Quanto manca all’inizio delle gare? Spoiler: tanto.
Ma Fatti di nuoto Weekly non si fa spaventare e inizia oggi la lunga rincorsa al 2025 del nuoto, l’anno post Olimpico che forse ci dirà qualcosa sulla direzione che il nostro sport ha preso.
Nel bene e nel male.
Sparring partner
In attesa che ci vada anche Thomas Ceccon (che nel frattempo ha deliziato i suoi follower con una diretta Instagram “cecconiana”, nel senso più buono e assurdo del termine), in Australia è già sbarcato Alberto Razzetti, e dai social ci arrivano le sue prime immagini accanto a Leon Marchand (e sul surf, quanta invidia).
Il francese campione di tutto lo ha cercato per poter avere un partner di allenamento di alto livello e dalle caratteristiche simili alle sue, qualcosa di più che un semplice sparring partner. Difficile dire se il sodalizio farà bene più all’italiano o al transalpino, ma non sarebbe male se ci dovessero arrivare dei video delle sportellate in allenamento tra i due.
Chi ci crede ancora?
In generale, è tutto il mondo del nuoto che si riassesta per riprendere, come se la vera stagione fosse finita a dicembre e non ad agosto. È finita, ad esempio, la lunga pausa di Gregorio Paltrinieri che, dopo essersi dedicato ai viaggi (come aveva detto dopo Parigi) e a un meritato relax, ha finalmente sciolti i dubbi e deciso di ricominciare a macinare chilometri. Quest’anno saranno 31 per lui, ma se e quando deciderà di scendere in vasca o in mare, stiamo certi che sarà per essere protagonista e non semplice comparsa.
Greg non è il solo della “vecchia guardia” a non mollare: ci riprovano anche Mireia Belmonte Garcia (che punta per ora ai Mondiali di Singapore), Adam Peaty (che sembra aver terminato la pausa post Olimpica) e Caeleb Dressel (su di lui c’è sempre grande curiosità).
E nel frattempo Martinenghi ha definitivamente lasciato Pedoja per iniziare la sua nuova avventura con Giunta, a Verona. Curiosità, per ora, è il termine giusto.
Chi non ci crede più?
Come è normale che sia, nell’anno post Olimpico a mollare sono in tanti. Due nomi altisonanti, però, sono usciti negli ultimi giorni, e per entrambi il dispiacere è altissimo.
Emily Seebohm, elegante dorsista australiana, colonna portante della nazionale aussie fin da Pechino, lascia dopo quattro Olimpiadi e sette medaglie (più 24 Mondiali). Forse in Australia non sentiranno la sua mancanza nei risultati, dopotutto la sua “erede” è Kaylee McKeown, ma se la Nazionale è a quel livello un pò è anche merito suo.
Poi c’è Katinka Hosszú, per la quale ci vorrebbe un discorso a parte, e non queste poche righe. Basti dire che, se il nuoto è come lo conosciamo ora, in buona parte lo dobbiamo a lei. Non mi riferisco solo ai risultati, impressionanti, che ha avuto nei dieci anni abbondanti della sua carriera, ma soprattutto alla sua incredibile attitudine allo sport.
Non sono un amante del soprannome Iron Lady, e credo nemmeno lei visto che le ricorderà un periodo che si è concluso con la dolorosa (ma doverosa) separazione da Shane Tusup; preferisco concentrarmi sulla sua visione del nuoto. È stata la prima a credere nella possibilità di togliere al nuoto quella patina di polvere che per anni lo ha ricoperto, la nomea di un mondo sempre troppo chiuso e uguale a sé stesso, sempre troppo spaventato dal cambiamento.
Si può dire che, con la sua furia agonistica, Hosszú ha portato i nuotatori a credere di più nelle proprie potenzialità, a pensarsi come sportivi di primo livello e non come semplici amatori che si rinchiudono nelle piscine a macinare vasche su vasche. Ha creduto nel professionismo, ed è stata la prima e più convinta fautrice del passaggio a quel tipo di mentalità: forse non ha portato a termine la sua missione ma di sicuro ha dato il via a un cambiamento. In questo senso, più che in quello sportivo, sarebbe un peccato non raccogliere l’eredità.
See you later!
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Foto: Fabio Cetti | Corsia4