Venerdì 15 novembre si esprimerà il TAS – Tribunale Arbitrale dello Sport – di Losanna in merito alla vicenda di Sun Yang e delle, ormai famose, provette distrutte.

La vicenda resta uno dei casi più controversi e nebulosi della recente storia sportiva ed ha suscitato discussioni e pareri discordanti in tutto il mondo. Per cercare di comprendere meglio cosa aspettarci dalla tanto attesa sentenza dobbiamo necessariamente partire dai fatti.

Sun Yang, classe 1991, è il più grande nuotatore cinese di tutti i tempi, uno stileliberista dominante capace di vincere un totale di 15 ori tra Mondiali e Olimpici, e di trionfare, nel corso degli anni, in tutte le distanze dai 200 metri in su. Nella prima parte di carriera, culminata ai Giochi di Londra del 2012, è stato soprattutto un mezzofondista. In quell’Olimpiade ha abbinato all’incredibile dominio nei 1500 (suo il world record, 14’31”02) un solidissimo 400, compiendo una storica doppietta di titoli e portando la Cina anche al bronzo nella 4×200.

Dopo aver vinto anche ai mondiali di Barcellona 2013 (tre ori, 400, 800 e 1500) ed aver portato per la seconda volta consecutiva la 4×200 cinese al bronzo iridato, Sun viene trovato positivo alla trimetazidina nella primavera del 2014. Si tratta di una sostanza inserita dalla WADA – l’agenzia mondiale antidoping – tra quelle proibite solamente da pochi mesi e Sun dichiara di assumerla sotto regolare prescrizione medica, per placare le palpitazioni continue delle quali soffre sia sotto stress che a riposo. Il controllo, effettuato da incaricati della Federazione cinese, diventa subito un caso mediatico soprattutto per il peso che ha il personaggio sia in patria che in tutto l’Est asiatico. La stessa Federazione cinese, nel tentativo di minimizzare la questione, al momento dell’ufficializzazione della squalifica, sottolinea il fatto che la sostanza sia da considerarsi effettivamente dopante solo in prossimità di una gara e che Sun sia stato trovato positivo ben lontano da qualsiasi competizione.

La gestione della faccenda è quantomeno rivedibile e diventa un caso internazionale: la Federazione cinese lo squalifica per tre mesi e gli permette di partecipare ai Mondiali di Kazan, dove Sun vince due ori, 400 e 800. La WADA, da parte sua, prima minaccia la Federazione cinese in una lettera di avvertimento e poi decide di non presentare il ricorso con il quale avrebbe potuto modificare e rincarare la pena inflitta a Sun. Qualche mese dopo, la trimetazidina viene regredita da farmaco stimolante a regolatore del metabolismo cardiaco, rimanendo tuttavia nell’elenco dei prodotti proibiti dalla WADA. Si intravede un piccolo passo indietro dell’organismo antidoping mondiale che, forse anche su pressioni della FINA, sembra voler placare la situazione intorno all’atleta più rappresentativo di un mercato complicato ma importante come quello cinese. Proprio in questo periodo, Sun Yang, segnato irrimediabilmente dalla vicenda, perde di credibilità nel mondo del nuoto ed inizia a venire criticato da pubblico, media e anche buona parte dei colleghi.

L’esempio più eclatante viene dalla Federazione australiana, che chiede al tecnico aussie Denis Cotterell di interrompere il suo rapporto di collaborazione con Sun. Questi si rifiuta e continua ad allenarlo, ottenendo ottimi risultati ma anche più fischi che applausi nelle piscine mondiali. Nel frattempo, il fuoriclasse cinese si allontana sempre di più dai 1500 per diventare imbattibile nei 200, distanza che vince sia a Rio che a Budapest 2017. I suoi comportamenti diventano man mano più strani: non si presenta alla finale mondiale di Kazan dei 1500 – lasciando strada libera al nostro Gregorio Paltrinieri – a causa di una rissa con gli atleti brasiliani nella vasca di riscaldamento; Mack Horton, fresco oro olimpico di Rio nei 400, dichiara di non avere rispetto per lui e per i dopati in generale e Sun replica stizzito, alimentando la rivalità tra Federazione australiana e cinese; in generale, tutto il mondo del nuoto occidentale lo identifica, insieme alla russa Efimova, con la figura del truffatore che, per arrivare ad alti livelli, ha dovuto ingannare e ricorrere ad aiuti proibiti.

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Si giunge così alla fatidica notte tra il 4 ed il 5 settembre 2018, quando Sun riceve la visita di tre operatori della WADA, uno solo dei quali sembrerebbe debitamente munito di tesserino di riconoscimento ufficiale, per un controllo a sorpresa. Sun si sottopone al prelievo ma la situazione degenera e finisce con l’atleta cinese che distrugge le provette aiutandosi, a quanto pare, con un martello. Analizzati i fatti, la FINA decide di non squalificare Sun per il comportamento adottato, spingendo così la WADA ad appellarsi al TAS. Nel frattempo, come sappiamo, Sun Yang ha continuato a nuotare e vincere, alimentando, con i suoi comportamenti, i dubbi e le antipatie sulla sua persona.

Numerosissimi atleti si sono espressi con toni severi contro di lui: da Adam Peaty a Cate Campbell, fino a Mack Horton e Duncan Scott, i quali si sono addirittura rifiutati di salire sul podio mondiale di Gwangju 2019 con il cinese (motivo per il quale hanno ricevuto il warning ufficiale della FINA). Proprio in terra coreana, abbiamo assistito ad una situazione paradossale, con il pubblico orientale che sosteneva Sun, figura assolutamente di primo piano da quelle parti, ed il parterre che invece lo guardava quantomeno con sospetto. Nonostante diversi atleti, tra i quali i nostri Detti e Paltrinieri, sollecitati sulla questione abbiano scelto di non esprimersi, è sentimento generale che Sun non sia affatto ben voluto sul bordo vasca. La ISL, ad esempio, ha scelto di far sottoscrivere agli atleti un severo protocollo antidoping, e ha deciso di non mettere sotto contratto alcun nuotatore precedentemente squalificato, escludendo quindi per sempre Sun Yang – e gli altri in condizioni simili, come Yulia Efimova – dalle sue competizioni.

La situazione, anche analizzati i fatti, è quantomai nebulosa. Da una parte abbiamo una serie di prove che sembrano schiaccianti e compromettenti per Sun, con la WADA che sembra voler usare un pugno duro ed aver già deciso per la totale colpevolezza dell’atleta. Dall’altra abbiamo la FINA che ha scelto, finora, di minimizzare, mantenere un profilo basso e, non schierandosi, di fatto sostenere la posizione dell’atleta. Sun, dal canto suo, ha continuato a gareggiare, vincere ed esultare in faccia ai rivali, a volte anche in maniera plateale, quasi a voler rimarcare il suo orgoglio e la sua estraneità ai fatti.

Venerdì 15 novembre, in diretta da Losanna, scopriremo la sentenza del TAS che metterà, quantomeno dal punto di vita burocratico, un punto sulla situazione. Sapremo infatti se Sun verrà o meno squalificato e, a seconda dell’entità dell’eventuale pena, potremmo dover riconsiderare il passato recente ed il futuro iminente della sua carriera. Per l’immagine dell’atleta, invece, siamo probabilmente già giunti ad un punto di non ritorno.

Foto: Fabio Cetti | Corsia4