Dopo un argento il primo giorno ed un incredibile oro il secondo, la Nazionale azzurra è sembrata entrare in uno stato di grazia assoluto, e le prestazioni dei suoi leader non hanno smesso di stupire e dare risultati.
Il terzo giorno, il 18 settembre, la scena delle finali è completamente rapita dalla gara che suscita il maggior interesse soprattutto tra gli australiani, i 200 stile libero maschili. Ovviamente è Ian Thorpe, il beniamino dei dolphins, ad essere atteso ad un’altra prova da protagonista, dopo l’oro in apertura nei 400 e nella staffetta 4×100 stile. All’ingresso delle Olimpiadi, è proprio lui il favorito nonché il detentore del record del mondo. Nell’ultimo anno, dopo che Grant Hackett aveva battuto lo storico record di Giorgio Lamberti, Thorpe aveva migliorato per ben quattro volte il limite, arrivando a 1’45”51 durante i Trials olimpici australiani di maggio.
Le batterie del 17 settembre sembrano confermare le sensazioni della vigilia, con Thorpe che si prende subito il record olimpico in 1’46”56. Dietro di lui c’è Pieter van den Hoogenband, che con 1’46”71 sembra l’unico a poter impensierire l’australiano. Dotato di una forma fisica e mentale incredibile e galvanizzato dall’argento nei 400, Massimiliano Rosolino ottiene il terzo tempo, 1’47”37.
Il pomeriggio, però, accade qualcosa di incredibile.
Nella prima semifinale, van den Hoogenband si invola in uno strepitoso record del mondo, 1’45”35, dando una dimostrazione di forza inaudita. Thorpe si spaventa e, nella seconda semifinale, tira al massimo, fermando il crono a due centesimi dall’olandese, 1’45”37, mandando alle stelle l’attesa per lo scontro in finale. Dietro il thorpedo, non molla la scia uno strepitoso Rosolino, che chiude con il terzo tempo generale e nuovo record italiano, 1’46”60.
Il 18 settembre, giorno della finale, l’atmosfera è elettrizzante.
Alla corsia 1 c’è Grant Hackett, non in formissima, ma che sorride comunque sornione, rispondendo al boato del suo pubblico. Nulla di paragonabile all’urlo che esplode al momento della presentazione di Ian Thorpe, chiuso nel suo superbody nero dal quale spuntano i piedi, francamente impressionanti. Rosolino è alla corsia 3, stranamente serio ma sempre molto concentrato, accanto a un van den Hoogenband che non lascia trasparire troppe emozioni.
Nonostante si tratti di una finale olimpica, tutti gli altri sembrano delle comparse disinteressate, scollate dalla realtà del grande confronto che sta per avvenire nelle corsie centrali.
Forse è solo una mia impressione, ma nella prima ripresa subacquea dopo il tuffo Ian Thorpe sembra stranamente scomposto, le sue mani non sono perfettamente unite e la sua gambata a delfino sembra affrettata, molto meno fluida di quanto non sia solitamente. All’uscita del tuffo è van den Hoogenband a mettersi in testa, sfruttando la sua velocità di base maggiore e la sua attitudine da centometrista.
A metà gara, VDH vira in 50”85 con Thorpe appena dietro e l’americano Josh Davis che cerca di resistere al ritmo impressionante dei due di testa.
Rosolino sembra relegato alla lotta per i piazzamenti fuori dal podio.
Si guardano in faccia, Thorpe e VDH, nell’ultima vasca, con il primo che respira a sinistra ed il secondo a destra. Thorpe tenta di rientrare ma l’olandese resiste, anzi, incrementa il vantaggio, lasciando indietro il campionissimo australiano e tutto il pubblico a bocca aperta.
La sua vittoria è storica, la sua incredulità grande come l’impresa che ha appena compiuto. Gli occhi di VDH si spalancano alla ricerca di segnali che gli confermino che, eguagliando il suo world record del giorno prima, ha appena vinto la sua prima medaglia d’oro olimpica. Thorpe scavalca la corsia, lo abbraccia e si complimenta, dimostrando una sportività che lo ha sempre accompagnato in carriera.
Accanto a loro, appena fuori dall’inquadratura, si intravede Massimiliano Rosolino.
Nell’ultima vasca, Davis si è spento e Rosolino lo ha risucchiato, fino a toccargli davanti di 8 centesimi, mettendosi al collo la medaglia di bronzo, oltre che il titolo di “primo degli umani”.