A dire la verità, considerando il posticipo di un anno dell’evento finale e i criteri fissati dalla FIN lo scorso settembre 2019, possiamo dire di aver assistito ad una qualificazione olimpica a tappe.
A oggi in totale l’Italia vanta 14 nuotatori che hanno conseguito il tempo limite per una o più gare individuali ai quali se ne aggiungono 3 che hanno invece conseguito quello valido per una staffetta.
La gara in questione è il 100 rana, disciplina dove sin dalla finale mondiale sfiorata a Budapest nel 2017 con 59”4 ha lasciato intravedere grandi potenzialità. Il crono nuotato a Riccione a distanza di tre anni e mezzo è la sintesi di questo percorso che lo rende un ranista pronto a sfidare Adam Peaty. Ricordiamo che il tempo di 58”37 (27”28-31”09) lo inserisce al terzo posto delle graduatorie all-time, ma un numero in cifre stampato sul tabellone è solo l’ultima parte di una gara. Non rende mai l’idea di come è stato ottenuto durante la gara e del percorso che è stato compiuto per ottenerlo.
Le prestazioni a cui ci ha abituato dalla fine del 2019 a questa parte testimoniano la presenza di tutti i contenuti dell’allenamento della gara moderna e della nuotata a rana di oggi.
Andando per ordine, se analizziamo i parziali di gara, il ritorno è praticamente lo stesso del primo record mondiale di Kosuke Kitajima del 2003 (il tempo finale fu 59”78 tornando in 31”17). Il grande vantaggio della prima vasca di 1”50 per certi aspetti non è paragonabile perché un grosso vantaggio è dato dai blocchi di partenza attuali e di un colpo a gambe delfino consentito durante la subacquea.
Allo stesso tempo il vantaggio è anche dato dall’osare una nuotata a frequenze più alte, una volta impensabili per la rana, ma detto così non rende l’idea. La differenza tra un ranista del livello di Martinenghi e un ranista normale, è che il primo nuota su certe frequenze, ma mantenendo intatta la capacità di scivolo.
Adam Peaty è colui che massimizza queste due grandezze, e non a caso ha stabilito quel record del mondo inavvicinabile al momento. Il passaggio a 27”2 è stato veloce, ma non esagerato potendo contare su un margine di 9 decimi sul personale dei 50 ottenuto anch’esso in questi campionati
Oggi si può dire che anche la rana è uno stile votato alla velocità pura, e non fa più paura nuotare su certi ritmi, ma sempre considerando l’intera gara. Per questo motivo anche la seconda parte di gara rimane importante, come testimonia il secondo 50 nuotato in 31 secondi, ma va allenata sulla base dell’andata e non più sull’idea di una gara a velocità costante.
Per poter pensare un approccio del genere, come già accennato più volte in questa rubrica, l’allenamento della costruzione di gara non è più solo un semplice micro-ciclo di poche settimane, ma occupa l’intera programmazione di una stagione, chiaramente in misura diversa in base al periodo, ma non deve mai essere persa di vista.
Infine, questo ragazzo lombardo, ha messo in luce tutti gli aspetti della nuotata a rana degli anni 2010. Il coniugare frequenza di bracciata e capacità di scivolo, dal punto di vista pratico si traduce in un controllo motorio molto complesso, senza il quale tutto ciò non sarebbe possibile. I punti fondamentali sono due: controllare i movimenti del corpo verso l’alto in modo da rompere la superficie dell’acqua solo una volta ultimata la fase di trazione, e successivamente il controllo della proiezione del corpo in avanti in modo da garantire sempre l’appoggio corretto dei piedi per sfruttare la spinta delle gambe, che in caso contrario andrebbe persa.
Quest’ultimo punto va tenuto in considerazione nella scelta della frequenza di bracciata ottimale, se è eccessiva rende impossibile questa capacità di controllo.
Aspetti che ovviamente diventano sempre più importanti con il progredire della gara, quando le energie fisiche calano inevitabilmente.
Come direbbe il guru ungherese Joszef Nagy, nella nuotata a rana, la vera chiave non è aumentare la velocità, ma prima di tutto non perderla.
La diminuzione della velocità nella seconda parte di gara, a livello biomeccanico è data generalmente dalla perdita di ampiezza. Tale calo è spesso correlato alla diminuzione della forza e all’esaurimento muscolare. Si può limitare a ciò nello stile libero, nel dorso, e in parte nel delfino. Nella rana la causa principale è la perdita di coordinazione sotto sforzo.
Ecco che diventa importante un lavoro a secco mirato su questa parte che deve avere ormai pari dignità dei più noti lavori metabolici svolti tradizionalmente in acqua.
Discorso analogo a Martinenghi vale per Martina Carraro, con una rana probabilmente ancora più apprezzabile esteticamente, essendo dotata chiaramente di meno forza fisica, con un’azione così meno irruenta. Anche in questo caso crono che la proietta nell’olimpo della rana con 1’05”87(31”07-34”79).
A essere precisi il differenziale di gara è ancora più basso rispetto a Martinenghi di 2 decimi per i motivi sopra citati. In tutta la gara si è vista l’efficacia del controllo dei movimenti del corpo, e non c’è mai stata una gambata a vuoto.
La giovane Benedetta Pilato ha mostrato qualche difficoltà in più in questo aspetto anche perché dotata di una maggiore forza da cui ne consegue una trazione praticamente maschile! Sicuramente questo Campionato Assoluto è stato il campionato della rana, ma ha riservato anche tanti risultati positivi.
Sicuramente questo campionato assoluto è stato il campionato della rana, ma ha riservato anche tanti risultati positivi.
Alcuni sono già delle garanzie come Pellegrini, Panziera, Quadarella, Detti e Paltrinieri che hanno confermato il loro livello che già elevato era risultato negli anni passati.
Altri hanno bisogno di conferma come Ceccon, Burdisso e Razzetti. Proprio quest’ultimo ha dimostrato di essere il vero prototipo del mistista moderno, tecnicamente perfetto in tutti e quattro gli stili, in linea con un trend incominciato molti anni fa da un certo Michael Phelps.
Il nome è pesante non voler fare un paragone azzardato, ma per citare l’esempio di come l’eccellenza nel nuoto (e più in generale nello sport) si persegue sviluppando degli automatismi; alcuni di questi spero di averli messi in luce parlando dei nostri due ranisti.
L’aspetto degli automatismi non vale solo per la prestazione, ma è ciò che permette ad un atleta di mantenere le prestazioni nel tempo e alzare veramente la propria asticella: per competere con i migliori al mondo è necessario perseguire certe prestazioni anche in momenti dove non si è al 100%, e anche senza fare la gara della vita, un evento sempre con una probabilità bassa di verificarsi.
Per smorzare i facili entusiasmi cui troppo spesso siamo abituati in Italia bisogna capire la distinzione netta tra nuoto veloce e nuoto di alto livello.
Preparare la singola prestazione cronometrica (e ottenere anche il tempo di qualificazione olimpica) è solo nuoto veloce.
Preparare invece un atleta a gestire certi standard cronometrici per ottenerli più volte in un giorno e magari in una settimana di gare, allora si può dire di fare nuoto di alto livello!
Foto: Fabio Cetti | Corsia4