Oggi iniziamo il nostro viaggio che ci porterà a scoprire come è vissuto il connubio scuola/sport in varie parti del mondo, per tornare quindi in Italia tra qualche settimana.
Intanto andiamo a trovare i ragazzi della terra dei laghi, dei grizzlies e della foglia d’acero! Siamo nella nazione di Penny Oleksiak, la campionessa olimpica dei 100 stile libero.
Siamo in Canada, e del Canada e del suo rapporto tra scuola e sport ci parlano due studentesse italiane che stanno facendo due esperienze diverse: casualmente tutte e due a Vancouver, nella British Columbia.
Lucrezia e Laura
A metà ottobre ho parlato con Lucrezia Dalola, primatista italiana giovanile di salvamento ma soprattutto una ragazza che conosco molto bene: da quasi dieci anni nuota nella società dove anche io sono nato e cresciuto come atleta e tecnico.
Insieme abbiamo vissuto diverse competizioni importanti a livello italiano e internazionale. Lucrezia studia qui per sei mesi, rientrerà in questi giorni di fine gennaio 2017.
Subito dopo Natale invece ho avuto il piacere di fare una chiacchierata con una bella famiglia modenese, i Toschi, la cui figlia Laura studia in Canada per tutto l’anno della quarta superiore.
Entrambe le ragazze sono in una fase… interlocutoria della loro carriera agonistica, ma oggi siamo qui per parlare della loro esperienza estera.
La scelta delle meta
Lucrezia mi “accoglie” nella nostra Skype call sola nella sua camera un giorno di inizio autunno: ricordo ancora, era una bella giornata di sole!
Laura invece stava finendo le vacanze natalizie prima di ritornare oltreoceano; in loro compagnia anche il gatto è venuto a curiosare davanti al PC (si sa i gatti ci mettono sempre una zampa).
L’esperienza estera è nata da esigenze diverse.
Volevo fare sia studio che salvamento, ma l’Australia che era la mia meta iniziale non me lo consentiva: il Canada è stata la seconda opzione. Purtroppo a Vancouver salvamento non si fa e quindi faccio soltanto nuoto
dice Lucrezia. Mentre per Laura:
La scelta del Canada è dettata dal fatto che una famiglia di Vancouver conosciuta tramite parenti ci ha proposto uno scambio e noi abbiamo accettato: è stata quindi un’opzione obbligata.
Ma come è la scuola superiore canadese?
Due cose appaiono subito chiare: molto più facile della nostra e soprattutto con un impegno nettamente inferiore come carico di studio al di fuori dell’orario scolastico.
Intanto non esistono divisioni particolari, gli istituti superiori sono tutti simili e la differenza la fanno le materie facoltative che si scelgono.
Un esempio – dice Lucrezia – le scienze noi in Italia dobbiamo farle tutte. Qui puoi scegliere se fare chimica, biologia, fisica, scienze della terra… dipende da te e dai tuoi interessi (NdR: con i suoi pro e contro). L’unica differenza è con gli istituti privati, che fanno più materie, quindi un impegno scolastico maggiore.
L’orario è più lungo, dalle 8 o 9 fino alle 15 ma abbiamo una pausa pranzo e al termine delle lezioni, i compiti sono un ricordo: si fa tutto in classe , perché la lezione della materia dura circa un’ora e mezza e c’è tutti i giorni, quindi alla fine della lezione c’è sempre un’esercitazione.
L’altro aspetto che ha colpito le ragazze è l’ambiente più disponibile. I professori tendono a non forzare sull’aspetto del voto: la filosofia è che ognuno da quello che può.
Ma se c’è bisogno, sono disposti a fermarsi anche dopo l’orario, basta chiedere. E poi l’assenza dell’interrogazione è stata una vera manna. Qui si fanno solo quiz e test, tranne per le materie linguistiche. Ma l’esame finale di fine corso è quello che conta veramente e per quello la data è sicura.
Dice Laura:
C’è un rapporto coi professori molto più amichevole. Si accontentano di quello che puoi dare; mi hanno anche proposto di fare materie alternative alle classiche (fotografia, ad esempio). Io ho rifiutato, perché dovevo seguire le materie del mio anno e l’inglese, però mi è piaciuto che me l’abbiano chiesto.
