In occasione dei recenti Campionati Europei in vasca corta di Lublino, abbiamo avuto l’occasione di intervistare Massimo Meloni capo allenatore del Centro Federale di Tenero.

Mentore di Noè Ponti, Meloni ci ha parlato della sua esperienze in Svizzera, del suo bagaglio italiano e delle aspettative per il prossimo triennio.

Per un atleta del livello di Noè Ponti, che ruolo questo Campionato Europeo in vasca corta?

Un ruolo molto importante, all’interno però di una visione molto più grande. Noè ha raggiunto un livello di maturità che gli permette di ragionare a cicli di quattro anni, cioè di pensare già all’Olimpiade successiva, e questo mi aiuta nel mio lavoro. Ho allenato grandi atleti che hanno preso medaglie internazionali, europee e mondiali, ma che non hanno mai partecipato alle Olimpiadi: anche solo andarci, cambia la prospettiva della tua carriera.

In una recente intervista a una tv svizzera, Noè ha detto che la medaglia a Giochi di Tokyo ha di fatto cambiato la sua vita. Com’è arrivata quella grande prestazione?

Io e lui ragioniamo in maniera molto simile, perchè parliamo molto e di molte cose. È chiaro che la medaglia Olimpica, presa poi a 19 anni, è un momento di snodo per la sua carriera. Quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, nel 2019, l’obiettivo che abbiamo condiviso era di qualificarsi per Tokyo2020 e di centrare la finale l’anno successivo, ai Mondiali del 2021. Poi in finale, si sa, può succedere un pò di tutto. La pandemia, in questo, caso, ha unito le due cose, facendo sì che la finale del 2021 fosse quella Olimpica, e da lì la grande occasione che abbiamo saputo sfruttare.

Quando hai iniziato ad allenarlo, nel 2019, aveva solo 17 anni. In lui, vedevi ancora un atleta giovanile o c’era già la traccia dell’atleta evoluto che conosciamo?

Noè è sempre stato un atleta eclettico, capace di nuotare quasi tutte le distanze di quasi tutti gli stili ad alti livelli, eccezion fatta solo per la rana. Anche se era molto giovane e il lavoro da fare era ancora lungo, in lui vedevo già un atleta evoluto, e le scelte che ho fatto andavano in questa direzione.

Nonostante sia uno dei nuotatori più conosciuti al mondo, in Svizzera la sua grande popolarità è legata al Canton Ticino e alle zone limitrofe. È una cosa che a lui pesa? Come vive la sua popolarità in ascesa?

Noi ci scherziamo anche un pò su questa cosa, soprattutto inizialmente. Ora però ha raggiunto una popolarità che è globale, ha tifosi anche nel resto della Svizzera e in tutto il mondo. Dovunque andiamo, lui si dedica molto alla parte mediatica e ai fan, non si tira mai indietro nelle sessioni di foto e autografi. Per questo e per i suoi risultati è uno dei volti del nuoto mondiale.

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Come avere accolto la notizia dell’ammissione dei 50 farfalla alle Olimpiadi?

A Tokyo, Noè ha preso la medaglia di bronzo nei 100 e nei 200 ha mancato di poco la finale, mentre a Parigi è arrivato quinto nei 200 e quarto, di poco e non senza qualche problematica, nei 100. L’ammissione dei 50 ai Giochi ci da un grosso vantaggio, soprattutto mentale. Noè è perfettamente in grado, dal punto di vista dell’allenamento e della preparazione, di nuotare un grande 200, però è una gara che gli toglie molte energie mentali. I 50 e 100 invece sono gare che si preparano praticamente insieme, e Los Angeles sarà quello il suo programma. Se i 200 fossero stati dopo i 100, avrebbe preparato anche quelli, ma essendo prima la decisione sarà quella di concentrarsi sulla velocità.

Ci sono possibilità, invece, vederlo in altre gare in una competizione come l’Europeo 2026?

Questo è un punto sul quale dobbiamo ancora discutere e valutare, anche a seconda di come vanno le prossime stagioni. Nel suo bagaglio, Noè potrebbe nuotare ad esempio un ottimo 200 misti, gara per la quale si era qualificato già a Tokyo, e un cambiamento di programma potrebbe avvenire dopo Los Angeles, quando sarà un atleta molto maturo. Da qui al 2028, la scelta di non preparare in maniera specifica i 200 farfalla e puntare sui 50 e 100.

In allenamento, che atleta è Noè Ponti?

Fantastico. In questo momento ho la fortuna di allenare un gruppo davvero buono e di alto livello, al quale da gennaio si unirà anche Andrej Minakov. In questo contesto, Noè è uno che non si risparmia, allenarlo è un piacere.

Gareggiare così tanto, sia a livello di singolo evento che di frequenza di manifestazioni, è per lui uno stimolo o un peso?

È un discorso che affrontavo recentemente con il mio assistente. Nell’anno che si è concluso con i Mondiali di Fukuoka 2023, abbiamo gareggiato poco e i risultati non sono stati quelli desiderati (settimo nei 100 farfalla, fuori dalla finale nei 50 e nei 200, NdR). Noè gareggiando si esalta, e spesso è stato in grado di tirare fuori prestazioni incredibili nei momenti di maggiore stress psico-fisico, perché non si tira mai indietro. Noè non manca in una finale internazionale dei 100 farfalla da diversi anni, e gareggiare gli piace. Ora dobbiamo decidere come procedere.

Quanta Italia ha portato Massimo Meloni in Svizzera?

Sono cresciuto con Bubi Dennerlein, Alberto Castagnetti e Gianni Nagni, e quindi con una visione dell’allenamento di base diversa dal resto del mondo. Sono molto legato alle mie origini, all’Italia e all’Aniene, il club che mi ha permesso di crescere professionalmente. Negli anni, ho girato il mondo e visto realtà molto differenti, le ho inglobate nel mio pensiero originale, arricchendomi sia come uomo che come tecnico. Ma dall’Italia ho portato veramente tanto.

E la Svizzera quanto ti ha dato?

Tantissimo. Se calcoliamo che, prima di arrivare in Svizzera, avevo raccolto quattro quarti posti Olimpici e qui ho preso subito la medaglia (ride…). Al di là di questo, e anche del fatto che sto ricoprendo un ruolo federale molto alto, mi sento di dire che una figura come quella del tecnico in Svizzera è riconosciuta in maniera professionale, con contratti sicuri che danno stabilità e serenità. Nell’ottica di fare un buon lavoro, anche questo conta molto.

Foto: Fabio Cetti | Corsia4