Il nuoto a stelle e strisce fa tappa a Mesa, Arizona, facendosi ospitare per la quarta tappa del Pro Swim Series Arena nell’impianto di una High School. Roba che il confronto con alcuni impianti italiani è quanto meno ingeneroso e stridente.

Ci sono tutti e sono, almeno all’apparenza belligeranti. Da Phelps, “mai così in forma nell’anno Olimpico”, al robot Katie Ledecky passando da Lochte, Clary, Franklin.

Ma alla prova dell’acqua, il cronometro non mente. Phelps e Franklin subito fuori dalla finale A dei 200 stile con crono più che modesti per dei campioni del loro calibro (1’50″ MP, sopra i 2’ per Missy). Lo stesso Lochte non brilla e stile ma fa anche peggio nei 100 delfino, con un tempo poco sotto i 54″ che lo spedisce nella finale di consolazione.

Qualcosa di buono si intravede dal mattino: una super Hosszu stampa un 4’32″ nei misti che fa ben sperare per la finale; la Ledecky nuota con una facilità disarmante 1’56″ in batteria e nei 100 farfalladonne la Vollmer giochicchia con la sua classe infinita.

Il pomeriggio si parte con l’inno. Tutti fermi, anche nella vasca di riscaldamento, per ascoltare una quindicenne con voce da usignolo incantare tutti. E poi, subito in acqua.

Franklin conferma il suo disgraziato stato di forma (1’58’’64) meglio di una anonima Friis in 2’00’’6. Ledecky senza grossi patemi d’animo fa sua la finale A: 1’55’’71, sopra al suo migliore stagionale ma pur sempre un tempo da top mondiale. Se doveva essere una risposta ad australiane e svedese, ha convinto proprio tutti. Dietro di lei una rediviva Schmitt, ancora lontana da quella Schmitt capace di interrompere il regno di sua maestà Federica in quel di Londra, ma 1’56″5 che la pone al secondo posto del ranking USA. Se Missy ambisce a qualificarsi in 4 gare per i giochi, forse deve iniziare a fare i conti con la campionessa olimpica.

Gli uomini invece non regalano grandi sussulti. A parte un ottimo Dwyer (1’46″61), dietro di lui nulla di eccezionale. Lochte perde la sfida a distanza con Phelps (1’48″21 per Michelone in finale B, 1’48″65 per Ryan, terzo della A) e Quintero si inserisce con una gara molto consistente e regolare.

La rana al femminile vede un parterre molto compatto. A farne le spese, la recordwoman Jessica Hardy, quarta e prima sopra l’1’07″. Vince Meilie davanti ad Atkinson, con crono da 1’06249. Decisamente non male in questo periodo dell’anno.

Nulla da dire sulla rana maschile. Abbiamo ancora negli occhi lo splendore dei trials UK che nella specialità ha espresso ottime cose; così come abbiamo ancora l’amarezza per l’esclusione dell’imperatore Kitajima, fuori dal rooster con 58″63. A Mesa non si scende sotto 1’01″31, con grande disappunto del giovane Andrew, quarto e mai completamente in gara. Tempi migliori verranno per tutti.

Il delfino femminile aveva dato ottimi segnali già in mattinata, con una Worrell da 57″56. Al pomeriggio ci pensa la Vollmer a ripristinare le gerarchie con un imperioso 56″94, ad unsecondo dal suo record americano datato Londra 2012. Anche in questo caso i maschi emozionano di meno. Vince Stubblefield in 52″53; Lochte in finale B conferma di essere ancora in pienissimo carico: 53″60, mai convincente.

 

Balletto pre-gara

Guarda come Sierra Schmidt si carica per il 400 misto

L’epilogo è dato dai 400 misti. Al femminile, a far infiammare il pubblico ci pensa Sierra Schmidt, 17enne di Baltimora, sconosciuta ai più. Non certo per il suo tempo (4’50″88), quanto per il suo balletto pre-gara con ipod a mille: il bello del nuoto è anche questo.

La Hosszu invece non conferma il tempone della mattinata e il suo morigerato marito-coach non maschera il disappunto: 4’35″ non lo nuotano tutte, ma probabilmente puntavano a qualcosa di più. Stupisce tra l’altro come Katinka abbia nuotato solo questa distanza oggi: anomalo per la Ironlady. Ci pensa allora il giovanissimo Grieshop a infiammare il pubblico: 4’18″75, vicinissimo al suo personale di 4’15″ e soprattutto, anni luce avanti alla concorrenza, da Mellouli a Clary, spento e irriconoscibile.

Domani il programma è più lungo, con i 200 delfino (Phelps torna in acqua), i 50 stile, 100 dorso, 200 ranae 400 stile.

Il NUOTO a STELLE e STRISCE

Fa sorridere, per noi italiani che assistiamo, guardare le gare a stelle e strisce. Stridente la differenza con quanto siamo abituati a vedere dalla nostre parti, nel bene e nel male.

Guardare costa (10$ a sessione), ma il prezzo ripaga una organizzazione perfetta e meticolosa in ogni dettaglio. Su questo anche noi possiamo vantare grandi risultati, ma la flotta di volontari ingaggiati per far si che il pubblico si senta coccolato fa quasi sorridere. Perché i ragazzi (tutti sotto i 16 anni!) si prodigano per portare qualsiasi cosa, dalla bottiglia d’acqua agli snack al programma gare: siamo molto vicini allo sfruttamento della manodopera (gratuita!) di minorenni!

A noi fan sfegatati di Michael viene qualche sospetto sul reale motivo del ritorno di MP alle competizioni quando vediamo il banchetto all’ingresso dell’impianto: distribuzione gratuita di magliette di Michelone offerte dal suo sponsor (endless pool): così, spalti monocolore, con poche eccezioni (tra cui la compagna Nicole, riconoscibile da un diamante grosso quanto una piscina e da una vistosa pancia di 8 mesi).

Quel che piace, tanto, è il momento dell’inno. Si ferma tutto, sono tutti in piedi: anche nella vasca di riscaldamento. Un senso di appartenenza che dilaga anche tra il pubblico e che sconfina dal patriottismo all’entiusiasmo e orgoglio per i propri figli impegnati a fianco ai big. La frase più sentita è “That’s my boy!”, pronunciata con una punta (enorme) di orgoglio.

World Series è l’occasione per rivedere in acqua vecchie glorie di un recente passato. Primo fra tutti,Vyatchanin, che nuota addirittura la finale D dei 100 delfino sfoderando un costumino rosso da bagnino romagnolo: vogliamo ricordarcelo quando dispensava pillole di classe con il suo dorso superiore.