Nel mondo del nuoto, sono pochissimi i binomi gara-atleta che si connettono automaticamente come i 200 stile libero e Federica Pellegrini.

In oltre 15 anni di competizioni, Fede ha vinto tutto quello che c’è da vincere, battuto record ed avversarie, rivoluzionato i 200 stile libero come nessuna prima di lei.

Dall’argento olimpico di Atene 2004 all’oro mondiale di Gwangju 2019, il mondo intero ha assistito per tre lustri all’incredibile carriera della più grande interprete di sempre della distanza.

Per dare una dimensione numerica, la Pellegrini detiene il primo, il quinto ed il nono crono all-time, ha vinto 4 ori mondiali e 8 medaglie iridate consecutive (record), appare 5 volte nella top 20 e 17 nella top 100 della specialità (solo Katie Ledecky ha più prestazioni in questo senso, 22). È stata la prima ad infrangere il muro dell’1’55”, dell’1’54” e dell’1’53”, detiene il record del mondo (1’52”98) da più di 4000 giorni.

La sua presenza nei 200 stile libero è talmente longeva che, dal 2004 ad oggi, non ci sono state finali mondiali e olimpiche senza la campionessa di Spinea in vasca. È stata la medaglia olimpica più giovane e la campionessa mondiale più anziana e a Tokyo 2020one, a quasi 33 anni, ha disputato la quinta finale olimpica consecutiva.

Per sette volte, nella sua infinita storia d’amore con i 200 stile, Federica Pellegrini ha nuotato un tempo inferiore all’1’55”, limite che solo 14 donne hanno infranto e tutte, ça va sans dire, dopo di lei. Rivivere quelle gare è quasi come ripassare la storia della specialità.

Pechino 2008 – Finale Olimpiadi

Quale miglior occasione per scrivere la storia se non in una finale olimpica? Per la sua prima volta sotto l’1’55”, Federica Pellegrini sceglie il palcoscenico più importante, quello dove si assegna la medaglia più ambita del mondo dello sport. Ci arriva da grande favorita, reduce da un quadriennio che, gradualmente, l’ha elevata da bambina prodigio a certezza del nuoto mondiale.

L’escalation di tempi nei 200 stile femminili tra Atene 2004 e Pechino 2008 è impressionante: Fede vinceva l’argento sia in Grecia con 1’58”22 (la Potec fu oro in 1’58”03), che a Montreal 2005 con 1’58”73 (oro alla Figues in 1’58”60), ed è solo a Melbourne 2007 che i crono si avvicinano a quelli del record del mondo di Franziska van Almsick (del 2002, 1’56”64). Nella semifinale in Australia, la Pellegrini abbatte per la prima volta il world record portandolo a 1’56”47, ma Laure Manaudou glielo strappa il giorno dopo, nella finale iridata, abbassandolo a 1’55”52 e relegando l’italiana al bronzo (1’56”97).

Arriviamo quindi a Pechino 2008, con la Pellegrini reduce da un 400 deludente – solo quinto posto con crono ben lontano dal suo personale – che già nella batteria del 200 decide di mettere le cose in chiaro e riprendersi il record del mondo (1’55”45). In un’edizione delle Olimpiadi dove i limiti saltano come i birilli – grazie soprattutto ai costumoni – la campionessa di Spinea non vuole essere da meno ed in finale sono in molti ad aspettarsi il colpaccio.

Tutto va come da piano originale: nel secondo 50 Fede prende il comando della gara e lo mantiene fino alla fine, chiudendo con un ultimo parziale di 29”25, l’unico sopra i 29” delle sue prestazioni da sub-1’55”. Con ben tre atlete sotto il precedente WR, sono in due a scendere sotto l’1’55”, ma la Isakovic lo fa con 15 centesimi di ritardo: l’oro olimpico è italiano.

Riccione 2009 – Campionati Italiani Assoluti

Che Federica Pellegrini sia destinata a scrivere ripetutamente la storia del nuoto non lo si nota solamente dalle grandi imprese in giro per il mondo, ma anche da piccoli particolari sparsi nelle sue innumerevoli e mai banali gare.

