Mentre l’Italia ha ancora negli occhi il trionfo di Federica Pellegrini, la settimana delle Olimpiadi di Pechino va verso la conclusione ed il bilancio non può essere considerato totalmente positivo.

Qualche piccola delusione è già arrivata: la prova a vuoto del bi-campione del mondo Filippo Magnini, fuori dalla finale dei 100 stile, il quarto posto di entrambe le staffette a stile maschili (la 4×200 a soli 37 centesimi dal podio), ed il quarto e quinto posto di Alessio Boggiatto e Luca Marin nei 400 misti, ci hanno lasciato un po’ di amaro in bocca.

Per la prima volta dal 1988, concludiamo i Giochi senza nessuna medaglia al maschile.

Se aggiungiamo poi la finale completamente sbagliata dalla stessa Pellegrini nei 400 stile, si potrebbe pensare che Pechino 2008 sia stata una spedizione dove l’Italia ha raccolto meno di quanto avrebbe potuto.

L’ultima speranza di medaglia è affidata alle lunghe ed affusolate leve di Alessia Filippi, polivalente atleta romana che a Pechino gareggia nei 400 misti e negli 800 stile, gare nelle quali è campionessa europea in carica.

Il secondo giorno, Filippi disputa la finale dei 400 misti, una gara stellare vinta da Stephanie Rice dopo un’accesa guerra con Kirsty Coventry, entrambe scese abbondantemente sotto il vecchio world record. Nonostante Alessia faccia un ottimo 4’34”34, nuovo record italiano, finisce solo quinta, battuta anche dalle due americane.

Non si può parlare di delusione, ma quella che esce dall’acqua è una Filippi che da la sensazione di volere fortemente una medaglia. Il tempo nuotato nei 400 misti fa ben sperare e le sue condizioni fisiche sembrano ottime; nella batteria degli 800 stile, tuttavia, la sua strada verso il podio sembra tutt’altro che spianata.

C’è innanzitutto un’atleta imprendibile, Rebecca Adlington, che con 8’18”10 ha già fatto il record olimpico e sembra non volersi accontentare di una vittoria di misura. C’è poi Camelia Potec, che è andata sotto gli 8’20” ed ha un’esperienza e una grinta tale da mettere paura a chiunque, e c’è Lotte Friis, solida danese dai tempi simili a quelli fatti registrare dall’italiana.

Filippi gareggia nella quinta batteria, con il vantaggio di aver visto tutte le rivali nuotare, e chiude in 8’21”95, tempo che le da l’accesso alla finale con la quarta posizione.

La mattina del 16 agosto, le finaliste partono chiaramente divise in due gruppi distinti.

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A centro vasca, Rebecca Adlington viaggia sicura e spedita come l’Orient Express sui binari che la portano a far crollare uno dei record del mondo più longevi e iconici della storia del nuoto, quello di Janet Evans.

L’inglese è in vantaggio su tutti i passaggi ed alla fine ce la fa, fermando il cronometro a 8’14”10: gara e tempo incredibili, ma vogliamo parlare del fatto che Evans aveva fatto 8’16”22 nel 1989?

MILLENOVECENTOOTTANTANOVE!

Accanto a lei, ci prova Camelia Potec, che per circa 300 metri rimane nella scia dell’inglese, con un’azione potente e ritmata che però si fa man mano meno brillante.

A questo punto entra in scena Alessia Filippi, che fa la gara più intelligente dell’intero parterre, non esagerando nelle fasi iniziali e rimanendo sul suo ritmo, sicura dei suoi mezzi e di una condotta di gara, per lei unica possibile, che le ha sempre dato ottimi risultati. Così, nei secondi 400 metri la romana emerge dal gruppo, stacca sia Lotte Friis che la cinese Li Xuanxu, macinando bracciate su bracciate ad un ritmo costante e serrato. Anche Camelia Potec si deve arrendere, sopraffatta dalla fatica di aver provato (e fallito) un’impresa onestamente impossibile.

Dopo il bronzo di Novella Calligaris nel 1972, ecco la seconda medaglia azzurra negli 800 stile.

Alessia Filippi, braccia alzate e sorriso smagliante, saluta il pubblico con un argento al collo voluto, meritato e bello, anzi bellissimo.