Viviamo in un’era di sovraesposizione mediatica, un periodo nel quale nessuno riesce a negarsi, anche solo per qualche momento, alla voglia di raccontare qualcosa della propria vita.

Non fa niente se si tratti di momenti non proprio veritieri, di ritagli di vita che poco hanno a che fare con la realtà che viviamo quotidianamente, l’importante è esserci.

I social non ti risparmiano, sei quasi costretto ad allinearti ad un flusso che a volte è irresistibile. Capita a tutti noi che abbiamo vite regolari e capita, in maniera amplificata, anche a chi ha vite più naturalmente dense di eventi da raccontare. Tipo gli sportivi.

Ma la vera domanda è: chi sa veramente raccontare una storia?

Partiamo da questo presupposto: spesso il cosa raccontiamo va a pari passo con il come lo facciamo, e spesso è difficile che le grandi gesta siano eseguite e narrate dalla stessa persona.

È una regola che vale fin dai tempi antichi, tra l’altro, quando i grandi uomini erano spesso messi nero su bianco da altrettanto grandi autori. Gli esempi sono infiniti: Gesù non ha scritto la Bibbia così come Achille non ha scritto l’Iliade, e quasi tutto ciò che sappiamo di Carlo Magno ci è arrivato dalla penna di Eginardo.

Passando ai tempi nostri, il meccanismo non è poi così cambiato, e quasi sempre anche le autobiografie di personaggi famosi hanno dietro la mano di un ghost writer (così come molti profili social sono gestiti da un social media manager). Open di Andrè Agassi, per esempio, avrebbe avuto lo stesso successo se dietro non ci fosse la mano di J.R. Moehringer?

Per le interviste vale un pò lo stesso discorso

Su quanto sia importante il filtro del giornalista per raccontare la storia di un personaggio famoso sono stati scritti saggi e trattati, ma non è un concetto così difficile da comprendere.

La recente scomparsa di Gianni Minà ci ha riportato alla memoria uno dei più grandi esempi di questo filone, al quale appartengono i migliori intervistatori della storia. In questo senso, guardatevi una puntata del David Letterman Show e fate caso a quanto il ruolo del presentatore americano sia di aggiustare la direzione del discorso del suo ospite, senza mai sovrastarlo né tantomeno interromperlo.

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Guardando l’intervista che Gregorio Paltrinieri ha rilasciato a Sky nel programma Federico Buffa Talks, credo che si possa comprendere appieno questo discorso così ampio.

Da un lato c’è il personaggio sportivo dai risultati incredibili, uno dei più forti della sua generazione e forse il più forte italiano di sempre. Dall’altro ci sono due professionisti, un giornalista come Federico Ferri (direttore di Sky Sport) e un eclettico narratore come Federico Buffa (personaggio dalla carriera molto sfaccettata che spesso riassumono con il nome di storyteller).

Sembra quasi impossibile che il risultato di questo incontro non sia interessante, ed infatti lo è. In questo preciso caso la bravura degli intervistatori sta quasi tutta nella scelta del personaggio e nel lasciare al personaggio stesso carta bianca, intervenendo come faceva Letterman solo per dare una direzione al discorso.

Questo perché Gregorio Paltrinieri ha più volte dimostrato di essere in grado di raccontare il suo punto di vista in maniera precisa e articolata, rendendo ogni sua intervista quasi mai banale. Vi sfido a trovare un video di Greg che parla in modo noioso, che risponde come un automa impostato alle domande dei giornalisti. Da questo punto di vista, nel mondo del nuoto italiano non esiste un personaggio come lui, e anche estendendo il discorso allo sport in generale si fa fatica a pareggiarlo.

Buffa lo comprende e lascia a briglia sciolta Paltrinieri, che si esprime in metafore ed immagini che ci raccontano tanto di lui quanto del suo trascorso storico; il suo intervento più sostanziale è nel parlare di Kobe Bryant, idolo di Paltrinieri, che Buffa ha conosciuto sicuramente più a fondo e che diventa uno strumento interessante per definire la personalità di Greg, ma per il resto Buffa lascia scorrere. Il risultato è piacevole, una chiacchierata senza troppe sovrastrutture che, anche visivamente, restituisce più immagini dalle parole che dai filmati di repertorio.

Guardando l’intervista, viene da chiedersi quanti altri atleti contemporanei abbiano la stessa innata capacità di essere al contempo fortissimi e brillantissimi, performanti e lucidi come Gregorio Paltrinieri. Uno che ha saputo scegliere con la sua testa, cambiare tutto e rischiare di più, per arrivare esattamente dove voleva essere. Uno che ha dimostrato di non volersi accontentare, di non sapersi accontentare, di avere la forza (non solo fisica) di mettersi sempre in gioco, no matter what.

Guardando l’intervista, e guardandone anche tante altre, viene da chiedersi: quanti altri sportivi e personaggi hanno una storia da raccontare e sanno anche raccontarla?

Foto: Fabio Cetti | Corsia4