Quello che ha fatto Summer McIntosh ai Trials canadesi ha dell’incredibile.

Si sapeva che la giovane e poliedrica nuotatrice nordamericana sarebbe stata un fattore de tenere conto nel nuoto del futuro, ma forse avevamo sottostimato le potenzialità del suo presente.

Certo, di segnali ce n’erano già stati diversi, primo di tutti il quarto posto nei 400 stile alle Olimpiadi di Tokyo, alle quali ha partecipato solo quindicenne (più giovane esordiente canadese di sempre). In quell’occasione, era sembrata davvero una bambina accanto a Ledecky e Titmus, le regine incontrastate della vasca.

Poi c’è stato il Mondiale di Budapest, che ha cambiato le carte in tavola, facendo riflettere il mondo del nuoto come poche altre volte prima. La precocità nello sport femminile non è certo una novità, però vincere 200 farfalla e 400 misti – più un argento nei 400 stile – non modo in cui lo ha fatto è francamente strabiliante.

Ad un anno di distanza, e con un anno ancora prima dei Giochi di Parigi, per Summer McIntosh inizia uno dei periodi più difficili, quello dei paragoni.

La nuova Ledecky? La nuova Hosszú? La nuova Pellegrini?

Secondo me Summer McIntosh non è nessuna di queste; è una cosa nuova, mai vista, e per questo ancor più affascinante.

McIntosh vs Ledecky

Summer McIntosh è diversa da Katie Ledecky. L’americana dominatrice dello stile libero è una delle atlete più forti della storia del nuoto, ha spaziato con successo dai 200 ai 1500 e si è messa al collo qualcosa come 26 ori tra Mondiali e Olimpiadi. Una carriera difficile da replicare, perfino da avvicinare, ed è impossibile al momento ipotizzare un futuro del genere per McIntosh.

Ma le differenze tra i due talenti sono già ben visibili: Ledecky ha fatto del ritmo e della costanza la sua arma più grande, ha spesso distrutto le avversarie sul piano psicologico prima che fisico, ammazzando le gare – in particolare modo quelle sulle distanze più lunghe – fin dalle prime bracciate. Solamente a guardarla, le avversarie hanno un timore reverenziale difficile da superare, perlomeno se non ti chiami Federica Pellegrini.

McIntosh non sembra avere questa dote, anche se nel futuro potrebbe svilupparla, perché ha un approccio diverso, meno sfrontato, più leggero. Anche il suo sguardo in partenza non è accigliato e serioso, ma emozionato, incerto. In lei è ancora possibile rivedere alcune insicurezze dell’età, forse anche una sorta di emozione, che la rende più umana e potenzialmente più fragile di Ledecky.

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McIntosh vs Hosszú

Summer McIntosh non è Katinka Hosszú. Parlando di umanità, la Iron Lady del periodo di punta (il quadriennio che ha portato a Rio 2016) era più simile ad un cyborg che ad una donna.

Non è sempre stato così, prima e dopo si è rivelata essere tutt’altro che un automa insensibile, ma nel gareggiare è sempre stata molto aggressiva, quasi violenta. Le sue gare somigliano ad un incontro di boxe: lei è il pugile alla decima ripresa che sta in piedi con la forza della disperazione e l’acqua è l’avversario da lasciare ko. Il ricordo di una sua gara è devastante, e spesso anche il suo volto è sfigurato dalla battaglia con la corsia. La gara di Summer McIntosh invece è più armonica, musicale, e la sua prestazione fisica è potente ma anche aggraziata. Sembra più simile ad una ginnasta alla sbarra, con i muscoli delle gambe che pompano energia e le braccia che disegnano cerchi immaginari in aria.

Summer McIntosh, come Katinka, spazia tra gli stili e le distanze, ma lo fa in modo più naturale, quasi genetico, non costruito. Di certo anche per lei gli allenamenti sono massacranti, ma la sensazione è che l’energia accumulata non si trasformi in schiuma ed onde superficiali ma in corrente profonda.

McIntosh vs Pellegrini

Summer McIntosh non è Federica Pellegrini. La Divina non era poliedrica, anzi, ha fatto della scelta di puntare tutto sui 200 stile la sua ragione di vita. Sulla precocità, invece, ci siamo, ma il punto di partenza è simile anche per molte altre nuotatrici del passato e del presente.

Il misticismo di Federica Pellegrini, il suo sapersi alienare in camera di chiamata e battere le rivali prima dello start, è francamente irraggiungibile, e non credo sarà uno dei punti di forza di McIntosh, almeno non nel breve periodo, anche perché tutte le sue grandi sfide sono ancora da venire. In acqua, Federica aveva la grande qualità di saper nuotare una gara a memoria facendola però sembrare sempre una prestazione diversa. Come nei quadri dei grandi artisti, di Federica Pellegrini riconoscevi il tocco, lo stile, anche se poi il risultato finale era differente.

Anche se nuota le gare con leggerezza, Summer McIntosh sembra invece meno estrosa, più schematica. Diciamo che Federica Pellegrini è Van Gogh e le sue gare possono essere “I Girasoli” o la “Notte stellata”, dipinti molto diversi tracciati palesemente dallo stesso pennello. Summer McIntosh è Mondrian, le sue gare sono uno studio di colori e forme geometriche che danno una sensazione di completezza ed ordine ben preciso.

Chi è Summer McIntosh?

Di preciso ancora non lo sappiamo. Sicuramente ci sono diversi futuri aperti davanti a lei, a partire dalle sfide che dovrà accettare ai Mondiali di Fukuoka e a Parigi 2024.

I 400 stile, nei quali se la vedrà con Ledecky e Titmus, sono già candidati a gara delle gare, e molto dipenderà anche da come ne uscirà.

Di sicuro, però, sappiamo che il nuoto ci sta regalando un talento mai visto.

Foto: Fabio Cetti | Corsia4