“Sono come una fenice che risorge dalle ceneri alla quale viene buttata l’acqua addosso!”

La sintetizza così la sua storia Federico Vanelli. Lui che nel fondo ci è cresciuto coronando i suoi più grandi sogni come quello di un Olimpiade, e che nel fondo ci si è ritrovato da un momento all’altro, costretto da un problema cardiaco a dire stop al suo mondo senza possibilità di ritorno.

Chi lo conosce da vicino dice che è l’anima del gruppo, sempre pronto a tirar su il morale ai compagni durante gli allenamenti più difficili. Per tutti gli altri è uno dei più forti fondisti italiani degli ultimi anni: settimo nella 10 km di Rio ai Giochi del 2016, bronzo ai Mondiali di Budapest 2017 nel team event 5 km, oro sempre nella 5 km a squadre mista agli Europei di Hoorn 2016, dove vince anche l’argento individuale nella 5 km.

Un atleta che ama nuotare in mare, ama le distanza lunga, e che come dice lui “sono stato il primo vero nuotatore a passare al fondo per piacere, non perché non andavo avanti in vasca!”.E proprio come un grande amore, da un giorno all’altro la vita di Federico è cambiata, quando il 31 luglio 2019, è arrivato lo stop precauzionale ad ogni attività di allenamento causa cardiomiopatia dilatativa ereditaria, poi confermata qualche mese dopo.

Fede partiamo dalla fine: raccontaci come hai scoperto del tuo problema.

L’ho saputo il 31 luglio, mentre stavo andando a gareggiare allo Stretto di Messina. Avevo fatto una visita il 22 luglio. In realtà qualcosa si era già visto nel 2015 quando, durante le visite per i “Probabili Olimpici” i miei valori si erano avvicinati a quelli del limite ma senza superarli. Per questo sono stato tranquillo per quattro anni… e poi… Stop per tre mesi, la situazione è migliorata ma non abbastanza da poter tornare ad allenarmi. Cardiomiopatia dilatativa ereditaria, la cosa divertente è che nessuno dei miei parenti, nonni e genitori ne ha mai sofferto. Sono il primo!

Da quel giorno è passato un anno e mezzo. Come ti senti adesso?

A un anno e mezzo fa ancora male, ho sofferto di crisi depressive, sono arrivato a chiedermi addirittura se fosse stato meglio non fare quelle visite e poi chissà… Devo ringraziare molto la mia famiglia, la mia fidanzata e i miei amici perché mi sono stati molto vicino e lo fanno tutt’ora. Così come il gruppo delle Fiamme Oro Napoli che nonostante non nuoti più mi sono ancora vicino come se avessi vinto gli ultimi mondiali. Un’altra bella fonte distrazione è stato poi Bucky, cone le sue dosi di felicità quotidiane che solo il tuo cane può darti.

E il nuoto? Pensi di rientrare in questo mondo in qualche modo?

Sì, dovrei iniziare a lavorare in piscina per la Fiamme Oro a Milano, ma ovviamente è ancora tutto in stand by causa Covid.

Bene! Tornando alle tue sventure: prima dello stop, un’altra batosta, la mancata convocazione ai Mondiali del 2019. Come è andata?

Guarda quell’anno è stato tra i più brutti e belli allo stesso tempo. Tutto inizia l’anno prima, nel 2018, quando inizio a soffrire di un’allergia al cloro che mi porta a stare molto male appena entrato nell’ambiente piscina. Per questo decido di allenarmi già a partire da aprile in vasca scoperta, all’Aniene, con la muta e l’acqua a 14 gradi. Ovviamente le condizioni non sono delle migliori e da solo non rendo al meglio. Mi presento alle qualifiche per l’Europeo non al top e resto lontano dai posti che contano. Nonostante la brutta gara mi comunicano che visto il mio passato e il mio valore come atleta mi avrebbero comunque portato a Glasgow. Al ché però scelgo di rinunciare per qualificarmi sul campo.

Una scelta coraggiosa! Ma il tuo calvario non era finito qua vero?

Già. Volevo riprendere al meglio a settembre per puntare al Mondiale. Purtroppo il problema allergico non era scomparso e si ripresentò a inizio novembre. Così dopo aver consultato tra gli altri la medicina dello sport mi convinsi ad operarmi ai turbinati, che scoprii non filtravano più l’aria, facendomi respirare direttamente cloro! Il dottore che mi operò mi parlò di tre settimane per rientrare in acqua, ma io dopo una ero già dentro. Dal 12 febbraio ripresi a nuotare al meglio, cosa non riuscivo a fare tra un motivo e l’altro da quasi un anno. Lavorai duro per diversi mesi, con i primi che furono molto difficili, e piano piano mi accorsi di stare meglio in acqua. Arrivai così alle qualifiche per Gwangju carico come piaceva a me, pronto a distruggere gli avversari. Ero carico a palla!

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E te li sei mangiati quasi tutti no?

Quell’anno Domenico Acerenza era appena passato dalla vasca al fondo. Eravamo in bagarre insieme, io con tre mesi di allenamento non riuscii a stargli davanti. Arrivai comunque secondo (nella 5 km) risultato che mi avrebbe garantito il pass mondiale. E invece no! Non fui convocato, e mi dispiacque molto, anche perché a posteriori sarebbe stato il mio ultimo Mondiale e avrei voluto viverlo da vicino anche con il mio amico e compagni di allenamenti di sempre Mario (Sanzullo).

Negli ultimi anni hai vissuto tante amarezze. Ma prima il fondo ti ha regalato altrettante emozioni: quali sono state le prove e le gare che hai preferito? Acqua fredda o calda?

Ho sempre adorato gareggiare nell’acqua fredda, 14-15 gradi, già 20 mi dava fastidio. L’Olimpiade ovviamente è scontato dirlo, a tre secondi dal podio è un emozione indescrivibile.

Poi sicuramente Hoorn, con con l’oro vinto in Team Event e anche il bronzo da Eurojunior. Anche Kazan 2015, un anno difficile che mi ha regalato la qualifica per i Giochi, un sogno che si realizza da bambino! E poi ovviamente Budapest 2017, con la mista 5 km nella quale abbiamo dimostrato che non serviva Paltrinieri per portare l’Italia sul podio mondiale!

Hai citato Gregorio. Come vedi il movimento del fondo in questo momento?

È sicuramente una delle discipline che più risentono della situazione Covid. In generale comunque proprio grazie alla presenza di Gregorio è un movimento in crescita. E mi dispiace molto non aver mai avuto la fortuna di poter gareggiare contro di lui! L’appeal del nuoto di fondo sta crescendo, soprattutto a livello visivo, è più seguito e la Federazione si sta muovendo per creare maggiore interesse anche tra i non addetti!!

Infine Fede, se potessi tornare indietro solo una volta c’è un momento che vorresti rivivere?

Non un singolo momento ma tutto l’insieme. Vorrei godermi ogni singolo allenamento, ogni singola trasferta, l’esatto momento senza altri pensieri, solo il presente, senza pensare a quello che sarà!

E di tutta questa triste vicenda Federico ci lascia l’insegnamento più bello, quello che mai come in tempi come questi tutti noi, in ogni ambito della vita, fatichiamo a comprendere: godersi l’attimo, quello che si ha. Un insegnamento che ci auguriamo potrà condividere in vasca con i giovani atleti al più presto!

A Federico mancherà il nuoto, ma anche al nuoto mancherà sicuramente una ragazzo come lui! In bocca al lupo!

Foto: Federico Vavnelli | DBM