Le reazioni al caso Cina-Doping

Del caso che ha sconvolto il nuoto abbiamo parlato qui, cercando di dare un punto di vista più obiettivo possibile su un tema che avrebbe bisogno di spazio quotidiano anche solo per essere spiegato bene.

Inevitabilmente, vista la portata della notizia e i pesi in campo, nei giorni successivi si sono susseguite le dichiarazioni di gran parte del mondo (del nuoto e non), chi più schierato e chi più moderato sulla vicenda.

Trattandosi di un’inchiesta giornalistica di alto profilo, condotta dal New York Times e dal tedesco ARD, ne hanno parlato tutte le maggiori testate mondiali, da Al Jazeera al portale sul mondo cinese XinhuaNet, dal Guardian all’Herald Sun. In Cina la notizia è stata definita “completamente falsa” direttamente dal portavoce del Ministro degli Esteri Wang Wenbin, mentre il ministro degli interni tedesco ha parlato di “schiaffo in faccia agli atleti onesti”.

In Italia, per ora ha parlato il Direttore Tecnico della nazionale di nuoto Cesare Butini, che ai microfoni di Radio Serie A ha chiesto chiarezza all’agenzia mondiale antidoping, così come hanno fatto tramite comunicati stampa sia Swimming Australia che Swimming Canada. I più schierati sono gli americani, che si sono espressi con grande disappunto sia in canali ufficiali che tramite i siti di settore, tutti d’accordo nel condannare la gestione del caso da parte dell’agenzia antidoping mondiale e cinese.

Sui social c’è chi non si è risparmiato, come Adam Peaty (“Che fine ha fatto la responsabilità oggettiva?”) o James Guy (“Radiarli tutti”), e chi si è limitato a una faccina sconcertata, come Leon Marchand. Di seguito alcune dichiarazioni interessanti raccolte dalla stampa internazionale.

Mack Horton (oro a Rio 2016 e spesso schierato contro il doping): “Mi dispiace per quegli atleti ai quali è stata tolta la possibilità di vincere una medaglia che poteva cambiargli la vita. Sono loro le vere vittime di un sistema che ha mancato di rispetto allo sport per manipolare il successo.”

Allison Schmitt su Instagram (dieci volte medaglia Olimpica): “Ciò che mi rattrista è che il movimento Olimpico sia messo da parte per i soldi e la politica.”

Paige Madden (frazionista della 4×200 stile USA, seconda a Tokyo 2020 dietro la Cina): “Nessuno ridarà a me e alle mie compagne il momento in cui potevamo festeggiare il record del mondo e la medaglia d’oro.”

Pochissime, per ora, le prese di posizione a favore dei cinesi. Ha parlato Denis Cotterell, tecnico australiano ex allenatore di Grant Hackett che da 15 anni lavora in Cina (ha seguito anche Sun Yang), difendendo l’integrità degli atleti e definendoli “ossessionati dall’alimentazione e dalla possibilità di contaminazioni”.

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La posizione della WADA

La WADA ha tenuto una lunga conferenza stampa nella quale ha spiegato la sua posizione ed ha riposto, per più di un’ora, alle domande dei giornalisti accreditati. Hanno parlato il presidente Witold Banka, il direttore dell’indagine Gunter Younger e il consigliere generale Ross Wenzel. L’agenzia mondiale antidoping ha difeso strenuamente il suo operato, comunicando di essersi attenuta alle regole e di aver valutato la situazione nel modo più preciso e corretto possibile, tenendo conto anche del fatto che i controlli nel periodo in questione (dicembre 2020) erano fortemente rallentati dall’emergenza Covid-19.

Secondo la WADA non c’era motivo di dubitare della versione della CHINADA in quanto i valori dei test erano molto bassi e variabili e la cucina dell’hotel è stata definita contaminata. Wenzel sostiene che la WADA non aveva alcun potere nel sospendere preventivamente gli atleti (spetta alle agenzie nazionali, in questo caso alla CHINADA) e non avrebbe avuto senso nemmeno un successivo ricorso al CAS. 

Sempre secondo Wenzel, una volta appurato che gli atleti erano risultati positivi per una contaminazione alimentare, e quindi non avevano colpe, era inutile intraprendere un ricorso contro di loro, che avrebbero comunque gareggiato a Tokyo (i tempi tecnici variano dai 6 ai 12 mesi) per poi venire eventualmente giudicati dopo le Olimpiadi per un fatto che comunque, come appurato, non era dipeso dalla loro volontà. Anche la decisione di non divulgare i risultati delle analisi è in linea con questo discorso: se gli atleti non erano colpevoli, non aveva senso scatenare un polverone. In tutto ciò, World Aquatics ha rivestito un ruolo marginale, potendo di fatto solamente prendere atto delle decisioni degli enti anti-doping.

Stimolato sul fatto che questo sia un caso senza precedenti, Wenzel ha dichiarato che nel 2014 c’è stata una vicenda simile che ha coinvolto una decina di atleti americani, tutti scagionati per contaminazione, e che di esempi ce ne sono molti altri.

La WADA, come riporta la Gazzetta dello Sport, è finanziata da tutti i governi nazionali, ed è stata ultimamente aiutata con più generosità dalla Cina, in particolare in prossimità delle Olimpiadi invernali disputate nel 2022. In questo momento sono in atto le revisioni del regolamento interno WADA, che scade nel 2027.

Foto: Fabio Cetti | Corsia4