Con i Trials brasiliani alle spalle e quelli canadesi in corso (#hype McIntosh), Fatti di nuoto Weekly torna nelle vostre bacheche per tessere un filo che parte da Lia Thomas, passa da Ahmed Hafnaoui, Kristóf Milák e Michael Phelps per concludersi con Nicolò Martinenghi.
Eccoci!
Ancora sulla questione trans
Uno studio recente riportato dal New York Times e, in Italia, da Lo Slalom, afferma che le atlete trans perdono, nella transizione uomo donna, molte delle loro potenzialità fisiche di provenienza, smentendo la teoria che finora è andata per la maggiore. Se questo fosse vero andrebbero rivisti i regolamenti che finora hanno di fatto impedito ai trans di gareggiare con le donne, scoperchiando una problematiche che non è solo sportiva, ma anche politica e sociale, potenzialmente uno dei punti di rottura più importanti della nostra epoca.
È presto per capire se ci sarà o meno un cambio di direzione, ma l’argomento potrebbe tornare ad essere in primo piano, specialmente dopo i Giochi Olimpici, e c’è da scommettere che sentiremo ancora parlare di Lia Thomas.
Problemi in Tunisia
Prima di tutto, la notizia su Ahmned Hafnaoui, la cui partecipazione ai Giochi sembra a rischio a causa di un per ora non specificato infortunio. Sarebbe un bel dramma per la Tunisia, che ha scoperto nel mezzofondista il volto di una Nazione intera, e anche per il nuoto in generale, che perde uno dei protagonisti annunciati, tra i dominatori dell’ultimo triennio.
Ma la Tunisia è scossa anche dalla disputa con la WADA, una situazione che ha portato allo scioglimento dei vertici della Federazione nuoto voluto dal primo ministro in persona. Se le cose non cambieranno, la Tunisia non potrà issare la propria bandiera ai Giochi Olimpici, a causa di alcune sanzioni che la WADA le ha inflitto dovute al non adempimento di obblighi sul sistema antidoping. Ci sono stati anche degli arresti, e la situazione non sembra finita qui.
Problemi in Ungheria
Sembra che non siano finiti nemmeno i problemi di Kristóf Milák, rientrato alle competizioni e agli allenamenti qualche settimana fa dopo un lungo stop. Diverse fonti riportano infatti che il campione Olimpico dei 200 farfalla abbia saltato nuovamente molti allenamenti e non sia ancora in linea con ciò che i tecnici vorrebbero da lui. In Ungheria sta salendo l’ansia per l’avvicinarsi inesorabile dei Giochi e la possibile perdita di medaglie che un suo eventuale flop potrebbe significare.
Dovremmo vederlo presto all’opera, al Mare Nostrum e poi agli Europei, e allora sarà più semplice verificarne le condizioni. Nel frattempo, mi oppongo categoricamente alla teoria dell’atleta che deve andare oltre ogni umana sopportazione del dolore fisico e soprattutto mentale per raggiungere l’obiettivo imposto da altri: rovinarsi la vita non vale mai la pena.
Phelps sereno
Lo dice anche Michael Phelps, che continua la sua personale battaglia per la sensibilizzazione sulle problematiche mentali nello sport, portando in giro per il mondo la sua personale esperienza (che poi si avvicina a quella di molti di noi). Se il più titolato di sempre alle Olimpiadi è il primo a dire che di salute mentale si può anche morire, dovremmo forse ascoltarlo, o almeno provarci.
Intanto lui sembra sereno e finalmente in pace, e si illumina quando parla del figlio che ha appena esordito ad una piccola gara scolastica “distruggendo” gli altri bambini (cuore di papà). A proposito: che differenza enorme tra una comparsata di Phelps e una di un nostro qualsiasi nuotatore in TV. Sarà solo un problema di autori?
Piccola chiosa personale
Senza il bisogno di autori ma con la sola presenza di amici e affetti, Nicolò Martinenghi è riuscito ad emozionare con le sue parole al Trofeo Città di Gorla, intitolato alla memoria del suo primo allenatore Franco De Franco. Va detto che stiamo parlando di un atleta dalla grande sensibilità, dimostrata in diverse occasioni pubbliche e non, ma la verità è che le cose semplici sono anche quelle che, spesso, restano più vive in noi.
See you later!
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Foto: Fabio Cetti | Corsia4