanno fatto scattare in avanti l’evoluzione del nuoto e sempre più in alto l’asticella dell’umanamente possibile.

Quale miglior limite se non quello dei 60 secondi definisce un vero spartiacque tra il nuoto del passato e quello del futuro?

Vediamo come è avvenuto questo passaggio nei vari stili.

​Johnny Weissmuller, il primo uomo sotto il minuto

1922. La Prima Guerra Mondiale è alle spalle, gli “anni ruggenti” in piena esplosione e con loro anche il mito dei nuotatori d’oltre oceano. C’è un eroe sopravvissuto alla Grande Guerra ed uno che lo ha spodestato dal trono di uomo più veloce del mondo: parliamo di Duke Kahanamoku, “The Big Khauna”, dominatore dei 100 stile libero fino ai Giochi del 1920, e di Johnny Weissmuller, il primo uomo al mondo a scendere sotto il minuto nei 100 stile libero.

Fare meglio di uno che ha vinto le Olimpiadi nel 1912 e nel 1920 – oltre che avere di fatto inventato il surf per come lo conosciamo – è davvero difficile. Duke è un personaggio non solo sportivo ma anche culturale, uno che, se vissuto ai nostri tempi, sarebbe stato un eroe mediatico globale ancor maggiore. Ma una pecca la sua carriera l’ha avuta: nei 100 stile si è fermato a 1.00.4, tempo che gli ha permesso ad Anversa 1920 di bissare l’oro olimpico conquistato otto anni prima.

Johnny Weissmuller mette il primo tassello verso al costruzione del suo mito proprio nel 1922, ad Alameda, California, sede dei Campionati nazionali, segnando un record che è già leggenda.

Nel 1924, alle Olimpiadi di Parigi, Johnny è oro davanti ai fratelli Duke e Samuel Kahanamoku, in quello che è un vero e proprio passaggio di consegne generazionale. Nel 1928, sempre alle Olimpiadi, Weissmuller bissa il successo olimpico e si consegna alla storia del nuoto. Il suo record del mondo del 1924, 57.4, dura 10 anni.

Ma Johnny non si accontenta di essere un mito dello sport: dal 1929 in poi si dedica alla carriera cinematografica e viene ricordato da tutti come Tarzan, l’originale.

​Lance Larson, un finale mozziafiato

Per avere un nuovo limite del minute infranto, si deve aspettare il 1960. Nel frattempo il nuoto è cambiato fortemente: alle Olimpiadi di Roma, ad esempio, partecipano 380 atleti da 45 diversi paesi. Ed è proprio alle Olimpiadi della Città Eterna che Lance Larson è protagonista di una storia incredibile.

I 100 farfalla, pur essendo riconosciuti dalla FINA dal 1957, sono specialità olimpica solo al femminile, mentre i maschi si cimentano nei più storici 200. Larson gareggia nella gara regina, i 100 stile, dove vince l’argento dietro all’australiano John Devitt. Ma il tempo è per entrambi 55.2: il finale è forse il più controverso della storia prima di Phelps-Cavic a Pechino 2008.

Nel 1960 non esistono replay consultabili dai giudici, né tantomeno il VAR, ma ci sono ben tre cronometristi per corsia (tutti manuali) e tre giudici assegnati a determinare ogni posizione della finale. I tre cronometristi addetti a Devitt danno tutti come tempo 55.2, mentre i tre di Larson segnano 55.0, 55.1 e 55.1. I tre giudici addetti a determinare la prima posizione sono sul 2-1 per Devitt, quelli addetti alla seconda posizione segnano l’esatto contrario. La situazione di parità ripassa la palla al giudice arbitro, che assegna il voto decisivo all’australiano. I ricorsi presentati dal Team USA, che si basano sui tempi presi dai cronometristi, non danno effetto: la decisione è confermata e a Larson va l’argento, anche se per tutti i presenti merita l’oro.

Questa vicenda, bizzarra e incredibile, non toglie al californiano la palma di primo uomo a scendere sotto il minuto nei 100 farfalla.

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​Tomson Mann e la forza della squadra

La storia dell’arte di andare indietro in acqua si può dividere in pre e post virata. Chi di noi ha più memoria (mettiamola così) si ricorda di come, qualche tempo fa, per virare bisognava toccare con la mano il muretto prima di cambiare direzione. Quella data storica, il 3 marzo 1991, ha in molti casi cambiato le gare a dorso, perché da quel momento in poi il tocco al muro non è stato più obbligatorio.

Ma ben prima di questa modifica regolamentare, un altro avvenimento storico porta il dorso in una nuova dimensione.

È il 1964 e per la prima volta nella storia il record del mondo dei 100 dorso viene abbassato durante una staffetta 4×100 mista. La finale in questione è quella Olimpica di Tokyo 1964, la staffetta mista quella a stelle e strisce, il nuotatore è Harold Tomson Mann. Un mese prima, ai Trials di New York, Mann ha fatto fermare il cronometro a 1’00”0 spaccati: la terra del Sol Levante lo consegna alla storia del nuoto.

P.S. il 1956 è l’anno in cui la FINA riconosce il WR dei 100 dorso in vasca da 50 metri. Dal 1908 al 1955, venivano registrate le migliori prestazioni effettuate indistintamente su vasche da 50 metri, 25 metri e 55 yards.

Roman Sludnov, il russo nello spazio

Dapprima esiste la rana-farfalla (1907), poi nel 1957 avviene la separazione tra i due stili. Dal 1961, la FINA riconosce ufficialmente il world record dei 100 rana, e il primo è stato 1.11.4 del sovietico Leonid Kolesnikov effettuato a Mosca. Da allora, ci sono voluti 40 anni e 43 record (tra migliorati ed eguagliati) per raggiungere quota 59.97. Ci ha pensato un altro atleta proveniente dalla Russia, ormai non più URSS da un bel po’, ad effettuare l’impresa sempre in patria, a Mosca.

Ora sono felice, mi sento il Gagarin del nuoto, sono il primo a nuotare nello spazio, questa è storia. Sono pronto a sfidare Fioravanti e Moses e fare meglio per rifarmi di Sydney.

Queste le parole di Roman appena uscito dalla vasca ed entrato nei libri di storia del nuoto. Il ranista, allenato da mamma Natalia, è stato di parola: ai Mondiali di Fukuoka si è preso l’oro proprio davanti a Domenico Fioravanti ed Ed Moses.

Foto: Fabio Cetti | Corsia4