Come quando, presa da una trance agonistica ed intenta a riscattare il ritiro nei 400 avvenuto a causa delle crisi d’ansia, si tuffa nei 200 stile agli Assoluti di marzo 2009 e diventa la prima atleta italiana a far segnare un record del mondo su suolo italiano.

In una gara solitaria, come sempre sarà per lei ai Nazionali, ricalca quasi alla perfezione i passaggi di Pechino, migliorando di 4 decimi il 50 conclusivo (28”84) e portando il suo limite a 1’54”47.

La strada per l’abbattimento dell’1’54” sembra quanto mai spianata.

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Roma 2009 – Campionati Mondiali

Quando Federica Pellegrini si appresta a vivere la settimana più bella della sua vita sportiva, non ha nemmeno compiuto 21 anni. Nella prima giornata dei mondiali romani ci sono i 400, e Federica archivia subito due delle pratiche più impellenti: vincere il primo titolo mondiale della sua carriera ed avverare il sogno del suo coach Alberto Castagnetti, ovvero essere la prima donna ad abbattere il muro dei 4 minuti.

Per i 200, Pellegrini decide di fare le cose in grande. Tutti i fattori sembrano essere al posto giusto: la cornice romana del Foro Italico con il pubblico esaltato, la grande quantità (43) di record del mondo abbattuti dalla tecnologia dei costumi in poliuretano, lo stato di grazia dell’atleta stessa, giunta ad una maturazione e ad una sicurezza impensabili anche solo qualche mese prima.

Dopo una batteria guardinga, Pellegrini mette le cose in chiaro già in semifinale, abbattendo il muro dell’1’54” con una semplicità quasi disarmante e segnando un tempo, 1’53”67, che appare mostruoso. Tra tutti i suoi 200, questo è quello in cui inserisce la variante dell’intensificazione del terzo parziale, scendendo sotto i 29” (28”95) e restandoci anche nell’ultimo 50 (28”90). Questa solidità nella seconda fase della gara è semplicemente insostenibile per qualsiasi altra nuotatrice: la prima delle inseguitrici è Dana Vollmer che, nonostante metta a segno il record americano, è distante più di un secondo e mezzo (1’55”29).

La finale di Roma 2009 è, per tutti i motivi detti in precedenza aggiunti al fatto che si tratta di una finale, l’apoteosi di Federica Pellegrini. Ogni dettaglio di quei 200 stile è incastrato con gli altri in un modo che si avvicina alla perfezione.

Il primo 50 è leggermente meno veloce rispetto a quello della semifinale (27”34), ma probabilmente le lascia le energie necessarie per essere ancora più granitica nella fase centrale (28”26 + 28”76) e per chiudere con un impressionante 28”60.

Mentre le altre scendono sotto l’1’55” (Allison Schmitt è seconda in 1’54”96), lei vola sotto l’1’53”, limite che tuttora detiene in solitaria.

ROMA 2016 – TROFEO SETTECOLLI

Dopo il 2009, tutto si fa un po’ più complicato. Spariscono i costumoni, e di conseguenza si ridimensionano le prestazioni di quasi tutti gli atleti (alcuni dei quali scompaiono completamente). Viene a mancare Alberto Castagnetti, che si spegne dopo un’operazione al cuore, lasciando Federica senza la guida tecnica ed umana che l’aveva portata in vetta al mondo del nuoto.

Federica incassa il colpo e la sua carriera continua tra alti e bassi: a Shanghai 2011 è oro (1’55”58), mentre a Londra 2012 è solo quinta (1’56”43), quando la Schmitt (oro in 1’53”61) si avvicina come nessun’altra al suo world record.

Nel punto forse meno felice della sua vita sportiva, si rimette in pista ed è argento sia a Barcellona 2013 (1’55”14), che a Kazan 2015 (1’55”32) dietro solo ai fenomeni del momento, Missy Franklin (1’54”81) e Katie Ledecky (1’55”16).

