Edizione speciale per Fatti di nuoto weekly che anticipa l’uscita al martedì per parlare delle convocazioni dei prossimi Mondiali di Fukuoka.

Modello Trials o discrezionalità, vediamo il compromesso italiano a cosa ci ha portato.

Come da regolamento federale, il Trofeo Settecolli rappresentava l’ultima occasione in calendario per potersi qualificare ufficialmente per i Campionati Mondiali di Fukuoka 2023.

Attraverso il conseguimento di un minimo tabellare, da nuotare in finale, i nuotatori avrebbero avuto la certezza della convocazione nella rappresentativa che nuoterà a fine luglio in terra giapponese. La Federazione, tuttavia, ha lasciato in questa stagione una grande libertà di scelta al Direttore Tecnico, la cui discrezionalità è stata un fattore delle convocazioni.

La prima convocazione discrezionale risale addirittura al dopo Assoluti, quando Cesare Butini aveva detto che “non esiste una nazionale senza Gregorio Paltrinieri”, che nei giorni di Riccione aveva sfiorato – non centrato – la qualificazione diretta ai Mondiali sia negli 800 che nei 1500. È vero che non rientravano nella tabella A, ma va detto che i tempi di Paltrinieri erano già tra i primi al mondo, e lo sono tuttora, e che nel suo caso specifico stiamo parlando di un atleta che prepara anche il fondo (oltre che di un fenomeno assoluto). Ecco quindi spiegata l’assenza di Paltrinieri al Sette Colli: si tratta di un nome impossibile da tenere a casa, anche se ci fossero state premesse meno solide di queste.

È chiaro però che il modello Trials americani, per anni idealmente inseguito dalla FIN attraverso versioni regolamentari con vari livelli di durezza, è da ritenersi momentaneamente accantonato. “Siamo l’Italia”, ci hanno ripetuto con insistenza, non possiamo paragonarci agli altri sistemi. Vero, ma è altrettanto vero che siamo arrivati al livello internazionale attuale anche grazie ad un progressivo restringimento dei criteri di selezione, che sono serviti negli anni non solo a stilare le liste dei convocati, ma soprattutto a scandire i termini della preparazione. Ne sono uscite alcune regole che ormai sono peculiari di quello che potremmo battezzare come il “metodo italiano”.

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Regola 1: agli Assoluti si deve nuotare forte, spesso fin dalle batterie. Come conseguenza, allenatori ed atleti hanno imparato a finalizzare la preparazione ad aprile, e lo show-down di Riccione è ormai diventato l’appuntamento clou di tutto l’anno. Partecipare agli Assoluti non è più una fastidioso ostacolo che interrompe la preparazione, ma uno snodo determinante per tutta la stagione, e vincerli è diventato spesso molto difficile anche per gli atleti di punta. I tempi fatti agli Assoluti sono sempre tenuti in maggior considerazione, e gli atleti lo sanno. Sbagliare la gara a Riccione diventa un bel problema.

Regola 2: non tutto è perduto perché c’è sempre il Sette Colli. Questa, se vogliamo, è la cosa più italiana di tutte, che però per noi funziona alla grande. Posizionato in uno slot temporale nel quale molti altri Paesi fanno le selezioni ufficiali (a circa un mese dalla gara estiva), il trofeo di Roma è strategico ed intelligente, e rappresenta l’occasione perfetta un pò per tutti. Ne approfitta chi deve ancora qualificarsi, ovviamente, per cercare il tempo limite, ma anche chi si è già qualificato, per nuotare in un contesto di alto livello e testare la condizione in vista dell’appuntamento principale.

Regola 3: un pò come Alessandro Borghese in “4 ristoranti”, il giudizio di Cesare Butini può comunque ribaltare la situazione. Scherzi a parte, la discrezionalità del DT è in questo caso molto oggettiva, e si basa sempre e comunque sui risultati, sui tempi (fatevi un idea con le Graduatorie stagionali su Nuoto in Cifre).

Per questo, ad esempio, abbiamo nei convocati Anita Bottazzo e non Arianna Castiglioni, esclusa perché battuta al Settecolli nei 50 rana dalla più giovane rivale, mentre nei 100 è comunque andata peggio di quanto fatto da Martina Carraro a Riccione, la quale ha dalla sua anche il miglior crono stagionale nei 200.

Per questo abbiamo Federico Burdisso e non Giacomo Carini, che nei 200 farfalla al Settecolli è sì andato forte ma non più forte del pavese a Riccione. Per questo non abbiamo nel mezzofondo Gabriele Detti, un nome pesante che non è però riuscito a ritrovare prestazioni alla sua altezza, e che quindi non andava convocato, mentre abbiamo un giovane come Luca De Tullio, che proprio al Settecolli ha dimostrato una forma eccezionale, meritandosi la chiamata.

Per questo c’è Ilaria Bianchi, ancora funzionale in ottica staffette, e non Ilaria Cusinato, che ha puntato sui 200 farfalla ma non è riuscita ancora a concludere il percorso.

In questo modo abbiamo anche avuto la chance di valutare la crescita di elementi giovani e fondamentali per le staffette, come Costanza Cocconcelli, Sofia Morini e Emma Virginia Menicucci, tra le rivelazioni più belle del weekend romano, mentre dobbiamo per questa volta rinunciare a Silvia Di Pietro. E siamo stati pazienti anche coi velocisti maschi, che hanno dato segnali di ripresa interessanti.

Sembra insomma che negli anni l’Italia abbia avuto modo e tempo per guardarsi allo specchio, scoprire i propri pregi e difetti e trovare una programmazione aderente a queste esigenze, un giusto compromesso tra la rigidità statunitense e la completa discrezionalità del passato. Che finora, va detto, ha funzionato alla grande.

See you later!

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Foto: Fabio Cetti | Corsia4