Meno di un mese prima dell’inizio delle Olimpiadi di Sydney 2000, la Nazionale australiana di nuoto si trova in collegiale a Melbourne.

Ci sono tutti, da Michael Klim a Grant Hackett, da Ian Thorpe a Kieren Perkins. È una Nazionale piena di stelle che si sta preparando per vivere da protagonista l’Olimpiade di casa. L’obiettivo principale è quello di non deludere le aspettative, elevatissime, che l’Australia intera ha verso il nuoto, uno degli sport più in vista ed amati.

Una mattina, come al solito, Klim e soci attraversano l’atrio della piscina per dirigersi verso la vasca di allenamento. Nonostante siano alcuni dei più forti atleti al mondo, il rituale è il medesimo di un qualsiasi nuotatore: sguardi bassi, borse che strisciano sul corpo, andamento ciondolante, qualche mugugno, al massimo qualche timida risatina. Il pensiero va perlopiù all’allenamento e al tempo che stringe in vista dell’inizio delle Olimpiadi.

In un angolo della stanza, appoggiato su di un tavolo, c’è un giornale, un quotidiano, semi aperto e con un lembo penzolante. Non sarebbe mai stato una distrazione, se non fosse che sulla pagina rivolta verso il centro dell’atrio, in grassetto ed a caratteri cubitali, si nota la scritta: “Smash them like guitars”.

L’attenzione di Klim viene rapita, perché sotto al titolo campeggia la foto sorridente di Gary Hall Jr, rivale americano del velocista australiano. Klim si ferma, e con lui anche i suoi compagni di squadra. Nell’articolo, Hall parla di una delle sfide più attese dell’Olimpiade, la staffetta 4×100 stile libero, e dichiara che gli USA vinceranno sull’Australia in modo netto, spaccandoli per l’appunto come chitarre.

Per un attimo, il capannello di australiani resta in silenzio. Certo, la Nazionale USA non ha mai perso la 4×100 stile libero alle Olimpiadi, ha il record del mondo ed anche a Sydney sarà la favorita. Poi c’è Gary Hall Jr, un atleta formidabile ma anche uno spaccone, uno che è solito presentarsi alle gare con i pantaloncini a stelle&strisce come quello di Apollo Creed nei film di Rocky. Una dichiarazione del genere era il minimo che ci si potesse aspettare da uno come lui.

Klim si volta e riprende a camminare, gli altri si guardano sorridendo e facendo spallucce. Lì per lì, la cosa non sembra aver lasciato il segno e, se l’intenzione degli americani era quella di innervosire i rivali, per ora la missione non è compiuta.

Un mese dopo, il Sydney International Aquatic Centre è gremito in ogni ordine di posto: 17mila persone applaudono e tifano per i beniamini di casa, i dolphins, la Nazionale di nuoto australiana. Il pomeriggio di finali è iniziato bene, con la vittoria del prodigio di casa, Ian Thorpe, nella sua gara, i 400 stile libero.

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Dopo essersi sciolto nella vasca di riscaldamento, Thorpe va sul podio per ricevere la medaglia d’oro e cantare l’inno insieme alla sua gente. A cerimonia terminata, si reca alla vasca per un altro breve scioglimento e poi ritorna agli spogliatoi per infilare il suo costume, un body nero che copre interamente il suo corpo dalle caviglie ai polsi. La vestizione è lenta e faticosa, perché il costume è stretto e deve aderire perfettamente al corpo per evitare attriti che sarebbero controproducenti. Thorpe ne ha portati quattro ed uno lo ha già utilizzato per la finale dei 400. Mentre tenta di infilarsi il secondo, lo rompe, e così fa anche con il terzo. I minuti passano inesorabili ed i suoi tre compagni di squadra sono già alla camera di chiamata.