Il riscatto olimpico programmato per Rio 2016 passa dall’ultimo test di alto livello, quello del trofeo Settecolli. Nella piscina che le ha dato le gioie più grandi, Pellegrini torna a nuotare sotto l’1’55” dopo sette lunghi anni, e lo fa – per la prima volta nuotando con un costume in tessuto – con una gara delle sue: primo 50 aggressivo (27”20), fase centrale solida da 29” basso, e chiusura sotto i 29” (28”80). La condizione sembra essere perfetta, anche se l’epilogo del quadriennio olimpico non sarà quello sperato.

BUDAPEST 2017 – CAMPIONATI MONDIALI

Nel 2016, le sliding doors della carriera di Federica Pellegrini si schiudono: la sensazione è che, senza la delusione olimpica di Rio de Janeiro (quarta in 1’55”18), non staremmo raccontando l’incredibile storia di rinascita alla quale abbiamo poi assistito. Dopo aver preso una mazzata sportiva che avrebbe steso chiunque, si rimette in gioco per l’ennesima volta, ripuntando su sé stessa – e sul connubio agonistico con il suo coach Matteo Giunta – per tentare l’impensabile caccia ad un altro quadriennio olimpico.

Le cose, come spesso dichiara lei stessa, vengono prese un passo alla volta. Si inizia dai Mondiali di Budapest, quando vendica la débâcle dei Giochi battendo – prima nella storia – quella Katie Ledecky che sembrava imbattibile e vincendo l’oro mondiale a otto anni di distanza dalla prima volta e a sei dall’ultima.

È la settima medaglia iridata consecutiva (record), e per l’occasione torna a nuotare sotto l’1’55”, ammazzando la gara nell’ultimo 50 percorso in 28”82. Katie Ledecky, che in semifinale aveva fatto anche meglio (1’54”69), non regge il confronto psicologico con la Pellegrini e si inchioda nel finale, complice probabilmente anche un programma gare più corposo e più idoneo alla sua età. Sul podio iridato, infatti, la Pellegrini (1988) regala sei anni a McKeon (1994) e nove a Ledecky (1997).

GWANGJU 2019 – CAMPIONATI MONDIALI

Arrivati al termine di questa carrellata di gare, si nota come Federica Pellegrini sia il fulcro costante intorno al quale cambiano, di volta in volta, i nomi delle interpreti dei 200 stile libero.

Piccolo spoiler: dopo Gwangju 2019 saranno 14 le atlete salite con lei sul podio mondiale in 8 edizioni consecutive, nessuna delle quali per più di due volte. Questa incredibile continuità si spiega con i risultati: per aggiudicarsi l’oro mondiale del 2019 – il quarto della sua carriera – Pellegrini si spinge nuovamente sotto l’1’55”, facendo segnare, a 31 anni, il suo personal best in costume di tessuto.

La sinfonia della gara è un classico, e si recita quasi come una poesia: ventisette basso, ventinove basso, ventinove basso, sotto ventinove. Gioco, partita e incontro, con buona pace dell’astro nascente Ariarne Titmus (classe 2000, per dire) e di Sarah Sjöström, che dimostra una volta di più di non digerire fino in fondo la distanza (e la presenza di Federica Pellegrini stessa).

La pandemia, lo stop forzato per il covid, le lacrime di disperazione per il sogno Olimpico che sembrava nuovamente sfuggirle non le hanno impedito di presentarsi nuovamente ai blocchi di partenza per tentare, e poi riuscire, nell’impresa della quinta finale ai Giochi consecutiva.

Il settimo posto di Tokyo è stato ottenuto con un crono (1’55”91) più alto rispetto alle sue aspettative e non sapremo mai cosa sarebbe potuto succedere se i Giochi fossero stati nel 2020 come da programma iniziale.

Ma un settimo posto Olimpico, ottenuto a quasi trentatré anni e contro rivali ben più giovani, non fa che aggiungere fascino e onore alla sua incredibile carriera internazionale che ora è (forse) finita.

Foto: Fabio Cetti | Corsia4