I Mondiali di Doha sono finiti, ma non la voglia di parlarne.

Dell’Italia abbiamo già parlato in lungo e in largo, quindi in Fatti di nuoto Weekly troviamo altri tre temi per raccontare la rassegna iridata più vicina alle Olimpiadi di sempre.

La Cina

È stato sicuramente il Mondiale della Cina. Nonostante l’assenza delle due punte di diamante, Qin Haiyang e Zhang Yufei, i cinesi hanno disputato un Campionato da incorniciare, come spesso accade negli anni (o mesi in questo caso) di avvicinamento alle Olimpiadi. Dei sette ori in vasca, quattro vengono dalle staffette e almeno due sono clamorosi.

La 4×100 e la 4×200 stile, ad esempio, sono gare che storicamente avevano visto i cinesi rincorrere i primi, senza quasi mai riuscire a salire sul podio. L’assenza della Russia e le formazioni rimaneggiate di USA e Australia hanno favorito la vittoria, ma i tempi ci dicono che per Parigi bisognerà tenere conto anche dei cinesi, soprattutto se Pan Zhanle conferma il livello (incredibile) raggiunto a Doha. E probabilmente bisognerà tenerne conto anche per il 2028, visti gli anni di nascita dei frazionisti: Ji Xinjie 1997 – Wang Haoyu 2005 – Pan Zhanle 2004 – Zhang Zhanshuo 2007.

Anche gli altri due ori individuali cinesi vengono da atleti giovanissimi. Nei 200 rana ha vinto (come da pronostico) Dong Zhihao, anno 2005, che ha nuotato un bel 2.07.94 con una rana che sembra perfino più fluida di quella del connazionale e recordman del mondo Qin Haiyang.

I 100 rana donne, invece, li ha vinti Tang Qianting, classe 2004, che ha sfruttato l’uscita di scena di alcune protagoniste (Meilutytė e Pilato su tutte) per imporsi in una finale dove, comunque, ha nuotato il record nazionale in 1.05.27. Sul podio sono andate anche Yu Yiting, 2005 bronzo nei 200 misti, e Li Binjie (argento nei 400 e nei 1500), che nonostante sia ben più conosciuta rimane comunque una 2002, ed è stata protagonista dell’oro nella 4×200 con una frazione interna da 1.54.59.

La Cina è una nazione dalla quale non arrivano molte notizie, e quelle che arrivano sono sempre confuse e mai totalmente verificabili (vedi il caso Sun Yang, che ora sembra tornato in qualche modo ad allenarsi), quindi questi risultati vanno letti con attenzione per non arrivare totalmente sprovveduti a Parigi.

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Il mezzofondo maschile è una giungla natatoria che negli ultimi anni ha un campo partenti dal livello proibitivo. Volendo provare a contarli, ci sono almeno otto atleti che hanno sostanzialmente le stesse possibilità di giocarsi il podio in ogni competizione e sono, in ordine sparso: Paltrinieri, Wellbrock, Romančuk, Hafnaoui, Finke, Short, Martens e Wiffen. Con la gara e la condizione giusta, ognuno di questi può ambire alla medaglia e alla vittoria Olimpica, ed è per questo motivo che 800 e 1500 saranno tra le gare da guardare con più attenzione a Parigi 2024.

Molto dipenderà, logicamente, dalle condizioni di forma in cui arriveranno i protagonisti. Per battere il Daniel Wiffen visto a Doha ci vuole una gara spaziale, ma comunque ci sono quattro atleti in attività che hanno personali migliori in entrambe le distanze. L’Hafnaoui visto in Qatar è troppo brutto per essere vero: potrebbe trattarsi di una scelta o di un errore di preparazione (il cambio tecnico va assorbito?), ma il tunisino deve modificare la rotta se vuole cercare di stupire ancora. Stesso discorso per Wellbrock, che ha Doha non ha certo impressionato per brillantezza di tempi (e anche la sua nuotata sembrava decisamente appesantita), e Romančuk, lontano parente di quello che qualche anno fa se la giocava coi migliori. Gregorio Paltrinieri resta invece una mina vagante. Il copione di Doha non potrà essere ripetuto e bisognerà necessariamente stare attenti alle batterie per non incappare in sorprese spiacevoli, vedi eliminazione prematura. Una volta entrato in finale, Paltrinieri ha già ripetutamente dimostrato di avere un’intelligenza tattica fuori dal comune, che spesso lo fa andare oltre alle difficoltà fisiche e a che mentali. Con un campo avversari in piena forma, però, potrebbe non bastare.

Sarah Sjöström

In un Mondiale che ha avuto come leitmotiv il grande tema degli assenti, va necessariamente ricordato chi invece è sempre presente, da ormai più di un decennio, ad ogni singola competizione, con dei risultati tra l’altro incredibili. In questo Mondiale, Sarah Sjöström ha vinto per la sesta volta consecutiva i 50 farfalla (record), gara che al suo ritiro dovrebbe essere intitolata a suo nome. Sesta volta significa che li vince ininterrottamente dal 2015, quando le sue rivali erano Jeanette Ottesen e Inge Dekker (in quella finale c’era anche Farida Osman, bronzo a Doha).

Ma la prima vittoria Mondiale della svedese, nei 100 farfalla, risale a Roma 2009, quindici anni fa, un’altra epoca. Nel suo caso non dobbiamo fare l’errore di pensare che vinca per mancanza di rivali, e i tempi parlano chiari in questo senso. È l’unica atleta nella storia ad essere scesa sotto i 25 secondi nei 50 farfalla e di questa gara detiene le prime 25 prestazioni all time. Nei 50 stile, gara Olimpica che a Doha a vinto in 23.62, è andata a 1 centesimo dal suo record del mondo, che risale ai Mondiali di Fukuoka di 7 mesi fa. Il tutto fatto a 33 anni, un’età in cui la grande maggioranza delle sue colleghe guarda le gare dal salotto di casa. Non credo ci siano dubbi che a Parigi sarà ancora protagonista e, stando a sentire lei, lo sarà anche a Los Angeles 2028, con buona pace di chi salta i Mondiali per preservarsi.

See you later!

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Foto: Fabio Cetti | Corsia4