E se sì, a quale scopo?
Perché sport non è solo competizione, ma anche stile di vita, esempio, ispirazione.
Dressel il peso del Nuoto
Caeleb Dressel, attraverso il suo profilo Instragram, ha fatto sapere che non ha più nuotato da dopo i Mondiali di Budapest. Come ricorderete, il campione americano aveva deciso di abbandonare la competizione iridata dopo i primi giorni di gara, a causa di mai meglio precisati motivi di salute; il dubbio che si trattasse di problemi di pressione mentale, che tra l’altro Dressel aveva già dichiarato nel post Tokyo, era elevatissimo.
Ora Dressel conferma che il problema era proprio quello, un peso che evidentemente era arrivato a tal punto da rendergli la vita pressoché insostenibile. L’immagine che usa, “la mia vita con il nuoto è stata ANCHE bella” rende l’idea: ne parla al passato, lasciando però aperta la porta con la promessa che tornerà ad esserlo in futuro.
Troppo spesso, a commento di notizie come questa, ho letto o sentito dire “ma una volta gli atleti non si lamentavano così tanto”, oppure “con la fortuna che hanno… dovrebbero provare a lavorare tutto l’anno” ecc. Mi sembra chiaro che il fatto che queste notizie non uscissero non significa necessariamente che i problemi non ci fossero anche in passato. Ed è altrettanto chiaro come la società moderna, e le pressioni che la stessa esercita su atleti professionisti di oggi, siano non paragonabili a quelle che c’erano anche solo venti anni fa.
Comunque, non ci vedo nulla di negativo, anzi: se un Dressel parla di depressione, o una Simone Biles di peso delle aspettative, o una Serena Williams di voler essere solo donna e madre e non più atleta, stiamo solo ascoltando degli esseri umani come noi, con gli stessi problemi che abbiamo noi e le stesse paure, preoccupazioni che ci colpiscono giornalmente, solo con una cassa di risonanza maggiore. E se quei discorsi aiuteranno anche solo un altro essere umano al mondo ad aprirsi e in qualche modo affrontare la realtà, allora l’obiettivo è raggiunto.
Abusi nella Federazione Tedesca
Come riporta TuffiBlog, proprio durante gli Europei di Roma l’allenatore tedesco Lutz Buschkow è stato improvvisamente allontanato dalla manifestazione. I motivi sono stati resi noti in seguito, e si tratta di una brutta storia di abusi sessuali avvenuti negli anni ’90 e tenuti nascosti dalla federazione tedesca ai danni del tuffatore Jan Hempel.
Ancora una volta è positiva la notizia che fa emergere un mondo, quello degli abusi, troppo spesso rimasto sotterrato sotto la paura e la vergogna, e per questo anche impunito. Ne avevamo già parlato in precedenza, l’invito è sempre quello di riflettere, prendere sul serio la cosa e, nel caso, parlarne con chi di dovere.
The Swimmers
A proposito di cassa di risonanza, sta per uscire su Netflix il docu-film The Swimmers, che racconta la drammatica storia delle sorelle Mardini, YusraeSarah, naufragate nel Mediterraneo con il barcone che le portava lontane dalla guerra in Siria e protagoniste di un incredibile salvataggio a nuoto dello stesso. Una produzione che si avvicina anche al nuoto agonistico, in quanto Yusra è stata Olimpionica per il team rifugiati e portavoce dello stesso anche in occasioni ufficiali come presso le Nazioni Unite.
Conoscendo gli standard di Netflix, dovrebbe essere un prodotto di ottima qualità, che sicuramente ci farà emozionare ma anche riflettere sulle differenze di visioni e condizioni che il nostro mondo ha tuttora e che, a volte, lo sport aiuta a veicolare al grande pubblico.
Mondiali Junior
Chiudiamo con un i Mondiali Junior che si sono conclusi a Lima questa domenica. Un’edizione strana, che vedeva grandi assenti USA, Australia e Canada (impegnate nei Pan Pacifici junior) e Russia (per i noti motivi) ma che di certo ha avuto grandi nomi e risultati interessanti. Popovici ha nuotato altre quattro volte 47 basso, per dire, anche in un contesto dove non era assolutamente necessario per vincere: deve aver preso sul serio i consigli di Popov che, intervistato da Brett Hawke, gli suggeriva di non abbassare troppo il livello e dimostrare in ogni uscita la sua voglia di vincere.
Per l’Italia è stata un’edizione dal medagliere mai così corposo (20 podi), con due ori e molti segnali davvero positivi, soprattutto dal settore femminile. Nonostante mancasse (per scelta di programmazione) Benedetta Pilato, abbiamo mandato sul podio sette atlete diverse e tutte e tre le staffette sono arrivate all’argento. Non male per un settore che storicamente sta attraversando un periodo più difficile di quello maschile, soprattutto nello stile libero che invece a Lima è stato protagonista con ben sei medaglie. Certo sono giovani, certo devono crescere e allenarsi, ma perlomeno la base c’è.
(Tre medaglie individuali e un oro in staffetta per i maschi, orfani di Lorenzo Galossi, anche lui a casa per scelta di calendario).
See you later!
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Foto: Fabio Cetti | Corsia4