Tra Seul 1988 e Barcellona 1992, il nuoto italiano cambia completamente faccia, perlomeno nei risultati.

Nel 1989, agli Europei di Bonn, l’Italia è prima nel medagliere maschile e Giorgio Lamberti esplode finalmente nei 200 stile, scrivendo il suo nome nella storia con un incredibile record del mondo, 1’46”69, che resisterà 10 anni.

Il 1991 conferma l’andamento positivo: a gennaio, ai Mondiali di Perth, raggiungiamo la cifra storica di 6 medaglie, tutte maschili, e Lamberti è Campione del Mondo nei 200 stile, mentre agli Europei di Atene, ad agosto, ad aggiungersi alle medaglie degli uomini ci sono i bronzi di Cristina Sossi, astro nascente del mezzofondo.

Si arriva alla vigilia di Barcellona, per la prima volta, con una Nazionale che spera di recitare davvero un ruolo da protagonista assoluta; come spesso accade, però, le Olimpiadi del nuoto italiano sono un evento agrodolce.

In fase di ritiro preolimpico, la prima a deludere è Cristina Sossi, che lascia la squadra per non tornare più. Reduce dai bronzi europei e dalla vittoria in World Cup, confessa di sentirsi “stanca di nuotare, soprattutto in un ambiente così nervoso.

La tensione nel team italiano deriva soprattutto dalla situazione di Giorgio Lamberti, campione del mondo in carica e recordman mondiale, che nei 200 stile libero non si è nemmeno qualificato per i Giochi, battuto agli Assoluti sia da Roberto Gleria che da Massimo Trevisan. I giornali lo definiscono “Un fantasma in vasca”, a noi basta sapere che il sogno di un oro olimpico nel nuoto italiano è svanito, di nuovo, ancor prima della partenza per la Spagna.

A Barcellona, Lamberti osserva dalle tribune la finale dei 200, nella quale (magra consolazione) il suo record del mondo resiste, ed è deludente anche nella 4×200, che arriva quinta ma che con un suo apporto completo sarebbe stata da podio.

Come già accaduto nel 1988, per salvare la spedizione dobbiamo aspettare la finale dei 400 misti.

Alla sua seconda apparizione tra gli otto più forti del mondo, Luca Sacchi sembra poter invertire la tendenza di un’Olimpiade che rischia di diventare fallimentare. Sacchi ha 24 anni ed è reduce da un biennio ad altissimo livello. È campione europeo in carica, ha stabilito il record del mondo in vasca da 25 ed è riconosciuto tra i grandissimi della specialità.

Proveniente da una famiglia fortemente legata al nuoto, Luca si allena a Milano sotto la guida del padre Remo, fondatore della DDS; è un atleta completo che ha nella parte centrale di gara, dorso ma soprattutto rana, la sua arma vincente.

A Barcellona la sua maturazione agonistica è all’apice e la medaglia è un obiettivo realistico.

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Dopo il quinto tempo delle batterie, Sacchi è in corsia 2, accanto al tedesco Kuhl, che ha già battuto in occasione dell’oro europeo, ed al meno pericoloso giapponese Fujimoto. Il campione in carica, Tamas Darnyi, fa partenza falsa, e Sacchi è l’unico a buttarsi insieme all’ungherese, un vezzo per prendere confidenza con l’acqua, ormai scomparso degli anni ’80 / ’90, che faceva irritare i giudici.

Dopo il bagnetto, inizia la gara vera. Solitamente Sacchi paga la frazione a delfino, ma la fuga di Wharton alla 8 inganna a livello visivo: in realtà l’azzurro rimane quasi in linea con il gruppone, e a metà gara è quarto. Nella frazione a rana, Sacchi passa Wharton e mette al sicuro il podio: la rana dell’italiano è la migliore tra i finalisti, ed ha uno scivolo propulsivo che gli permette di rimanere vicinissimo a Namesnick e Darnyi, che a centro vasca stanno lottando per la vittoria.

Un oro olimpico nel nuoto non è mai stato così vicino.

Lo stile libero di Darnyi è troppo superiore al resto del gruppo, e l’ungherese si invola al bis olimpico, lasciando Namesnick a rischiare il rientro dell’italiano, che è splendido bronzo.

L’impresa di Sacchi, che mette a segno anche il record nazionale, è la ciliegina sulla torta di una grande carriera, che lo ha visto protagonista di tutte le finali che contano da Seul 1988 ad Atlanta 1996, dando continuità ad una lunga e solida tradizione italiana nei 400 misti.