Il nuoto di fondo in Italia è in costante crescita a tutti i livelli, dai giovanili (si sono appena svolti a Riccione i Categoria Indoor, con il record di presenze) ai master, passando per un gruppo di élite davvero incredibile, per costanza e picco di risultati.

Stefano Rubaudo è il coordinatore nazionale del settore, ruolo che svolge dopo una lunga e brillante carriera da atleta e da dirigente sportivo. Con lui abbiamo parlato di cos’è il fondo in Italia e nel mondo, e delle potenzialità ancora inespresse di questo sport.

Parlaci del fondo in Italia, un movimento che definirei in salute.

Direi di sì, lo dicono i numeri. Dal 2018 ad oggi i partecipanti ai Campionati Assoluti sono cresciuti in maniera esponenziale, da circa 20 a più di 80 per la 10 km, più di 150 per la 5 km. I nostri Assoluti registrano più partecipazioni di una tappa di coppa del mondo, e l’anno scorso agli Italiani Master ci sono stati 600 iscritti.

Anche a questi Giovanili Indoor abbiamo stabilito un nuovo record, con 240 partecipanti totali per le sole categorie ragazzi e junior. Proprio quest’ultimo è un dato simbolicamente importante: è vero che i tempi limite sono accessibili, ma per partecipare a un a 3 km o a una 5 km il limite non è tanto il tempo, ma la preparazione, l’allenamento. Siamo l’unica nazione al mondo che è in grado di registrare questi numeri per il movimento del fondo.

Dove credi sia il segreto?

La Federazione ci ha sempre creduto, fin dagli anni ’90 quando nuotavo io, e questi sono i risultati del lavoro decennale svolto. È un lavoro dispendioso sia economicamente che organizzativamente, difficile da sostenere per le risorse impegnate. Ma se ora il mondo ci guarda con invidia è proprio perché non abbiamo mai smesso di lavorare e crederci.

In questi anni anche il tuo ruolo è cambiato molto.

Non è semplice, non lo nascondo, perché le situazioni da gestire sono diverse e richiedono tutte un impegno importante. Ci sono atleti d’elite ai quali è giusto dare il sostegno che meritano, le personalità del fondo in Italia non le ha nessun’altra nazione al mondo. Ma devo dire che non sono mai da solo, e il supporto della Federazione è sempre preziosissimo.

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L’Italia è al top anche nell’organizzazione.

Grazie alla costanza e agli sforzi di questi anni, siamo arrivati ad un punto nel quale non abbiamo paragoni. La Coppa Len da noi organizzata, ad esempio, in questi anni è diventata riferimento anche per gli extraeuropei, americani su tutti, che vengono a nuotarla anche se per loro non fa punteggio. Da World Aquatics ci chiamano per consigli e consulenze, siamo i primi ad aver raggiunto l’ecosostenibilità nei nostri progetti e ogni gara è un evento che, paragonato con il nostro numero di abitanti, è fuori scala. Il fondo mondiale chiede di venire a lavorare qui, il nostro è un movimento invidiato e studiato.

A questo proposito, ci sono stati pareri contrastanti sulla presenza di diversi atleti stranieri in Italia.

Io la vedo una cosa positiva. In molti ci chiedono di venirsi ad allenare qui, ed è chiaro che in questo modo noi diamo un aiuto tecnico ad atleti che non gareggiano per l’Italia. Però in questo modo abbiamo aiutato anche i nostri di atleti, e non poco. Ogni allenamento da noi è molto simile ad una gara di coppa del mondo, sia per intensità che per qualità dei nuotatori in acqua. I ragazzi entrano e si spronano a vicenda, disputando una sfida ogni giorno, una situazione che sarebbe difficile da ricreare in qualsiasi altro posto al mondo. Questo è uno stimolo impagabile. Non siamo gli unici a farlo – vedi ad esempio la commistione di atleti che c’è nei College USA – e sarebbe bello che la mentalità italiana si aprisse un pò in questa direzione.

I risultati agonistici sono la prova tangibile di tutto ciò…

Anche qui, i numeri parlano. Siamo l’unica nazione al mondo che ha potenzialmente quattro atleti da Olimpiadi, Paltrinieri, Acerenza, Verani e Guidi, non scendiamo dal podio Mondiale della staffetta da cinque edizioni e in ogni occasione i nostri atleti sono protagonisti assoluti, sia tra gli uomini che tra le donne. Per Parigi abbiamo tre carte Olimpiche che equivalgono a tre possibilità di medaglia.

A tal proposito, parlaci della storia incredibile e motivante di Arianna Bridi

Arianna per noi è come una sorella, quasi una figlia. Abbiamo fatto di tutto per starle accanto, per non lasciarla mai da sola durante i due anni difficili che ha passato. Ci abbiamo creduto, con il cuore e con i fatti. Arianna ha avuto la forza incredibile di non mollare e, anche grazie al gruppo in cui è inserita, di ritornare a gareggiare sui livelli che le competono. La FIN ha avuto la forza di credere sempre in lei e di assisterla in questo percorso. Credo sia una storia unica e bellissima, da entrambe le parti.

All’orizzonte c’è Parigi 2024: come sarà la preparazione? E come si inseriscono gli Europei di Belgrado?

Abbiamo fatto richiesta per far partecipare gli atleti che non andranno a Parigi agli Europei, che sono comunque una gara in più per dimostrare il nostro valore. Più avanti insieme alla FIN prenderemo una decisione definitiva. Gli altri faranno la Coppa Len, la World Cup e il Settecolli, con in mezzo il ritiro in altura.

Cosa prova oggi Stefano Rubaudo quando nuota in mare?

So che può sembrare strano, ma la parte agonistica è quella che mi piace di meno. Per me il fondo non è solo uno sport ma è una filosofia di vita. Quando ho un momento di difficoltà o di particolare stress, il mio rimedio è sempre farmi una nuotata in mare. Mi è capitato di essere stanchissimo, dopo una giornata nella quale magari ho avuto riunioni e impegni istituzionali a nastro, e di trovare conforto solamente nello svestirmi, buttarmi in acqua e nuotare. Spesso mi faccio una mezz’ora verso il largo, così so che poi ho un’altra mezz’ora per rientrare, e al termine sono davvero sereno, esausto ma felice. Ogni tanto nuoto con i ragazzi del gruppo di Ostia e devo dire che ho ancora un bel ritmo, riesco a stargli dietro nonostante la differenza d’età.

Però il fondo è qualcosa di più, per me, che il semplice gesto agonistico. Ho passato un capodanno al largo di Napoli, da solo con la mia muta, a osservare i fuochi d’artificio nella calma e nel silenzio del mare. Questa è la mia vera dimensione.

Foto: Fabio Cetti | Corsia4