Il nuoto, come tutti gli altri sport di prestazione, necessita fortemente di porre l’atleta nella condizione di esprimere il suo massimo potenziale in un periodo temporale ben determinato.

Questo aspetto è imprescindibile sia per la caratteristica intrinseca di questo sport in senso stretto, ma anche in senso lato. Infatti, più il livello competitivo è alto maggiore è l’esigenza di presentarsi alla competizione obiettivo con delle certezze tangibili, non solo in termini di forma fisica, ma anche di potenziale prestazione cronometrica.

Pertanto, gli obiettivi più importanti per un allenatore e un atleta si possono riassumere in:

  1. Migliorare le capacità fisiche, tecniche e psicologiche dell’atleta per raggiungere i massimi livelli di prestazione possibili;
  2. Sviluppare un programma di allenamento controllato con precisione per assicurare che la prestazione massima sia raggiunta al momento giusto della stagione.

Per perseguire queste finalità è necessario impostare un percorso di allenamento ben preciso, fatto di una fase di carichi di lavoro che crescono in modo controllato fino al massimo possibile. Senza questi presupposti non partirà mai il vero processo di allenamento, quindi la vera costruzione del miglioramento prestativo. Ma risulterebbe vano e inutile tutto questo lavoro se lo stesso non fosse finalizzato all’utilizzo con la fase di scarico, in inglese nota come Tapering.

Soffermandoci anche solo sull’aspetto linguistico, la sua traduzione naturale significa “affusolamento”, termine che ci rimanda appunto a una riduzione graduale (quindi ben sotto controllo) dei carichi di lavoro, intesi in tutte le loro variabili quali volume, intensità e soprattutto densità. Mentre sulla fase di carico gli aspetti relativi ai diversi tipi di adattamenti (metabolici e non) sono abbastanza noti, da sempre la fase di finalizzazione successiva, ovvero il Tapering, nasconde diversi arcani ancora poco chiari un po’ a tutti. Infatti, la linea di demarcazione che separa il beneficio del tapering dall’effetto negativo del disallineamento non è mai stata chiaramente stabilita.

C’è chi sostiene da sempre che sia una fase molto soggettiva per i vari atleti, nel senso che non si basa su evidenze scientifiche, ma sull’esperienza da campo dell’allenatore.

Di sicuro la variabile che più di tutte rende soggettivo il tapering a seconda delle caratteristiche dell’atleta è la durata temporale dello stesso. A tal proposito voglio condividere con voi uno studio effettato dallo spagnolo Inigo Mujika, probabilmente il ricercatore di livello mondiale più attivo in materia. È possibile trovare l’articolo originale al seguente LINK. Questo lavoro ha studiato l’effetto dell’allenamento sulle prestazioni e valutato la risposta al tapering nei nuotatori d’élite.

Sono state analizzate le prestazioni di ben 18 nuotatori differenti utilizzando un modello matematico che collega l’allenamento con le prestazioni stimando le influenze negative e positive dell’allenamento stesso.

Secondo questo modello, il livello di prestazione di un atleta in qualsiasi momento del processo di allenamento può essere stimato dalla differenza tra una funzione negativa (fatica) e una funzione positiva (stato di forma o “fitness”). Lo stimolo dell’allenamento è quantificato non solo dal volume dell’allenamento, ma anche dalla sua intensità. Questo modello è stato validato come metodo per quantificare lo stimolo di allenamento che produce una risposta fisiologica al processo di allenamento nell’organismo. L’influenza negativa dell’allenamento sulla performance (indicatore di fatica) e l’influenza positiva dell’allenamento sulla performance (indicatore di fitness) sono state denominate rispettivamente NI e PI.

L’applicazione del modello matematico sopra descritto richiede un controllo preciso dell’allenamento, al fine di quantificare lo stimolo allenante prodotto sia dal volume che dall’intensità dell’allenamento. Il carico di lavoro settimanale complessivo è stato determinato come segue:

  • Allenamenti in acqua: ad inizio stagione è stato eseguito un test incrementale dove è stata determinata una cinetica di accumulo di lattato ematico. Durante la prova, ogni nuotatore ha eseguito 200 m di nuoto ad una percentuale progressivamente crescente, fino ad esaurimento (mancato rispetto dell’andatura richiesta). Gli allenamenti per tutta la stagione sono stati cronometrati individualmente e ogni esercizio è stato classificato in base ai livelli di intensità stimati nel test precedente. Il test del lattato nel sangue è stato ripetuto più volte durante la stagione e l’intensità dell’allenamento è stata regolata poiché la risposta del lattato del nuotatore è stata modificata con l’allenamento. Alla distanza nuotata ad ogni intensità di allenamento è stato associato un coefficiente di indice di stress in modo da pesare il diverso stress fisiologico prodotto da ciascuna intensità. Pertanto, le concentrazioni di lattato nel sangue mirate durante i diversi set di allenamento sono state scelte come coefficienti di ponderazione per l’intensità dell’allenamento.
  • Allenamenti a secco: per quantificare lo stimolo di tali sessioni di allenamento, sono state stimate valutazioni di intensità equivalenti per i diversi tipi di esercizio proposti. Poiché gli indicatori fisiologici dell’intensità dell’allenamento non erano stimabili come per il lavoro in acqua, ciò è stato fatto sulla base di interviste e discussioni con gli allenatori e gli atleti. Su questa base, si è ritenuto che una sessione di 1 ora equivalesse a 2 km di nuoto. Metà di una sessione media era composta da esercizi di riscaldamento e stretching a bassa intensità (equivalente a 1 km all’intensità più bassa), il 25% della sessione era composto da esercizi di forza sub massimale (equivalente a 0,5 km all’intensità intermedia) e 25 % di esercizio di forza massima (equivalente a 0,5 km all’intensità più alta).

