Prendo qualche spunto. Rifletto.
La notte dell’eliminazione della staffetta 4×100 mista, butto giù il resto, dopo aver letto commenti esilaranti di illustri professori da tastiera.
Andiamo con ordine.
L’Australia
Come si può non iniziare dai VINCITORI assoluti di questo “nuovo” Mondiale? Sempre e da sempre un esempio, un punto di riferimento, un modello sportivo e culturale da seguire. Un movimento al quale mi sono sempre ispirato, studiando per anni gli allenamenti di Hackett. Diciamolo: quando gli AUSSIE sono protagonisti è sempre uno sballo.
Non so a voi ma a me anche l’inno mi mette i brividi. Forti, compatti, competitivi in ogni stile, in ogni distanza. Geni. Atleti. Rivoluzionari. Ironici nelle interviste. Seri sul blocchetto di partenza. Non è solo una questione di stile, ma di una cultura sportiva profonda. Che nasce nelle piscine di Melbourne, Perth, e Sydney, dove ce ne una ogni 100 abitanti.
Cose dell’altro mondo. Come i 400 stile libero di Short. Parto a bomba. Tengo. Riparto. See you in Paris guys.
La Cina
Come si può giudicare una Nazionale di nuoto che negli ultimi 20 anni ha tirato fuori dal cilindro stupefacenti campioni dal nulla che poi improvvisamente sono evaporati?
Loro hanno il proprio sistema: ne prendono 500 per ogni sport, li mettono in collegio per 10 anni senza vedere la luce del sole, e quando questi “atleti” hanno circa 16 anni, almeno 5 di loro sono pronti per le Olimpiadi. Non succede solo nel nuoto, suvvia.
Con il ranista tutto fare però, siamo di fronte ad un “fenomeno” in controtendenza; questo ragazzo che diciamolo pure, NUOTA UNA RANA SPLENDIDA, a 17 anni era forte, poi evaporato, e per riemergere guarda caso, è andato negli Stati Uniti. Ora; tralasciamo tutte le illazioni del caso in materia di doping. Lì lascio la parola agli esperti.
Personalmente credo che sei i giovani del sol levante seguiranno il suo esempio non ci sarà mai sospetto doping che regga. Sbarcare oltre oceano rappresenta per loro una possibilità di non essere abbandonati una volta superata la soglia dei 20 anni. Credo fermamente che vedremo altri Qin in futuro. Lui e gli altri gli aspettiamo a Parigi.
La Stampa e l’Italia
Capisco che prima del fenomeno Pellegrini il nuoto in Italia non lo seguisse nessuno. Capisco che molti debbano fare il proprio lavoro. Durante questi Mondiali giapponesi, ho letto ed ascoltato decine di commenti di illustri professionisti e giornalisti che parlano di nuoto come se lo facessero da sempre. E qui entra in gioco il solito sistema italico.
Perchè prima di giudicare non ci si informa? Perchè prima di parlare di fallimento non si appalaudono gli avversari che sono stati più bravi di noi? Dopo tutto, il fenomeno calcio insegna. Non esiste la cultura della sconfitta. Non esiste questo insegnamento che dovrebbe partire da lontano. Dai bambini.
Non esiste pensare che, se la staffetta 4×100 mista, campione del mondo uscente non entra in finale e perchè ad oggi l’Italia vale questo? Si poteva entrare in finale è vero, sarebbero bastati poco più di tre decimi, e poi? Non siamo al livello delle grandi potenze che si possono permettere di schierare la formazione B e risparmiare i campioni, il nostro meglio era già in acqua. Poi, per carità, si possono fare tutte le valutazioni del caso in fatto di atteggiamento, ma ricordiamoci sempre che stiamo parlando di ragazzi di 20 anni. Ecco un altro spunto per un’altra riflessione; perchè nel calcio a 20 anni sono giovanissimi e nel nuoto sono vecchi? Questa cosa mi fa sorridere da 40 anni.
Si giudicano le medaglie. Si, vero, ne abbiamo vinte di meno, ma rispetto a cosa? Non ci sono analisi costruttive.
Vogliamo invece analizzare il rapporto medioevale che abbiamo tra SCUOLA e SPORT che rappresenta non solo un dato oggettivo, ma una cosa di cui sento parlare dagli anni ’70? Vogliamo parlare della mancanza di impianti? Vogliamo sottolineare che una Pilato campionessa del mondo non ha una piscina da 50 metri in Puglia dove potersi allenare?
Per questo e per tante altre cose in cui siamo indietro anni luce rispetto alle potenze mondiali, già essere lì e giocarsela con tutti è tanta roba, tra l’altro vincendo anche medaglie. Essere lì a competere con un ottima squadra significa avere gente preparata. Significa che centinaia di allenatori fanno dietro le quinte un lavoro eccezionale.
Poi, ovvio, si può sempre fare meglio. Anche con i talenti che abbiamo a disposizione, c’è da lavorare ancora, perché in alcuni aspetti competitivi siamo ancora indietro. Dettagli. Tempi di reazione, arrivi e queste dannate sub, che ci lasciano sempre un pochino indietro.
Però siamo italiani; noi riusciamo a tirare fuori il meglio da tutto. Vedremo alle Olimpiadi. A Parigi si faranno i conti. Quelli “veri”.
Il NUOTO
Che fosse cambiato dopo l’era costumoni lo sapevano. Qui in Giappone però, nell’anno pre-Olimpico, credo che abbia davvero creato un solco con il recente passato.
Modi diversi di gareggiare, livello medio mostruoso. Un carrozzone che avanza ad una velocità pazzesca, dove anche noi addetti ai lavori rimaniamo quasi stupiti. Un nuovo sistema dove entrare in finale con l’ottavo tempo equivale ad una vittoria. Questo modo nuovo di gareggiare cambierà tante cose; metodi, approcci, mentalità, preparazione.
Qui c’è da andare forte. Subito. Dal blocco di partenza. Vi aspettiamo tutti a Parigi.