Le ultime fasi storiche che hanno caratterizzato il nuoto agonistico hanno permesso di mettere ancora più in luce la sua vera essenza e unicità che lo caratterizzano e lo distinguono da tutti gli altri sport e di focalizzare l’attenzione su l’unico vero obiettivo: nuotare per andare sempre più veloce e, se possibile, per vincere!

Sembrerà scontato e banale, ma vince la gara chi tocca per primo, quindi chi nuota più velocemente possibile, non chi nuota più a lungo o più metri. E tutto ciò pone nuovamente degli interrogativi sulle nuove frontiere dell’allenamento del nuoto.

Come nella puntata precedente, voglio sempre fare riferimento a un articolo di Brent Rushall sulla rivista “Swimming Science Bullettin” relativo all’anno 2009. Le sue considerazioni sono un invito a basarsi sul principio dell’evidenza, lasciando per un attimo da parte le opinioni comuni.

Ed è proprio sull’evidenza che ho piacere di fare una rapida digressione filosofica. Veniva intesa nel pensiero antico come una caratteristica specifica della scienza in opposizione all’opinione. Il termine «evidenza» indica chiarezza, vividezza e nella sua accezione più specificamente filosofica rimanda al modo di presentarsi di ciò che è in maniera tale da escludere ogni equivocità ed errore, e affermarsi di conseguenza come criterio di verità e certezza. Infine Cartesio nella sua opera “Il discorso sul metodo” afferma che la regola dell’evidenza prevede l’accettazione solo di ciò che è possibile intuire con chiarezza e distinzione, senza confusione, e che quindi può essere attendibile come verità; con questa regola condanna i giudizi affrettati tipici dell’umanità e il principio di autorità.

In base a questo principio l’imperativo di Rushall è sempre lo stesso: le basi scientifiche dell’allenamento sportivo devono cambiare la loro enfasi!

Per numerosi decenni la fisiologia ha posto maggiormente l’accento sulle funzioni del corpo umano, tradotte nei noti metabolismi energetici. A partire da queste basi sono stati teorizzati due grossi aspetti:

  • Lo sviluppo e l’incremento dei metabolismi stessi mediante intensità specifiche e tempi di lavoro prescritti, per proseguire nella loro misura e stima tramite indici diretti o indiretti quali frequenza cardiaca e lattato ematico per sfociare infine in una varietà di serie di test per la valutazione e il controllo. Dal punto di vista strettamente metodologico sono state definite complesse aree di allenamento e addirittura codificate con etichette, sigle, colori e così via.
  • Sulle teorie del punto precedente sono state a loro volta formulate le teorie della periodizzazione e programmazione dell’allenamento in modo da poter ottimizzare in qualche modo l’improvement dei meccanismi fisiologici stessi. La stesura pratica di ogni seduta di allenamento è stata per anni (e lo è ancora oggigiorno) dominata da pensieri e considerazioni su quanto lavoro aerobico piuttosto che anaerobico è necessario effettuare.

Quindi ciò che tutte le teorie hanno enfatizzato finora non è altro che la sola fisiologia dell’esercizio fisico. È stata inquadrata quasi come l’unico fattore scientifico veramente coinvolto nel movimento a discapito di tutti gli altri, anche in movimenti molto complessi come quelli caratterizzanti il nuoto.

Questi schemi sono stati applicati un po’ a tutti i livelli agonistici, dall’attività giovanile agli atleti olimpici. A questo punto è bene arrivare alla vera contestazione fatta da Rushall: non vengono messe in dubbio le teorie, ma è contestabile la mancanza della loro evidenza e di dati oggettivi all’interno delle prestazioni specifiche.

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In altri termini la fisiologia del corpo umano è sufficiente a spiegare adattamenti a livello generale del fisico.

Tutti i concetti espressi da tali teorie permettono di spiegare come tramite la somministrazione di stimoli ripetuti e un successivo processo di adattamento un individuo possa passare da uno stato di fisico “non allenato” a uno stato “allenato”.

