Appena uscito dallo stage azzurro che fa da ingresso alla piscina, Giorgio Minisini ha lo sguardo basso, fisso al pavimento, come se dovesse controllare ogni passo che lo porta dallo spogliatoio al momento in cui, con l’iniziare della musica, si deve tuffare in vasca per la prova finale del solo maschile ai Mondiali di Doha.
Nel nuoto artistico il controllo è fondamentale, e Minisini sa di non poter lasciare nulla al caso. Il logo della manifestazione appare alle sue spalle nel preciso momento in cui si lancia verso la piscina, bucando la superficie dell’acqua con in una sagoma affusolata che ricorda quella di un delfino, sulle note dell’Alleluia di Andrea Bocelli. Anche se ora il sincro si chiama giustamente nuoto artistico, il momento catturato scientemente dalle telecamere sembra perfettamente sincronizzato.
Non sono stati dei Mondiali entusiasmanti, quelli di Giorgio Minisini, segnati soprattutto dall’errore nel duo misto programma tecnico, una sbavatura che di fatto è costata il podio a lui e alla compagna di team, Susanna Pedotti. Un errore che Minisini ha fatto fatica a perdonarsi: “Devo solo chiedere scusa a Susy, la nostra coppia funziona e abbiamo lavorato bene, se non siamo sul podio è solo colpa mia”. Tre giorni fa, commentava con queste parole la sua prestazione, e lo sguardo era basso e pieno di pensieri proprio come quello di oggi. Se il livello delle aspettative intorno a lui è così alto, molto lo si deve proprio ai suoi risultati, storici ed eccezionali, che lo rendono di fatto già una leggenda del nuoto artistico. Ma come tutti i grandi campioni, Minisini è il più severo giudice di se stesso.
Nemmeno dopo l’argento nel solo tecnico, conquistato lunedì, il suo giudizio sembrava essere cambiato: “Non ho fatto altro che pensare al mio errore” ha detto con la medaglia al collo “ma poi mi sono convinto che l’unica possibilità era di fare esperienza e portare a casa qualcosa di positivo”. Quel qualcosa di positivo, alla sesta giornata dei Mondiali, è forse finalmente arrivato.
Minisini in acqua sembra una molla. Se è vero che il nuoto artistico maschile è ancora lontano dagli standard di quello femminile, è anche vero che in poche occasioni si ha la sensazione di essere di fronte ad un talento maschile di questo sport. L’italiano dà esattamente questa impressione.
Con un coefficiente di difficoltà di 33.850, il suo esercizio nel solo free è il più difficile di tutto il parterre, mai lui ci si tuffa dentro con un atteggiamento naturale, a metà tra il grintoso e il delicato, che fa sembrare il tutto molto più semplice di quanto non sia. Quando nuota, Minisini ha il piglio deciso di un pugile e la leggerezza di un saltatore con l’asta; attacca l’acqua con forza e determinazione, il rumore dei suoi piedi che sbattono sulla superficie è sordo e potente, ma sotto, con le mani, la accarezza con dolcezza, ne sfrutta appieno la densità, la fa sua. Lo si nota da piccoli particolari, guardando l’intera gara, dal semplice fatto che le sue rotazioni, gli elementi di spinta, sono di più e più complicati rispetto a quelli degli avversari, e sono eseguiti spesso con più elevazione, ma non sembrano all’apparenza richiedere più sforzo. Sembrano naturali, non costruiti.
Invece, nel nuoto artistico, di costruzione ce n’è tantissima, ore infinite di vasca e palestra, a provare e riprovare le routine che poi, in TV, scorrono talmente veloci che quasi non ci facciamo caso.
Mentre esce dall’acqua, al termine del suo esercizio, Minisini ha di nuovo lo sguardo basso, quello di chi sa che tutte quelle ore possono sembrare inutili davanti a un piccolo errore (che c’è anche nella sua finale). L’attesa della votazione è lunghissima e snervante, i numeri sembrano non uscire mai, e Minisini guarda nel vuoto mentre cerca di placare il fiatone: forse sta già pensando agli allenamenti che dovrà fare da qui in poi, sempre alla ricerca di un miglioramento, sempre alla ricerca di una nuova approvazione.
Un sorriso appare sul suo volto insieme all’apparizione dei giudizi, ma nel rientrare negli spogliatoi il suo sguardo è ancora basso.
Nel nuoto artistico l’approvazione è tutto, e anche quando vinci un oro la tua gara potrebbe non essere davvero finita. “Non sono soddisfatto, volevo rendere fiera la mia allenatrice ma credo di non averlo fatto oggi” dice appena finita la gara ai microfono della RAI, quando sa di essere a podio ma non ancora di aver vinto.
Dopo le esibizioni dei rivali, ed una medaglia d’oro Mondiale al collo, il suo giudizio non cambia: “Volevo quattro medaglie e ne porto a casa due, c’è ancora molto lavoro da fare, questo è solo un punto di partenza”.
La storia del nuoto artistico italiano, intanto, è stata scritta ancora.
Foto: Tsutomu Kishimoto/World Aquatics