Di quanto sia stata importante quella settimana per l’Italia dello sport, di quanto abbiamo urlato insieme a Sandro Fioravanti, di quanto il nuoto abbia beneficiato dei trionfi azzurri in termini di movimento, di quanto il boom di quell’annata sia stata la scintilla che ha fatto esplodere ed impennare i numeri di appassionati e praticanti in Italia.
Le emozioni di quei giorni, l’incredulità che tutti abbiamo vissuto guardando le finali di Sydney, saranno probabilmente irripetibili.
Se dovessi scegliere, a distanza di più di vent’anni, il momento che mi ha trasmesso più adrenalina, direi sicuramente i 100 rana.
È il primo giorno olimpico, ed inebriati dall’impresa del cagnaccio napoletano, forse abbiamo trascurato quanto nel frattempo ha saputo fare il ranista novarese. Ha cominciato bene già in batteria, primo tempo dell’intero parterre in 1’01”32 e nuovo record italiano. Il precedente, sempre di Fioravanti, risale al primo dei suoi due ori europei consecutivi, quello di Istanbul 1999 (1’01”34), mentre a Helsinki 2000 aveva vinto in 1’02”02.
Molti dei probabili protagonisti, però, si sono nascosti, nuotando agilmente intorno all’1’02” (Sludnov 1’02”15, Petersen 1’02”20) e passando comunque il turno.
Nella prima semi, il recordman del mondo in carica Roman Sludnov ha deciso di aumentare i giri del motore, stampando 1’01”15 e mettendo subito le cose in chiaro. Gli altri tre qualificati, Malek, Knabe e Lutholf, hanno nuotato tutti un tempo più alto di quello di Fioravanti al mattino.
Ripetendo il crono, la qualificazione era assicurata. Ma Domenico Fioravanti a Sydney 2000 ha qualcosa in più da dire, voleva dimostrare al mondo di essere il miglior ranista sulla piazza, senza lasciare dubbi dietro i sé. Così, nella seconda semifinale, si è spinto fino a 1’00”84, polverizzando Moses (1’01”22) e Kitajima (1’01”31).
Per la finale del giorno dopo, la Corsia 4 è assicurata.
Nonostante Fioravanti abbia dimostrato di essere in uno stato quasi di grazia, rimangono comunque almeno due avversari molto pericolosi, il russo Sludnov e l’americano Moses, autori di tempi inferiori a quello dell’italiano e lanciati in uno scontro, anche mediatico, su chi sia il più forte ranista al mondo.
Nei primi 50, è Moses a passare per primo, con un parziale (28”50) che spaventa un po’ tutti. Accanto a Fioravanti, Sludnov macina acqua con la sua rana bassa ma potente proprio mentre il suo rivale americano sembra perdere lo slancio dei primi metri. Tra di loro, però, imperioso ed elegante risale Fioravanti.
Stilisticamente, l’italiano è il più piacevole da vedere, perché la sua è una rana pulita ed armoniosa, con una gambata efficace accompagnata da una fase aerea molto alta e seguita da uno scivolamento perfetto.
Negli ultimi metri non ce n’è per nessuno: Fioravanti vince con il record Olimpico, in 1’00”46, a soli 10 centesimi dal record del mondo.