Ma si tratta sempre di adattamenti generali, quindi relativi solo a quelle capacità fisiologiche che hanno livelli di adattamento limitate nel tempo, non più incrementabili da un certo punto in poi. Adattamenti generali quanto individuali: anche in questi termini l’adattamento prodotto da un allenamento con una certa intensità prestabilita a tavolino è differente per ogni atleta.

Alla fine ci riconduciamo proprio alla teoria generale dell’allenamento sulle due modalità di definire un carico di lavoro: carico esterno e carico interno. In sintesi il set di lavoro che viene definito sulla carta e gli effetti che questo genera sull’atleta: l’evidenza sul tipo di lavoro effettuato è solo data dal carico interno. Per allenare non solo il fisico, ma per metterlo in condizione di migliorare effettivamente quella prestazione, anche il carico interno non è un indice sufficiente per predire il miglioramento della performance, al massimo è solo un buon certificato della forma fisica.

Dalla fisiologia del corpo umano alla fisiologia della prestazione: questo è il vero problema, proprio perché è risultato sempre più evidente negli ultimi anni come le caratteristiche della performance altamente specifiche come quella natatoria sono in contraddizione con le previsioni fatte dai modelli fisiologici più ad ampio spettro basati solo su teorie, formulate anche sulla base di prove sperimentali, ma troppo generiche.

Proprio in virtù di tali contraddizioni emerse sono fondamentali nuovi approcci, nuovi modi di interpretare l’allenamento del nuoto. Quando si parla di performance agonistica, sempre parlando di adattamento altri studiosi lo hanno definito un nuovo modo in cui va inteso: il vero processo di adattamento va considerato tale se attua un trasferimento positivo sulla performance agonistica.

Il messaggio preciso che Rushall intende mandare è il seguente: solo con programmi di allenamento strutturati secondo schemi che incorporano principi derivanti dalla psicologia, dalla biomeccanica, e infine dalla fisiologia, con una linea di confine sempre più sottile potranno stimolare il miglior adattamento possibile per uno sport come il nuoto.

Al contrario considerando solo una macro area generica come la fisiologia generale si possono avere effetti, che possono diventare dannosi anche a lungo termine, con il rischio di compromettere una carriera. In conclusione, i veri cambiamenti necessari, per tutti, ma specialmente per nuotatori fortemente evoluti ed adattati sono i seguenti:

  1. Programma di allenamento individualizzato
  2. Rimuovere prima di tutto i contenuti irrilevanti e dannosi
  3. Enfatizzare il lavoro volto a privilegiare l’economia della nuotata, l’efficacia e il miglioramento degli skill mentali
  4. La periodizzazione è solo un modello valido per il condizionamento fisico
  5. Aumentare la quantità di lavoro da effettuare a velocità di gara

Infine l’ultima considerazione che mi viene da fare riguarda proprio la distanza del nuoto italiano da queste innovazioni, prima mentali, che squisitamente tecniche.

Partiamo dall’aspetto tecnico-metodologico: tale distanza sembra aumentata. Il discorso legato alla fisiologia tradizionale che abbiamo illustrato all’inizio è noto in Italia sin dalla fine degli anni 80. Più precisamente nel 1989 la FIN pubblicò le prime codifiche, e se andiamo  a vedere la situazione dei paesi stranieri in quel decennio (1989 – 1999), anche le loro metodologie erano in grossa parte appoggiate a questi principi.

A oggi da ciò che vedo nelle nostre programmazioni l’allenamento alla gara specifica occupa ancora una percentuale troppo bassa, e da come viene formulato rappresenta solo una rifinitura e non una base vera e propria, perché non genera un adattamento. Adattamento che in questi casi si ha con degli schemi legati alla fisiologia tradizionale: come risultato si ha anche un raggiungimento di una buona forma fisica, magari un miglioramento dei tempi nuotati nelle serie di allenamento, e un innalzamento di certi parametri metabolici; ma sono tutti fattori che non corrispondono quasi mai al miglioramento reale della prestazione agonistica. Un inutile massacro!

(Foto copertina: Arena Water Instict)

Riferimenti

Rushall B. THE FUTURE OF SWIMMING: “MYTHS AND SCIENCE”;

An invited presentation on September 12, 2009 at the ASCA World Clinic 2009 held in Fort Lauderdale, Florida.

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