C’è una piccola tradizione, nella tradizione Olimpica che ogni quattro anni riunisce tutti i migliori atleti del mondo alla ricerca del miglior risultato possibile e dell’ingresso nella storia dello sport.

La tradizione nella tradizione consiste nel fatto che la vincitrice dei 200 e dei 400 misti sia la stessa persona. Parliamone.

La tradizione delle mististe Olimpiche 

Questa piccola consuetudine si è verificata otto volte nelle ultime otto edizioni dei Giochi (con sette atlete diverse) e dieci volte sulle tredici totali in cui le due gare si sono svolte insieme alle Olimpiadi. Un bel numero, direi.

Ha iniziato Claudia Kolb, a Città del Messico 1968, seguita da Tracy Caulkins nel 1984 della Los Angeles senza blocco sovietico, e poi da Atlanta 1996 è diventata una regola: Michelle Smith, Yana Klochkova (due volte, Sydney 2000 e Atene 2004), Stephanie Rice a Pechino 2008, Ye Shiwen a Londra 2012, Katinka Hosszu a Rio 2016, Yui Ohashi a Tokyo 2020 e Summer McIntosh a Parigi 2024. Si tratta di un fatto alquanto singolare, se si pensa che negli altri stili è molto raro che ci sia un’atleta vincitrice sia nei 100 che nei 200 o anche che nello stile libero chi vince i 200 si ripeta con costanza nei 400 o nel mezzofondo. 

L’accoppiata Olimpica nei misti avviene anche tra i maschi ma con meno frequenza, otto volte su tredici totali, tanto da non sembrare una regola così come tra le donne ma un fatto più legato ai singoli protagonisti. Alle origini ci sono stati Charlie Hickcox nel 1968, Gunnar Larsson nel 1972 e Alex Baumann nel 1984, ma prima della doppietta di Marchand a Parigi 2024, le ultime double risalivano al 2008 e 2004 con Michael Phelps, e prima ancora al 1992 e 1988 con Tamas Darnyi. Marchand e Phelps trascendono da questo discorso, perché non sono solo mististi formidabili ma espandono le loro vittorie anche ad altri campi. C’è Darnyi, quindi, e poi ci sono le donne: perché? 

 

Perchè le mististe vincono 200 e 400?

​Potrebbe esserci una spiegazione tecnica di base, che riguarda la preparazione dei misti, ma è difficile da inquadrare in quanto, all’apparenza, 200 e 400 sono gare che presentano molte differenze.

Nei 200, soprattutto in tempi recenti, la velocità di base è una componente determinante per il successo finale, e senza una prima parte di gara veloce e solida è difficile poter pensare di rientrare sui rivali con la sola spinta, ad esempio, dello stile libero. Nei 400, invece, si può sopperire ad una frazione meno brillante tra il delfino e il dorso inserendo una rana ritmata e rientrando poi con la chiusura a stile. Dipende molto dalle caratteristiche di base delle atlete, ovviamente, ma anche le preparazioni delle due distanze possono essere diversissime. Tecnicamente c’è da allenare tutti e quattro gli stili, ed evitare di avere “buchi” è chiaramente la strategia migliore, ma va da sé che nei 200 si deve curare più l’aspetto veloce mentre nei 400 quello della resistenza. 

Strategicamente, inoltre, sono due gare che presentano aspetti non concordanti tra loro. Nei 400, tra le donne non si è ancora vista un’atleta che abbia fatto delle apnee un fattore, come fa Marchand e come faceva in parte anche Phelps, cosa che invece succede sistematicamente nei 200. Nella distanza più breve, spesso avviene che le specialiste degli altri stili provino in qualche modo a sconfinare, nel tentativo di cercare fortuna (a Parigi, per esempio, è successo con Kate Douglass e Kaylee McKeown), ma alla fine vince sempre una mistista.

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Cosa accomuna le mististe olimpiche?

La fresca detentrice della doppietta olimpica, Summer McIntosh, è un fenomeno potenzialmente generazionale, e non se ne parla di certo solo da questa stagione. Ha compiuto 18 anni domenica 18 agosto e, in carriera, ha già fatto il record del mondo nei 400 misti, ma anche nei 400 stile, primeggia le graduatorie nei 200 farfalla e se la gioca a stile con le due migliori 200iste al mondo (forse di sempre). Quello che ha fatto a Parigi 2024 – oro nei 200/400 misti e 200 farfalla, argento nei 400 stile – non ha paragoni. O forse sì? 

