Sempre nel caso in cui le femmine si allenano in maniera differente rispetto ai maschi: nella prima puntata di questa serie è stata analizzata la differenza per quanto riguarda la fisiologia dell’esercizio. L’ipotesi che è emersa da questa discussione è da ricercare nel fatto che i soggetti femminili possono mostrare una maggiore resistenza alla fatica. Nonostante sia un’ipotesi difficile da dimostrare a causa della miriade di variabili legate all’allenamento, vale la pena prenderla in considerazione per valutare al meglio gli adattamenti individuali.
Nella seconda puntata, invece, sempre per quanto riguarda la differenza tra maschi e femmine nell’allenamento, abbiamo analizzato meglio le differenze tra giovani e adolescenti.
In questa puntata ci occuperemo di più aree, ma sempre focalizzati sullo stress.
Il folklore può far pensare che le femmine siano più stressate dei maschi (“regine del dramma”), ma si possono trovare diversi esempi sia di stress elevato che di stress più modesto in atleti di entrambi i generi. In verità, molte differenze si trovano nell’arte del coaching più della scienza.
Si consideri questo estratto con l’allenatore Anson Dorrance della squadra di calcio femminile del North Carolina, uno dei maggiori programmi di successo in tutti gli sport universitari…
Intervistatore: Potresti fornirci un’analisi più approfondita sulle ovvie differenze che si vedono nell’allenare maschi e femmine?
Coach Dorrance
Beh, si andrebbe avanti a parlare all’infinito perché ce ne sono talmente tanti che sarebbe difficile per me raccontarli tutti. Fondamentalmente sono motivati in modo diverso. Non puoi guidare le donne con l’intensità della tua personalità. Una parte importante della motivazione maschile è basata sul fatto che l’allenatore urli durante il gioco per farlo rendere al massimo è questo lo farà andare più forte. E molte volte, ovviamente sempre per i maschi, la maggior parte delle volte iniziano a giocare al meglio proprio perché sono irritati per le continue critiche. E ciò alimenta la tua adrenalina…
Il che risulta totalmente inefficace con le donne. Ciò che accade quando hai a che fare con una donna, a meno che tu non abbia un modo efficace di relazionarti con lei, ciò che accade è che rischi di rovinare la sua fiducia. Questa è quindi una modalità di lavoro del tutto inefficace quando devi guidare atlete donne. E so che nella psicologia sportiva si usa spesso credere che il modo di motivare sia uguale per tutti. Ma sono qui a testimoniare che non lo è (Silva 2011).
Questo estratto è solo una minima parte della risposta completa di Coach Dorrance, ma dà l’idea che le differenze sono spesso più arte che scienza. Per quanto riguarda quest’ultima, probabilmente non esistono sufficienti evidenze che supportino un allenamento specifico per le femmine, ma ci sono ampie prove sulle differenze di genere per perfezionare i nostri modelli esplicativi e comprendere le sfumature dell’adattamento individuale dell’atleta.
Un’area in cui maschi e femmine differiscono profondamente è nel sistema endocrino. Abbiamo discusso come gli estrogeni e il testosterone influenzano lo sviluppo dell’adolescente nella fase precedente. Un’altra via attraverso la quale gli ormoni influenzano la prestazione è la risposta allo stress del corpo.
C’è una differenza in come le femmine ed i maschi reagiscono a diversi stress, sia fisici che mentali? Ancora una volta, ciò non si può in qualche modo dimostrare con certezza a causa della grande varietà di approcci all’allenamento e risposte individuali allo stesso, ma alcuni modelli comuni emergono.
I livelli di cortisolo sono dei marker comuni per quanto riguarda lo stress. Mentre il test sul cortisolo richiede un laboratorio, è possibile osservare segni e sintomi potenziali del suo innalzamento tramite osservazione. Nell’atletica, siamo maggiormente interessati al carico di lavoro, ma lo stress scolastico, lo stress sociale e la scarsa nutrizione (tra l’altro) possono anch’essi portare un innalzamento del cortisolo. Con le femmine, l’amenorrea è legata anche ai valori del cortisolo (Ding 1988).
Dal momento che stiamo parlando di ormoni, non possiamo ignorare l’aspetto contraccettivo. Sì, è un’area al limite per molti allenatori maschi con le loro atlete femmine. Ma è abbastanza importante da essere studiato ripetutamente in letteratura (Vaiksaar 2011, Reichichi 2008) e abbastanza recentemente tra i nuotatori. Reichichi (2012) ha studiato nuotatrici di alto livello e ha evidenziato che un ciclo contraccettivo monofasico non ha compromesso le prestazioni di nuoto sui 200m, anche se può influenzare i valori del lattato ematico a causa dell’aumento della ritenzione di liquidi, del volume plasmatico e dell’alcalosi cellulare.
