Samia proveniva dal Sudan del Sud, zona di guerra civile tra diverse etnie, diverse fazioni, diverse religioni, diverse imposizioni.

Yusra proviene dalla Siria, zona di guerra civile tra diverse etnie, diverse fazioni, diverse religioni, diverse imposizioni.

Samia era una mezzofondista di atletica leggera, correva per le strade, cercava delle piste su cui potersi allenare, si allenava da clandestina in Etiopia, sognava un futuro in Europa (sogno realizzato da sua sorella) e, dopo l’apparizione a Pechino, sognava di gareggiare alle Olimpiadi di Londra come il suo idolo Mo Farah.

Yusra è una nuotatrice, ha diciotto anni, nuota a stile libero e a farfalla.

Samia era riuscita a partecipare all’Olimpiade di Pechino: nella sua batteria era vestita come una bambina della categoria esordienti e il suo arrivo è stato salutato dagli applausi scroscianti riservati agli ultimissimi. Alla tv ha poi dichiarato che la prossima volta avrebbe provato a vincere.

Yusra ha guardato l’Olimpiade di Pechino in televisione e durante le gare di nuoto urlava il nome di Michael Phelps.

Samia era scappata dalla sua terra e aveva intrapreso il viaggio fino in Europa.

Yusra è scappata dalla sua terra e ha intrapreso il viaggio fino in Europa.

Samia non era sopravvissuta alle mille angherie del viaggio ed è morta, forse incinta, forse dopo essersi tuffata nelle acque del Mediterraneo…

Yusra ha contribuito a salvare se stessa e i suoi compagni di sventura.

La storia di Samia è stata raccontata dallo scrittore Giuseppe Catozzella nel libro “Non dirmi che hai paura”, da tanti giornalisti, dalla sorella emigrata nel nord Europa, dal suo vecchio allenatore che ne ha parlato all’Olimpiade di Londra.

La storia di Yusra ha potuto raccontarla lei stessa e diventerà un film.

La storia di Samia, per quanto riguarda questo articolo, finisce qui.

Yusra, la fuga dalla Siria

Yusra è diventata famosa prima dell’Olimpiade di Rio.

Forse già sapete che è scappata dalla Siria con la sorella nell’agosto del 2015, dopo che un bombardamento aveva distrutto la casa in cui abitava. arrivando in Libano e poi in Turchia. Qui sono riuscite a mettersi in contatto con alcuni scafisti per trovare il modo di arrivare in Grecia. Sono partite, ma la guardia costiera turca ha bloccato la loro imbarcazione, rispedendole indietro.

Le ragazze ci hanno riprovato con una barca più piccola, stracarica di persone. Dopo un’ora e mezza di traversata il motore si è spento, nel bel mezzo del Mar Egeo, di notte. Yusra, con la sorella e altri tre rifugiati, si è tuffata in acqua e ha condotto la barca fino all’isola di Lesbo, salvando così la vita di 17 persone. Dalla Grecia, le due sorelle si sono trasferite a Berlino.

Leggiamo su OnuItalia“Sarebbe stato vergognoso se le persone sulla nostra barca fossero annegate”, ha detto Yusra all’UNHCR, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, una volta arrivata a Berlino: “C’erano persone che non sapevano nuotare. Io non avevo intenzione di lamentarmi che avrei potuto annegare. Se dovevo morire almeno volevo farlo essendo fiera di me e di mia sorella”.

Le ragazze Mardini avevano perso le scarpe nella traversata. A piedi hanno intrapreso la rotta balcanica per la Germania dove speravano di essere in grado di ricostruire le loro vite.

Dal team dei rifugiati a Rio 2016 a Tokyo 2020

Yusra è stata notata da un allenatore tedesco, Sven Spannekrebs, e ha iniziato ad allenarsi con il team del Wasserfreunde Spandau 04. Il suo obiettivo è l’Olimpiade di Tokyo, ma nel frattempo è stata inserita nel team dei rifugiati a Rio, team che è stato costituito dal CIO per la prima volta nella storia. Insieme a lei c’era un altro nuotatore ospitato in Germania, Rami Anis, che ha detto: “Nella guerra civile abbiamo perso tre nuotatori come noi”.

Prima di gareggiare a Rio, la ragazza ha rilasciato un’intervista davanti ai media di tutto il mondo e ha risposto seraficamente alle domande, come ha scritto Repubblica.

Non parliamo la stessa lingua, non veniamo dallo stesso paese, ma rappresentiamo sessanta milioni di persone: i rifugiati. Damasco mi manca, e un giorno ci tornerò. Sono orgogliosa, felice, penserò a tutti quelli che mi hanno sostenuto: il Cio, i miei due allenatori e tutti i rifugiati e teenager che rappresento. Non potevo annegare il giorno in cui eravamo fermi in mezzo al mare Egeo, perché io sono una nuotatrice e avevo un futuro da inseguire.