Michelle Smith, ad Atlanta 1996, vinse 200 e 400 misti, ma anche 400 stile, e fu bronzo nei 200 farfalla, un ruolino che somiglia moltissimo a quello della canadese, anzi sono proprio le stesse gare. Un piccolo indizio: se sei fortissima a delfino e a stile, va a finire che sei forte anche nei misti. Smith fu poi fermata da una brutta storia di doping, non dando seguito alla grande prestazione del ‘96, ma quella settimana olimpica rimane comunque nella storia.

Nello stesso discorso possiamo inserire anche Katinka Hosszú, che a Rio ha vinto 200 e 400 misti ma anche i 100 dorso, perdendo i 200 dorso per aver probabilmente sottovalutato la fatica – fisica e nervosa – di una settimana di gare alle Olimpiadi. La Iron Lady del quadriennio 13-16 non aveva praticamente punti deboli: veloce (vinceva i 100), resistente (vinceva i 200) forte a delfino, fortissima a dorso, ottima a rana, forte a stile. Il risultato viene da sé.

Ye Shiwen è famosa per aver nuotato l’ultimo 50 dei 400 misti a Londra 2012 più velocemente del vincitore della gara maschile, Ryan Lochte, 17 centesimi per la precisione. Oltre a questo dato, eccezionale ma anche un pò randomico, la mistista cinese aveva una seconda parte di gara praticamente insostenibile per qualsiasi rivale. La sua accoppiata rana-stile era devastante: sia nei 200 che nei 400, al passaggio, era in linea con diverse avversarie, che poi venivano lasciate indietro con violenza, senza possibilità di rientro. L’abbiamo rivista nei 200 rana a Parigi 2024, ma era una versione sbiadita della forza della natura del 2012. 

Yana Klochkova aveva invece una condotta di gara più bilanciata, con una fase centrale dorso-rana solidissima e una buona chiusura a stile. In occasione delle prove di Sydney 2000, i suoi passaggi a metà gara non erano così diversi da quelli di Ye Shiwen, (entrambe passano in 2.11 a metà 400, per esempio), mentre diversa è chiaramente la chiusura di gara. Si può dire che l’ucraina fosse una mistista più classica, forse meno potente ma più bella a vedersi di molte delle sue colleghe arrivate dopo.

La più bella a vedersi, perlomeno a parere mio, è Yui Ohashi, che ebbe il merito di dare al Giappone due ori casalinghi nell’Olimpiade del 2021. La sua fu una doppietta a sorpresa, di quelle che alla vigilia erano possibili ma non così attese, ma che per bellezza di esecuzione non è seconda a nessuna di quelle venute prima e dopo. Vinse di poco – 13 centesimi nei 200, 68 nei 400 – ma mai la sua nuota è sembrata affannata, alla ricerca esasperata della prestazione. Il suo delfino era rotondo ed elegante, così come la sua rana, forse la più bella di tutte, e anche a dorso sembrava scivolare sull’acqua senza fatica. Definirla la mistista per eccellenza, l’erede di Klochkova, non è una bestemmia.

A proposito di vincere per poco, a Pechino 2008 Stephanie Rice vinse di pochissimo – 14 centesimi nei 200, 44 nei 400 – ai danni sempre di Kirsty Coventry. Quest’ultima, dorsista di professione, passava sempre davanti a metà gara ma era meno forte di Rice a rana, particolare che le è di fatto costato entrambi i titoli. Detto questo, tra le due metterei comunque l’australiana nel discorso delle più grandi mististe all-time, e infatti gli ori li ha vinti lei. 

Quindi?

In conclusione non c’è una regola che valga per tutte, né qualcosa che le accomuni così distintamente da far sembrare possibile una sorta di formula magica. In ogni occasione olimpica, vincere 200 e 400 misti è sembrato molto meno scontato di quanto poi non sia accaduto alla fine. prendiamo Parigi 2024, per esempio. Se nei 400 McIntosh non aveva rivali, e non li ha avuti effettivamente, nei 200 la gara era apertissima ed incerta, tanto che era parere abbastanza comune che la canadese potesse perdere. Kate Douglass c’è andato vicino e anche Alex Walsh ha impensierito non poco McIntosh, salvo poi venire squalificata per virata irregolare. 

Ma la vittoria alla fine è andata alla canadese, così che la tradizione nella tradizione potesse ripetersi una volta ancora. In un mondo dove ormai vale tutto e il contrario di tutto, è bello avere almeno una certezza.

See you later!

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Foto: Fabio Cetti | Corsia4