Per quanto riguarda le differenze nell’allenamento fisico, diversi studi esaminano i livelli di cortisolo nei nuotatori e negli altri atleti degli sport di resistenza. Tsai (1991) ha studiato atleti d’élite sia maschili che femminili degli sport di resistenza durante una stagione agonistica completa. Gli atleti sono stati testati in tre fasi differenti della stagione. Le donne hanno iniziato le loro stagioni agonistiche con livelli più alti di cortisolo e questi sono aumentati notevolmente durante la stagione rispetto agli uomini.
Tuttavia, dopo un aumento del carico nell’arco di tre giorni, O’Connor (1991) non ha osservato differenze nelle risposte psicologiche o fisiologiche tra maschi e femmine. Anche se i livelli di cortisolo sono un segno di stress, non sono necessariamente un indicatore in tempo reale delle prestazioni. Infatti, a breve termine, il cortisolo elevato può riflettere l’esatta risposta che stiamo cercando come parte di una risposta nervosa simpatica al picco prestativo. Si tratta di una maggiore preoccupazione quando tali livelli sono elevati in maniera cronica.
Nello studio di O’Connor diciotto femmine e ventidue maschi nuotatori universitari hanno aumentato il volume di allenamento giornaliero da 6.800m a 11.200m per le femmine e da 8.800m a 12.950m per i maschi. La frequenza di bracciata, lo sforzo percepito, la stanchezza e il dolore muscolare sono aumentati. Chiaramente questo era un effort ben preciso per tutti, ma a breve termine la risposta allo stress era la stessa per entrambi i sessi.
I risultati possono cambiare se si passa da attività acquatiche a terrestri. Chatard (2002) ha studiato un gruppo misto di nuotatori durante un periodo di 37 settimane. Il cortisolo aumenta con l’aumento del volume di lavoro e con il progredire della stagione. Gli atleti hanno completato sessantotto gare durante questo periodo di tempo. Sebbene non si è osservato alcun legame tra cortisolo e performance, il cortisolo è stato un indicatore affidabile dello stress tra le femmine per quanto riguarda il lavoro a secco.
“Lavoro a secco” è una parola ad ampio spettro e può significare tutto, dal facile allungamento al sollevamento intenso. Tuttavia, dato i frequenti problemi di densità ossea delle nuotatrici, il lavoro a secco potrebbe risultare più stressante, specialmente a livelli di élite dove gli atleti hanno trascorso gran parte del loro tempo immersi in acqua fino a 4-5 ore al giorno. Questa è solo una speculazione da parte mia, ma è una spiegazione possibile.
Un’altra spiegazione potrebbe essere la dinamica del calore corporeo dell’esercitazione a secco rispetto al lavoro in acqua. Filaire (1996) ha condotto uno studio solo sulle femmine, ma ha confrontato nuotatrici con le giocatrici di pallamano. Nel caso della pallamano vi erano livelli più alti di cortisolo, con una teoria basata sul fatto che l’acqua fornisce un raffreddamento naturale per le nuotatrici.
Allenamenti e gare possono anche indurre lo stress emotivo. In uno studio abbastanza lungo, Raglin (1991) ha seguito 84 nuotatrici femmine e 102 nuotatori maschi durante un periodo di quattro anni per esaminare lo stress psicologico. Sono state effettuate delle valutazioni riguardo a: depressione, rabbia, vigore, stanchezza e confusione correlati alle alterazioni del volume di allenamento per entrambi i sessi. La tensione era più elevata nelle femmine e non si è ridotta con il volume di allenamento.
Kivlighan (2005) ha studiato atleti universitari maschi e femmine al vogatore e ha osservato che i livelli di cortisolo sono aumentati in preparazione alla competizione. I livelli sono rimasti elevati nella fase pre-gara e quaranta minuti dopo la competizione. Il campione di atleti studiati comprendeva sia esperti che debuttanti in entrambi i generi, con le uniche differenze significative osservate nelle femmine debuttanti.
Conclusione
Da ricordare che non tutto lo stress è deleterio, finché riusciamo ad avere opportunità di adattamento.
Probabilmente non esistono evidenze sufficienti per creare paradigmi di allenamento ben definiti sia per i maschi che per le femmine, ma la conoscenza della fisiologia e dei resoconti riportati per ciascun genere possono aiutare a individuare le caratteristiche dell’atleta, sia femminile che maschile.
(Foto copertina: Fabio Cetti | Corsia4)