 

Le Olimpiadi di Rio

Yusra ha sfilato nella cerimonia di apertura sotto la bandiera olimpica, prima del Brasile. Un boato ha accolto l’ingresso della squadra dei rifugiati nello stadio Maracanà durante la cerimonia di apertura. Boati analoghi l’hanno accolta quando si è presentata in vasca per le batterie dei 100 farfalla e dei 100 stile libero. Nella prima gara ha pure vinto la sua batteria.

A Rio era una piccola star:

Si leggono un sacco di storie su di me e in tanti mi fermano per fare una foto. Ho appena parlato con mia madre, mi ha detto: ‘figlia mia, stai diventando famosa. Sei ovunque, ti ricorderai di me?’ I miei amici sono orgogliosi di me, tutti mi mandano messaggi e mi taggano, non riesco nemmeno a seguire tutto.

Ora tutti vogliono un selfie con me e questo è molto bello, perché ci aiuta a mandare il nostro messaggio al mondo e a mostrare a tutti che i rifugiati possono fare qualcosa.

Tutti facevano il tifo per noi alla cerimonia di apertura, ero così orgogliosa e felice. Quegli applausi mi hanno molto motivata. Siamo usciti subito prima della squadra brasiliana e il presidente del CIO ci ha dato un caloroso benvenuto. Alla partenza della mia prima gara dei 100 farfalla tremavo, togliendo la tuta ero molto nervosa. Ma è stato bello vincere la batteria, anche se non sono riuscita a migliorare il mio personale. Non sto pensando se in futuro gareggerò per la Siria o per la Germania, sono entrambe la mia casa e adesso lo è anche il CIO. In pratica ho tre case. A Toyko 2020 i rifugiati devono vincere una medaglia. Io ce la metterò tutta.

Non importa il mio risultato, sono comunque felicissima di aver partecipato alle Olimpiadi. Penso di aver aperto gli occhi all’opinione pubblica internazionale sulla questione dei rifugiati.

Il team dei rifugiati è fantastico, perché ci sono persone di tutte le etnie, di tutti i Paesi e di tutte le nazioni.

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Anche Rami Anis, l’altro siriano nuotatore, era contentissimo dopo aver completato la sua batteria dei 100 stile libero. Il piazzamento, ciquantaseiesimo su cinquantanove partecipanti, è irrilevante: Rami ha esultato come se avesse vinto.

Su Facebook ha scritto:

Oggi è il giorno che ho aspettato fin da quanto ero piccolo. Nuoterò per tutti gli oppressi del mondo e darò il mio meglio.

A proposito di Facebook, dal profilo pubblico di Rami si ricavano poche notizie, mentre Yusra è molto attiva nei social, twitter e instagram compresi. Dalla loro lettura e dalle notizie che escono sui media ufficiali possiamo seguirla con simpatia nel suo percorso verso Tokyo.

Com’è cambiata la vita dopo Rio

Apprendiamo così che Yusra è stata inserita nel libro “Storie della buonanotte per bambine ribelli”.

A febbraio 2017 Yusra è stata premiata a Montecarlo in occasione del Gala dei Laureus Sport Awards ed è stata scelta, tra gli altri, per parlare ai ragazzi coinvolti nel progetto teatrale “Futuri Maestri” della compagnia Teatro dell’Argine di San Lazzaro, nel bolognese.

Riceve dediche e onorificenze pubbliche e la sua storia verrà raccontata in un film diretto da Stephen Daldry, lo stesso di Billy Elliott.

Yusra, inoltre, ha tenuto e terrà varie conferenze pubbliche per farsi portavoce dei rifugiati. La ragazza ha parlato all’World Economic Forum a Davos a marzo e a settembre al summit delle Nazioni Unite per i rifugiati e i migranti.

Dal giorno in cui è fuggita dalla guerra, è determinata a far sì che il mondo metta in cima alle priorità la questione dei rifugiati. Michael Johnson a Davos l’ha presentata come una delle donne più coraggiose del mondo.

E il nuoto?

In tutto questo, Yusra, troverà anche il tempo per nuotare? Ebbene sì.

Come ha detto all’UNHCR a Berlino:

Faccio dieci sessioni di allenamento di nuoto a settimana, ma penso anche ai rifugiati e a come aiutare le persone. Voglio cambiare la percezione che la gente ha dei rifugiati.

Voglio dire che i rifugiati sono persone normali che affrontano circostanze straordinarie, forzati a fuggire dalla morte e dalla distruzione che trovano a casa. Non è vero che siano analfabeti o che vogliano solo aiuti finanziari. Molti rifugiati sono dottori, ingegneri. Siamo fuggiti per avere un po’ di pace. La scelta era tra vivere e morire.

Sono orgogliosa di lottare per la pace e la dignità di chi fugge dalla violenza. Se avete dei dubbi su chi siano i rifugiati e cosa vogliano, ditemeli e vi spiegherò come stanno le cose. A volte mi chiedo se sia giusto che sia fuggita anziché restare in Siria insieme a migliaia di persone che non sono riuscite a scappare dalla disperazione.

 

Foto articolo: Yusra Mardini | Facebook

(Foto copertina: AP Images | www.nbcolympics.com)