Oggi prendiamo in prestito un modo di dire tutto italiano – che per i boomers è anche il titolo di una famosa canzone – che però si sposa benissimo con la situazione del nuoto mondiale.

Nella Fatti di nuoto weekly di oggi si parla di faide, sportive e non, e di prestazioni, stavolta solo sportive, che hanno fatto da grande intro per la stagione 24-25. Ready?

Swimming Australia vs World Aquatics

C’è una nuova faida, nel mondo del nuoto, ed è quella tra la Federazione mondiale e quella australiana. Si tratta in realtà di questioni tecniche e governative: ad inizio 2024, Swimming Australia aveva promesso e concordato con World Aquatics una serie di miglioramenti interni, tra i quali espandere i suoi membri votanti da nove a ventuno, includere più donne nelle posizioni di vertice e dare posizioni di consiglio garantite a un rappresentante del comitato di nuoto indipendente. Tuttavia, alla data attuale questi cambiamenti non sono ancora stati apportati nonostante i ripetuti avvertimenti dell’organismo mondiale.

Il problema è che la sanzione per quanto non attuato potrebbe tradursi in qualcosa di più che una semplice ammonizione: i nuotatori australiani potrebbero trovarsi a dover competere sotto una bandiera neutrale e senza inni, in una situazione simile a quella di russi e bielorussi.

Il CEO di Swimming Australia Rob Woodhouse si è impegnato pubblicamente a implementare il cambiamento, ma chiederà più tempo all’organo di governo. Se le due parti non riuscissero a raggiungere un accordo, il risultato potrebbe essere una sospensione all’Australia, con conseguente nomina di un comitato di stabilizzazione per gestire efficacemente lo sport e persino congelare i conti e i finanziamenti governativi. Sembra che un pre accordo sia stato siglato, in attesa del buon esito che calmi definitivamente le acque.

World Records

Dalle faide amministrative a quelle sportive, in questo primo scorcio di stagione sono già stati migliorati ben quattro record del mondo in vasca corta, due femminili e uno maschile.

Partiamo dal 18 ottobre quando, al meeting universitario che vedeva opposte Virginia e Floirida, Gretchen Walsh ha migliorato il record dei 100 misti, abbassandolo a 55.98. Tutto bene per la più piccola delle sorelle Walsh, che a Parigi sembrava dover spaccare il mondo e invece ha deluso un pochino le aspettative (altissime) che c’erano su di lei. La sensazione è che sia un’atleta dalle potenzialità enormi che, tuttavia, si trova molto più a suo agio nel confort delle gare scolastiche. Per il passo successivo c’è ancora tempo.

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Poi c’è stato Noè Ponti, che alla prima tappa di World Cup (il 20 ottobre) ha nuotato 21.67 nei 50 farfalla, per poi ben figurare anche nelle gare successive, in evidente stato di forma prossimo alla grazia. Peccato anche per lui, che a Parigi non ha raccolto quanto avrebbe forse potuto, ma che rimane comunque uno dei migliori delfinisti sulla piazza, e anche dei più belli a vedersi.

E la World Cup di ieri ha regalato anche il primato di Kate Douglass, che batte il record dei 200 rana portandolo a 2.14.16 (e finalmente, direi, visto che era del 2009 di Rebecca Soni), mentre oggi fresco fresco arriva il 54.41 di Regan Smith che migliora il 54.46 nuotato da Kaylee McKeown ottenuto ai campionati australiani. La campionessa di tutto ha poi partecipato a una sola gara della World Cup, abbandonando la compagnia per le restanti tappe. Motivazione: dare precedenza alla propria salute mentale, probabile motivo per il quale ha anche deciso di non partecipare ai prossimi Campionati Mondiali in vasca corta.

E questo ci porta a una riflessione sulla World Cup, appunto.

Wrold Cup

Siamo sicuri che la World Cup sia gestita al meglio?

Partiamo dalle condizioni degli atleti che, se è vero quanto recentemente denunciato, sarebbero al limite del tollerabile. Stando a quanto riportano diverse testate internazionali, le condizioni logistiche e di ospitalità sarebbero state vergognose, con stanze d’albergo non propriamente comode e servizi addirittura sottodimensionati. Il tutto, tra l’altro, con un costo a carico degli atleti che sarebbe pure stato gonfiato per l’occasione. World Aquatics, che per le tre tappe orientali di World Cup ha garantito le spese solo ai dodici migliori atleti (quelli ampiamente sponsorizzati, medagliati Olimpici, tra i quali ci sono anche Ceccon, Martinenghi e Pilato), sembra per il momento glissare sulla questione, che invece dovrebbe essere centrale e non solo per motivi di decenza.

Escludendo i Campionati del Mondo, la World Cup è il solo altro evento organizzato per il nuoto in corsia, l’unico che ha cadenza annuale, l’unico che da ai nuotatori una parvenza di professionismo. Da una parte, quindi, il nuoto (inteso anche come nuotatori) che spinge per diventare grande, e dall’altra atleti che frenano e cercano il proprio spazio per scongiurare problemi di mental health.

Forse la riflessione da fare è di insieme, e non sui singoli. Forse il nuoto non è pronto per il professionismo come lo sono molti altri sport, forse non tutti i nuotatori trovano nella struttura a loro proposta quella sicurezza che invece hanno, per esempio, i ciclisti o i tennisti. E questo non può essere solo un problema dei nuotatori.

World Aquatics cosa fa? Ceccon che batte Pan Zhanle nei 100 stile e lo scontro tra Ponti e Marchand nei 100 misti sono stati gli highlights (da social, soprattutto) di una tre giorni che ha dato anche altro, ma che non lo ha valorizzato. Davanti e dietro le quinte.

È proprio così difficile dare di più?

See you later!

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Foto: Fabio Cetti | Corsia4