Sport e scuola
E veniamo al nostro interesse: lo sport e la visione che di questo ha la scuola.
Intanto le ragazze hanno scoperto le gioie dell’allenamento mattutino. Entrambe hanno due sedute alle 5 del mattino, per Laura un vero dramma: sono il sabato e il lunedi! “E ci si allena anche la domenica”!
Però la scuola non solo accetta ma incoraggia i giovani sportivi.
Entrambe le scuole (a South Surrey per Lucrezia, Vancouver città per Laura) hanno squadre di varie discipline – nuoto compreso – e non ci sono studenti che non facciano qualche sport. Per i professori quindi è normale avere ragazzi che debbano frequentare degli allenamenti. Ma anche le assenze per gare non prevedono particolari giustificazioni.
Laura:
Qui se ti assenti non devi dire nulla: in genere se è un assenza lunga avvisi, comunque la scuola chiama a casa quando manchi.
Lucrezia aggiunge:
Tutti fanno sport, o qualche attività al di fuori della scuola. E’ importante avvertire solo se c’è qualche evento importante in classe, altrimenti è tua responsabilità recuperare quello che non hai fatto.
È impossibile che tu non possa andare agli allenamenti perché scuola e attività extrascolastica sono perfettamente complementari e non c’è scusa per cui tu non possa recarti in vasca.
Responsabilizzazione, organizzazione e attenzione
Questo traspare dal loro racconto. E tanto entusiasmo, sia per l’avventura scolastica che sportiva nei due team Swimfaster e Pacific Seawolves, che hanno accolto benissimo le due nuotatrici italiane.
Certo per loro la vita non è stata semplicissima, ma l’entusiasmo ha fatto superare qualche iniziale difficoltà, soprattutto di integrazione. Ma tutto il mondo è paese, e chi meglio di noi lo sa dato che l’Italia è il paese degli emigranti per definizione!
Quale è stata la difficoltà più grossa? Non certo nuotare. E allora?
La patente!!! Qui guidano tutti! E io potrei essere molto più indipendente!
Per Laura invece:
Mi manca qualcuno vicino, una persona conosciuta: mi avrebbe aiutato all’inizio, almeno per la compagnia, perché qui molti fanno gruppo a sé ed è difficile entrarci!
Bisogna faticare, cara Laura, per farsi accettare! Ma si può riuscire: anche questa è una piccola sfida.
E la famiglia?
Naturalmente i genitori delle ragazze sono entusiasti tanto quanto le figlie, e consapevoli di quanto sia utile quest’esperienza non solo per l’apprendimento della lingua inglese, ma anche dal punto di vista sportivo, e propongono questo metodo anche in Italia.
So che non è facile, ma la scuola dovrebbe contattare di più il mondo dello sport, magari proprio le società sportive dei ragazzi per abbinare le due discipline. Anche le società dovrebbero fare la loro parte, magari adattandosi meglio all’orario scolastico.
L’integrazione scuola e sport risulta quindi ancora più fondamentale” dice Maurizio Dalola, il padre di Lucrezia.
E poi sappiamo che esiste in Canada la materia nuoto: se anche qui ci fosse qualcosa di simile, forse la cultura sportiva comincerebbe ad entrare nel mondo scolastico (e ricordiamo qui il discorso della seconda puntata.)
Anche i genitori Toschi sono sulla stessa lunghezza d’onda; in più mamma Cristina aggiunge:
Se i crediti premiano i ragazzi per l’impegno sportivo che gli viene riconosciuto, perché non deve essere riconosciuta l’assenza per le loro attività e tante scuole non recepiscono queste iniziative?
Già, mi chiedo, perché?
E con questo interrogativo, che diverse persone mi hanno posto dopo la seconda puntata, saluto le famiglie italo-canadesi e dalla prossima settimana vi porto ancora più al freddo!
Dove? Restate con noi e lo scoprirete. Solo vi dico la parola d’ordine: no stress!
Si ringraziano Laura Toschi, Lucrezia Dalola e le loro famiglie per la disponibilità.