Con i Campionati Italiani Assoluti svolti pochi giorni fa in quel di Riccione è avvenuto il lancio ufficiale di questa stagione olimpica. Una stagione caratterizzata da un calendario agonistico affollato come mai prima, che vede in calendario un Campionato Mondiale in vasca lunga – Doha, 11/18 febbraio 2024 per il nuoto – a meno di sei mesi dall’appuntamento dell’Olimpiade di Parigi, edizione che si disputerà per la prima volta nella storia a soli tre anni dalla precedente.

I risultati di questo campionato sono da giorni disponibili a tutti, così come i nomi degli atleti che hanno già ottenuto la qualificazione. Perciò risulterebbe piuttosto sommario e semplicistico soffermarsi sui tempi ottenuti, sull’affermare che il nuoto italiano, specialmente al maschile, gode di ottima salute.

Sarebbe altresì banale dire che il protagonista di queste gare è stato Alberto Razzetti, ma solo se ci limitiamo ad affermare dei due pass olimpici con relativi record italiani e tempi da élite mondiale nelle rispettive distanze dei misti.

In realtà questo atleta ci fornisce il chiaro esempio di come il nuoto italiano si conferma sempre più in chiave moderna anche in quelle discipline più estensive. Infatti, molte volte parlando di nuoto moderno, dal punto di vista di metodologie dell’allenamento, la naturale tendenza è di andare a stringere la lente d’ingrandimento sulle distanze di gara più veloci per il fatto che il gran miglioramento nelle discipline dei 50 e 100 metri è dovuto a un cambio molto più radicale di metodologia e cultura del lavoro.

In altre parole, nelle discipline più veloci molti contenuti dell’allenamento sono stati totalmente sostituiti ed alcuni addirittura eliminati. Diverso il discorso in gare come 200 e 400 specialmente nei misti che rappresentano le discipline più difficili del nuoto. Non tanto per la fatica che l’atleta deve fare, in quel caso è bene chiarire che qualsiasi allenamento di alto livello per qualsiasi distanza è faticoso; ma soprattutto per la difficoltà nella programmazione dell’allenamento, con l’obiettivo di proporre un programma non da nuotare fine a sé stesso, ma che faccia veramente migliorare il nuotatore in gara.

Prestazioni come quelle di Razzetti che abbiamo avuto modo di ammirare tutti nei giorni scorsi rappresentano un esempio concreto di come vengono adottati schemi di lavoro veramente moderni: una gara più estensiva presuppone chiaramente un volume di lavoro adeguato, e per questo motivo il rischio è sempre quello di eccedere in esercitazioni inutili ai fini della prestazione, soprattutto quando si parla di migliorare i tempi attuali.

Fino a qualche anno fa era più facile migliorare in queste gare dal momento che i classici schemi basati su un “volume medio adeguato” prettamente aerobico a bassa intensità riuscivano ancora a trovare spazio per riempire dei margini di miglioramento decisamente maggiori. Allora il mistista veniva normalmente inquadrato come un mezzofondista tant’è che faceva un grande allenamento condizionale a stile libero, magari alternando ogni tanto anche delle ripetizioni nei misti, ma sempre e solo nelle serie aerobiche, che caratterizzavano periodi di lavoro piuttosto lunghi. Non è raro che molti mististi dell’epoca si sono ritrovati estremamente competitivi proprio sui 1500.

Fermo restando l’importanza del lavoro aerobico, la vera componente mancante era proprio la costruzione della gara ottimale. Nella pratica accadeva che si andava a svolgere un grosso lavoro aerobico a stile libero con una virata sui misti l’ultimo mese prima della gara obiettivo con i classici lavori frazionati, che però non vanno a costruire la vera gara, finalizzano solo il lavoro precedente. Per questo motivo il risultato finale era di una gara svolta sempre in progressione, che iniziava solo nella seconda parte, nel caso dei misti con la frazione a rana.

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Adesso il concetto è cambiato in questo senso: l’obiettivo è svolgere la gara come quattro frazioni separate, solo nel senso che ogni stile ha la sua peculiarità, ma più forti possibile.

Se analizziamo i parziali di Razzetti del 4’09”29 nei 400 misti e lo mettiamo a confronto con il 4’13”15 di Alessio Boggiatto nel 2001 (allora terzo tempo mondiale di sempre!) notiamo che la grande differenza è tutto nella prima parte di gara, ovvero a delfino e dorso. Stesso discorso se confrontiamo nei 200 misti la prestazione da 1’56”21 contro la vittoria olimpica di Massimiliano Rosolino del 2000 (1’58”98 che rappresentava la seconda prestazione mai nuotata allora).

Ora viene naturale dire che Razzetti non abbia come stili migliori la rana e lo stile libero. Niente di più sbagliato, il salto di qualità è proprio nell’essere riuscito a nuotare le stesse frazioni nella seconda parte di gara sulla base di uno sforzo decisamente più intenso della prima metà. A questo punto occorre tornare al programma di allenamento volto a costruire una gara di questo tipo: se voglio essere più forte in tutte le frazioni, a cominciare dal delfino, allora andrà finalizzato un lavoro diverso, che rappresenta il vero mattone aggiuntivo dell’allenamento moderno, anche in distanze di gara estensive.

A titolo di esempio voglio mostrare alcuni lavori orientati nel campo della potenza aerobica, proprio svolti da Razzetti pubblicati su un libro uscito l’anno scorso. La serie consiste in 10×100 con ripartenza ogni 2 minuti (4 delfino – 3 dorso – 2 rana – 1 stile libero). La stessa serie viene ripetuta una seconda volta dopo un breve blocco di recupero attivo. È bene precisare che l’intento non è di fornire alcuna ricetta, ma di spiegare meglio i concetti appena espressi.

Il vero punto chiave da notare in questa serie è il recupero piuttosto largo, variabile che una volta non veniva tanto considerata specie nella preparazione di queste gare, ma che è fondamentale per permettere di nuotare a intensità elevate e concentrarsi sugli aspetti biomeccanici, le fasi di virata e subacquea in particolar modo. Del resto, è proprio ciò che abbiamo potuto apprezzare nelle gare di Alberto Razzetti. Lo stesso lavoro viene anche proposto volte con un impegno ancora più lattacido, chiaramente fermandosi a una serie sola anziché due e cambiando anche la percentuale dei vari stili.

Infine, il vero concetto importante che caratterizza questo tipo di allenamento, riguarda la sua collocazione temporale: lavori di questo tipo, vengono proposti nella parte più importante della preparazione, ovvero quella centrale, che per un’atleta di alto livello occupa la percentuale maggiore. Il lavoro aerobico rimane sempre fondamentale, viene sempre svolto, ma è solo un prerequisito di allenamento, non rappresenta un vero requisito di gara, e per tale motivo deve avere sempre il suo spazio, ma con una giusta percentuale e una collocazione corretta nel tempo.

Per concludere, nel caso di Razzetti possiamo affermare di aver visto questo concetto delle quattro frazioni più veloci possibili maggiormente enfatizzato nella prova dei 200 misti, dove si è anche visto il suo gran miglioramento nella frazione a dorso, suo stile più debole. Sicuramente nella doppia distanza il margine è ancora più ampio.

Non ci resta che lasciar proseguire il corso dell’allenamento per poi poterne ammirare e apprezzare gli effetti nei mesi a seguire. Questa deve essere la vera essenza della prestazione agonistica, perché l’allenamento è si un’arte, ma che si basa su dei presupposti tecnico-scientifici ben precisi.

Foto: Fabio Cetti | Corsia4