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Le variazioni settimanali del carico di allenamento totale per l’intero gruppo di nuotatori sono mostrate nella figura seguente:

 

Gli indicatori della fatica e dello stato di forma sono stati calcolati da un modello matematico ricavato anche da altri studi precedenti. Tale modello è costituito da vere e proprie equazioni matematiche che descrivono delle curve di influenza. Queste curve non fanno altro che determinare il programma di allenamento che darebbe le migliori prestazioni in un tempo target.

L’influenza di uno stimolo di allenamento imposto al giorno “i” sulla prestazione al giorno “n” è calcolata dalla seguente equazione:

Un valore negativo di I(i/n) indica un’influenza negativa dell’allenamento (NI) sulle prestazioni, mentre un valore positivo indica un’influenza positiva (PI). Il profilo dell’influenza negativa sull’intera stagione di allenamento di 44 settimane è stato determinato calcolando la somma di questa influenza negativa, NIn, come segue:

Poiché la prestazione stimata al giorno n, ˆpn, è uguale alla differenza tra l’influenza positiva e quella negativa dell’allenamento, la somma dell’influenza positiva, PIn, è calcolata come:

NI si riferisce alla parte negativa iniziale della differenza fitness-fatica delle curve di influenza precedentemente menzionate. PI si riferisce alla parte positiva della curva dopo un punto di incrocio quando la fatica in decadimento diventa per la prima volta più piccola della forma fisica in decadimento dopo un singolo allenamento. Infatti, NI è il contributo negativo allo svolgimento dell’allenamento svolto fino a “n” giorni prima della gara. PI, invece, è il contributo positivo allo svolgimento dell’allenamento svolto prima degli stessi “n” giorni precedenti la gara.

Nel tentativo di ottimizzare le prestazioni dei nuotatori durante le tre gare principali della stagione, svoltesi nelle settimane 14, 29 e 44, queste sono state precedute da periodi di tapering, che consisteva in una progressiva riduzione della quantità di allenamento. I tre periodi di tapering sono durati rispettivamente 3, 4 e 6 settimane. Per valutare la risposta dei nuotatori ai diversi periodi di tapering, sono state studiate in modo specifico le variazioni nella quantità di allenamento e le conseguenti variazioni nelle prestazioni, nonché i modelli NI e PI.

I risultati dell’applicazione del modello matematico per uno dei nuotatori possono essere osservati nella figura seguente, dove A mostra la qualità dell’adattamento della prestazione, B mostra i profili NI e PI e C mostra l’evoluzione settimanale dello stimolo di allenamento.

La quantità di allenamento è stata significativamente ridotta durante tutti e tre i tapering, rispetto ai valori di allenamento pre-tapering. I primi due tapering hanno comportato miglioramenti significativi nelle prestazioni: 2,90 ± 1,50% (N = 17, P <0,01) e 3,20 ± 1,70% (N = 15, P < 0,01), rispettivamente (vedi figura C successiva). NI è aumentato significativamente dall’inizio della stagione all’inizio del primo tapering.

La significatività statistica dell’adattamento della performance conferma che il modello matematico utilizzato nel presente studio è un metodo prezioso per descrivere la relazione tra allenamento e performance.

Diversi studi hanno dimostrato la coerenza del modello come metodo per descrivere le risposte biologiche all’allenamento. In effetti, è stato dimostrato che le variazioni degli enzimi sierici, gli adattamenti ormonali e altri parametri metabolici sono correlati in modo significativo con gli indicatori modellati di fatica e fitness ottenuti.

Lo studio delle curve individuali che riflettono la fatica e la forma fisica potrebbe quindi fornire informazioni preziose per la comprensione delle risposte individuali all’allenamento e per sviluppare profili di adattamento individuale. Infatti, NI intende sintetizzare tutte le variabili fisiche che contribuiscono alla fatica a breve e lungo termine, e che influiscono negativamente sulle prestazioni. D’altra parte, le variabili che contribuiscono a migliorare le prestazioni sono sintetizzate nella funzione PI.

Il tapering intende massimizzare le prestazioni sportive riducendo la quantità di allenamento prima della competizione. La durata del tapering dovrebbe essere sufficientemente lunga da ridurre al minimo gli effetti stressanti dell’allenamento, evitando al contempo la caduta nel disallenamento. In altre parole, il tapering deve consentire l’eliminazione della fatica senza compromettere la forma fisica. Il periodo di tempo critico per il recupero dagli effetti faticosi dell’allenamento può essere determinato dai parametri del modello. La struttura del modello porta a considerare che solo l’allenamento svolto prima di “n” giorni prima della competizione ha un effetto positivo sulle prestazioni al momento della competizione, mentre l’allenamento svolto entro “n” giorni prima della competizione contribuisce più all’affaticamento che alla forma fisica. tn (vedi curva Performance vs Time) sarebbe quindi il periodo ottimale di cessazione totale dell’allenamento prima della competizione.

I miglioramenti nelle prestazioni durante il tapering potrebbero essere correlati a processi di recupero potenziati in risposta alle riduzioni dell’allenamento. In conclusione, il modello matematico utilizzato in questo studio ha permesso di mettere in relazione l’allenamento del nuoto con la performance. Le stime dei profili individuali delle influenze negative e positive dell’allenamento sulle prestazioni potrebbero essere utili per studiare le reazioni fisiologiche specifiche dei nuotatori a un particolare stimolo di allenamento. Solo in questo modo la metodologia dell’allenamento conserva la speranza di un’evoluzione continua.

Foto: Fabio Cetti | Corsia4