Un evento così eclatante, e anche così storico, fa saltare subito all’occhio la grande differenza tra atletica e nuoto, nel possibile bilancio Olimpico.
Anche se, per assurdo, in pista non dovessimo più fare nemmeno una finale, la spedizione dell’atletica verrà ricordata come trionfale, togliendo immancabilmente un po’ di riflettori a quanto fatto dai nuotatori.
Ci sta.
Gimbo e Marcel si prenderanno le prime pagine dei giornali con merito, proprio come fecero Fioravanti e Rosolino a Sydney 2000, l’Olimpiade più vincente del nuoto italiano.
Il mio parere, tuttavia, è che Tokyo 2020 sia da considerarsi la miglior Olimpiade di sempre per l’Italia e, per tentare di dimostrarlo, mi affiderò ai numeri.
MEDAGLIE e FINALI
Alla vigilia, dopo aver appreso che Simona Quadarella aveva la gastroenterite e che Gregorio Paltrinieri stava recuperando dalla mononucleosi, avrei scommesso su cinque medaglie italiane.
Quattro di quelle che avevo nei miei pensieri si sono poi realizzate, e se ne sono aggiunte due, portando il bottino a sei, proprio come a Sydney 2000.
L’assenza di ori rende Tokyo 2020 un medagliere meno pregiato, per dire, anche rispetto a Rio 2016, ma la realtà è che non siamo mai stati così profondi e presenti come squadra in nessun’altra edizione dei Giochi.
Questi i numeri della spedizione azzurra (fonte Federnuoto):
- 2 argenti: 800 SL M Paltrinieri e 4×100 SL M Miressi, Zazzeri, Ceccon, Frigo, Condorelli (in batteria)
- 4 bronzi: 100 RA M Martinenghi, 200 FA M Burdisso, 800 SL F Quadarella e 4×100 MI M Ceccon, Martineghi, Burdisso, Miressi
- 19 finali
- 8 record italiani
- 13 primati personali
Torniamo invece a casa dal Giappone con un argento nella 4×100 stile ed un bronzo nella 4×100 mista, gare nelle quali non si va sul podio se non grazie ad un movimento completo e solido alle spalle.
Diverse anche le finali mancate per una manciata di centesimi (4 noni posti), e sono ben 29 i passaggi di turno.
Vale la pena scorrere il medagliere italiano di tutte le edizioni per capire un po’ il contesto nel quale ci muoviamo: ci sono una sfilza di zeri e poi, ogni tanto qua e là, un “1”. Sydney e Tokyo saltano subito all’occhio.
Ma è guardando i numeri delle finali che ci si accorge di quanto l’Italia sia ormai una realtà del nuoto mondiale, consolidata e radicata in tutte le specialità come non lo era mai stata.
Non ci sono paragoni con nessun’altra Olimpiade, nemmeno con Sydney se pensiamo che tre di quelle dodici finali maschili furono di Rosolino, due di Fioravanti.
A Tokyo, solo Paltrinieri e Quadarella hanno gareggiato in due finali individuali, e solo Paltrinieri è già medagliato Olimpico. Tutti gli altri atleti saliti sul podio sono alla prima Olimpiade (eccezion fatta per Condorelli, che a Rio era però canadese), con buona probabilità di avere nel prossimo triennio una chance per rimanere ai vertici mondiali.
Per una volta, Federica Pellegrini non ha avuto sulle spalle il compito di salvare la spedizione, ma si è potuta godere la sua ultima Olimpiade, dando comunque il suo incredibile contributo soprattutto in ambito staffette.
Non è tutto rose e fiori, ma quasi.
Ci sono dei buchi? Sì, nella velocità femminile ad esempio, settore da rifondare con la stessa intensità messa nel far riemergere quello maschile.
Ci sono state controprestazioni? Sì, come è normale che sia, soprattutto in un evento così carico di tensione e così altamente competitivo come i Giochi. È praticamente inevitabile che qualcuno si possa scottare, ma la buona notizia è che abbiamo del materiale su cui lavorare.
Rimpianti? Sì, perché Quadarella era da podio anche nei 1500, Panziera con il suo tempo valeva la medaglia nei 200 dorso e Paltrinieri senza la mononucleosi avrebbe probabilmente vinto per distacco entrambe le sue gare. Ma nel percorso è normale trovare buche, forare, rimanere senza benzina.
Ciò che stupisce di questa Italia, rispetto a tutte le Nazionali del passato, è che questi piccoli intoppi non hanno segnato la spedizione ma sono stati assorbiti dalla prestazione d’insieme. Un bel modo per togliere pressione a chi non ha potuto esprimersi al meglio e lasciargli lo spazio per ripartire.
Se Tokyo 2020 sarà un punto di partenza, il nostro futuro non può che essere sereno.
Foto: Fabio Cetti | Corsia4