Una frase attribuita a James Counsilman, l’allenatore di Mark Spitz, ma riconducibile a molti altri prima e dopo di lui dice più o meno così: “Il migliore atleta è quello orfano”.

Si tratta naturalmente di una provocazione dai toni forti e poco moderni, pronunciata da un tecnico che, negli anni ’70, faceva molto meno caso ad aspetti che invece, fortunatamente, riguardano il quotidiano dei giorni nostri.

Il ruolo del genitore di uno sportivo è cambiato nel corso degli anni, così come sono cambiate la cultura e la conoscenza dello sport. Quello che una volta poteva sembrare un fastidioso intruso nel rapporto tra atleta ed allenatore, oggigiorno è sempre più spesso un ausilio fondamentale per l’atleta di tutti i livelli, anche altissimi.

I casi sono molto noti: per esempio la mamma di Michael Phelps, che ha cresciuto i suoi figli da sola, è stata fondamentale per il figlio, sia nelle scelte di vita che nel supporto alle scelte stesse, prodigandosi per organizzare e sostenere in tutto l’atleta che aveva in casa.

Ci sono esempi di ciò anche dalle nostre parti, da Federica Pellegrini che ha uno splendido e fruttuoso rapporto con i suoi genitori, a Thomas Ceccon, che è seguito nell’organizzazione della vita quotidiana a Verona dalla mamma.

Ma quali sono le sfere di competenza del un genitore di un atleta? Fino a che punto è giusto spingersi e dove bisogna invece lasciare che i figli decidano da soli? Quanto può essere determinante la presenza o l’assenza di un genitore nella vita sportiva e non di un nuotatore?

Questi sono solo alcuni dei temi che sono stati toccati dall’interessante incontro organizzato da Gonzaga Sport Academy, che ha invitato a discutere Alessandro e Mariangela, genitori del dorsista della nazionale Matteo Restivo.

Per chi non lo sapesse, Restivo è pluricampione nazionale, medagliato europeo e semifinalista olimpico nella sua specialità, i 200 dorso, e alla vita agonistica ha affiancato una brillante carriera universitaria che lo ha visto laurearsi in Medicina con 110 e lode. Si tratta di un esempio davvero perfetto di connubio tra carriera sportiva e studentesca, in un ambito per di più così impegnativo come quello della Medicina, facoltà che solitamente non lascia molto spazio ad altre attività.

Alessandro e Mariangela hanno parlato della loro esperienza, quella di una famiglia normalissima alle prese con la quotidianità di due figli, con problemi pratici e giornalieri molto comuni ma con spunti interessanti e costruttivi.

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​A partire dall’inizio della carriera universitaria, quando Matteo si è trasferito da Udine a Firenze: “Inizialmente lui non voleva spostarsi da casa, aveva anche preso in considerazione l‘idea di abbandonare il nuoto per continuare gli studi e intraprendere la carriera universitaria in Medicina. Alla Florentia Nuoto è stato accolto come uno di casa, come se fosse cresciuto con loro, e questo ha aiutato al suo ambientamento a Firenze e al fatto che continuasse a nuotare.”

Nonostante i suoi risultati negli studi siano eccellenti, per Matteo non è sempre stato tutto semplice: “Lui a scuola non è mai stato un secchione, anzi. Il suo intento era più che altro divertirsi, spesso portava a casa delle note, ma c’era sempre qualcosa che lo interessava particolarmente. Alle medie gli avevano consigliato un istituto professionale breve, da bravo agonista lui l’ha presa come una sfida e qualcosa in lui è scattato. Nemmeno noi ce lo aspettavamo.”

Quando pensiamo ad un atleta professionista, spesso immaginiamo che non ci siano nella sua vita momenti diversi dall’allenamento e dal riposo. Sono molti invece i nuotatori che riescono ad abbinare studio e piscina; la ricetta di Restivo sta proprio nella connessione tra le due cose: “Essere abituato a doversi allenare per due ore al giorno lo ha aiutato ad ottimizzare i tempi nello studio, ad essere concentrato sull’apprendere nel minor tempo possibile e poi passare all’argomento successivo. Una cosa che gli insegnanti hanno faticato a capire, vedendola spesso come un limite.”

Il ruolo del genitore, su questa strada, è stato difficile ma determinante. Allessando e Mariangela lo ricordano così: “Non è stata una passeggiata stargli accanto negli anni di sveglie presto per allenarsi prima della scuola, far sì che le borse fossero pronte, che i pasti fossero preparati, aiutarlo a portare avanti contemporaneamente sport e studio, passare le domeniche in piscina per vederlo gareggiare 2 minuti. I genitori dei nuotatori vanno incontro a questo genere di sacrifici ma noi lo abbiamo sempre fatto con gioia perché vedevamo che lui era felice. Non lo abbiamo mai pressato sui risultati, abbiamo iniziato a guardare i tempi quando ormai era già in nazionale. Se lui era soddisfatto del suo risultato lo eravamo anche noi, questo ci bastava.”

La verità, infine, è forse scontata ma non banale: Non esiste una via giusta ed una sbagliata. Abbiamo visto molti dei nuotatori che stavano davanti a Matteo smettere prima di lui, per motivi diversi e disparati, mentre altri continuano ancora con lui. Per il successo di nostro figlio è stato determinante il gruppo: in piscina, dove ha trovato un allenatore e dei compagni speciali, perfetti per motivarlo e sostenerlo, e all’università, dove grazie anche ai compagni è riuscito a non perdere strada e a terminare gli studi in maniera brillante.”

Foto: Fabio Cetti | Corsia4