Ormai qualche lustro fa non accadeva, ma oggi, ogni qualvolta portiamo a casa una piccola vittoria, una piccola medaglia, sentiamo la necessità di condividerla.

La postiamo sulla nostra pagina Facebook, sul nostro profilo Instagram e la sottoponiamo alla critica platea dei nostri amici e followers. Capita ai veterani della vasca ma anche ai neofiti che, ancora di più, sentono la necessità di mostrare i propri primi passi in corsia.

Qualche giorno fa, però, quasi annoiata di fronte all’ennesima foto di medaglia, all’ennesimo volto sorridente di una qualunque signora di mezza età mi sono chiesta: ma sappiamo davvero quale sia il peso di quel riconoscimento?

Non sto parlando del peso fisico del premio e neppure del risultato sportivo, vissuto da molti di noi come divertimento, sto invece parlando di quello che migliorarsi possa rappresentare per ciascuno.

Una volta ad esempio, mentre attendevo impaziente la chiamata ai blocchi di partenza, mi sono soffermata a parlare con un atleta di un’altra squadra; mi aveva colpito la paura nei suoi occhi e, con un po’ di imbarazzo gli ho chiesto: “cosa ti spaventa tanto?”

In pochi istanti ho scoperto che alla gara precedente, dopo una brutta delusione sentimentale, era stato colto dal panico e non aveva potuto tuffarsi, non ci era proprio riuscito. Il 100 stile in cui stava per cimentarsi non rappresentava quindi soltanto una prestazione sportiva, ma una rivincita su se stesso, la dimostrazione che poteva farlo di nuovo.

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Ogni volta che, poi, gareggio in mare mi stupisco della presenza di anziani signori che partecipano assiduamente ad ogni competizione della domenica. Oltre a provare grande ammirazione per la tenacia con cui, ogni weekend, sfidano sveglie ad ore improbabili e centinaia di chilometri per raggiungere il campo gara, finisco per rimanere sempre affascinata dai loro racconti su come amino troppo il nuoto per poterlo abbandonare e della grande soddisfazione provata per quelle sensazioni positive nell’ultimo miglio “nonostante gli acciacchi”.

Ho capito poi cosa fosse il “peso della medaglia” sentendo quanto fosse importante per una mia compagna di squadra, portare a termine la sua gara senza guardare il tempo ma per dimostrare a se stessa che ce la poteva fare, nonostante il terribile momento che stava affrontando nella sua vita personale.

È davvero difficile conoscere la storia di ognuno ma quella medaglia, condivisa con orgoglio sulla propria bacheca, spesso rappresenta qualcosa di più che un semplice trofeo.

Perché migliorare il proprio tempo, magari mediocre, di qualche secondo per molti è meno importante di ciò che realmente quella piccola vittoria significa.

Foto: Fabio Cetti | Corsia4