Michael Klim, Ashley Callus e Chris Fydler si guardano intorno preoccupati, ma di Thorpe nemmeno l’ombra. Così iniziano a sbracciarsi e chiedere informazioni allo staff, mentre la finale della 4×100 stile libero si avvicina sempre di più. Qualcuno sembra disperarsi, c’è un movimento continuo. Finalmente arriva un tecnico a tranquillizzare i tre, dicendo che Thorpe sta per arrivare. I nuotatori vengono presentati, nazione dopo nazione, e fanno il loro percorso verso il blocco di partenza. Per l’Australia entrano in tre, ma Thorpe è giusto dietro ai suoi compagni di squadra, con il fiatone ed il volto bagnato di sudore. Il costume nero, però, è perfettamente al suo posto.

Non c’è tempo per le spiegazioni, perché la gara deve partire. Alla corsia 4, con il primo tempo, i favoriti USA, mentre gli australiani, beniamini del pubblico, sono alla 5. Per gli americani parte Anthony Ervin, 19 anni e futuro brillante davanti a sé, mentre l’Australia mette in prima frazione il più forte dei suoi, il vice campione del mondo in carica dei 100 stile libero, Michael Klim. Testa rasata e sguardo concentrato, Klim scruta il rivale prima della partenza mentre la folla sugli spalti rende l’atmosfera elettrica. Un silenzio assordante cala al momento della partenza, per poi esplodere in un boato dopo il segnale di start.

Klim sembra averne di più di tutti. La sua nuotata, potente ed indemoniata, lascia tutti i rivali sempre più indietro, compreso Ervin che pur non sta andando così male. Si invola verso l’arrivo, tocca la piastra ed il cronometro si ferma a 48”18: record del mondo. Erano sei anni che quel limite, imposto da Alexander Popov a Roma 1994, non veniva ritoccato, e Klim non poteva scegliere momento migliore per compiere l’imresa. Il vantaggio dell’Australia dopo i primi 100 metri, è di 71 centesimi.

Nelle frazioni successive, mentre il pubblico di Sydney non sta più nella pelle, il margine si assottiglia: Chris Fylder perde 17 centesimi da Neil Walker e Ashley Callus 29 da Jason Lezak. Ian Thorpe si appresta a tuffarsi per l’ultima frazione di gara con 25 centesimi di vantaggio sugli USA, il suo rivale è Gary Hall Jr.

Thorpe è ancora un po’ scosso dall’episodio del costume e Klim lo nota. Gli si avvicina poco prima della partenza e gli urla in un orecchio: “C’mon Thorpie, you can do it.” Ce la puoi fare.

Thorpe è il talento più in vista del mondo e sta già diventando il nuotatore australiano più forte di sempre, ma ha pur sempre 17 anni ed un’infinità di paure e debolezze nascoste che lo tormentano. In più, nonostante la carica di compagni e pubblico, Thorpe non è certo un velocista puro e nei primi 50 metri della sua frazione perde vistosamente terreno, fino a farsi completamente recuperare dall’americano. Ai 350 metri, quando sta per iniziare l’ultima vasca, Hall Jr passa in testa. Dopo un’intera gara al comando, l’Australia perde la ledership e la vittoria sembra allontanarsi. Proprio in quel momento, tuttavia, qualcosa succede.

Ian Thorpe recupera, recupera, recupera. Una spinta incredibile, l’accelerazione di gambe ed il pubblico che si esalta. Mancano 10 metri all’arrivo e, finalmente, Gary Hall Jr è passato. L’impossibile si è avverato: l’Australia ha fatto il record del mondo ed ha vinto l’oro olimpico nella 4×100 stile libero. Gli Stati Uniti hanno perso, per la prima volta nella storia, la staffetta veloce alle Olimpiadi.

Fuori dalla vasca, Klim, Callus e Flyder si guardano mentre esultano, alzano le braccia al cielo, aspettano Ian Thorpe per festeggiare insieme. Si dicono qualcosa guardandosi in faccia e poi, rivolgendosi verso la folla che li acclama, iniziano a mimare il gesto delle chitarre. 🎸🎸🎸🎸

Foto: Sydney daily telegraph