Katinka Hosszú ha annunciato il suo definitivo ritiro dalle competizioni agonistiche.
Nel 2025 compirà 36 anni, ha una bimba nata l’anno scorso e una bacheca interminabile di trionfi sportivi: il suo abbandono agonistico sembra una passo dovuto nella sua vita, una decisione che è arrivata forse fin troppo tardi, visto che i risultati sportivi, negli ultimi anni, hanno scarseggiato. Eppure il buco che lascerà nel mondo del nuoto sarà difficilmente colmabile.
Perché di nuotatrici forti come lei ce ne sono già molte, e alcune hanno addirittura cancellato i suoi record che sembravano insuperabili (basti pensare ai misti rivoluzionati da Summer McIntosh nelle ultime due stagioni), ma non è solo di risultati e medaglie che dobbiamo parlare, se vogliamo veramente parlare di Katinka Hosszú.
Dove nasce la Iron Lady
A caratterizzare la carriera di Katinka Hosszú sono state le medaglie internazionali (tantissime, 97), i record del mondo (17), la polivalenza (fortissima nei misti, nel dorso, nel delfino, nello stile) e la tenacia agonistica. Ma alla base di tutto ciò ci sono state le scelte. Polarizzanti, discutibili, ma sempre molto chiare, le scelte di Katinka Hosszú hanno condizionato i bivi della sua carriera facendole intraprendere strade sempre molto particolari, poco scontate, in cui forse solo lei vedeva la luce.
Venendo dall’Ungheria, territorio dalla sconfinata tradizione natatoria, Hosszú sembrava destinata a ripercorrere la strada di molti eroi delle piscine, suoi connazionali, arrivati prima di lei. I magiari hanno sempre avuto un paio di campioni per generazione, incredibilmente forti ed eleganti, capaci spesso di dominare in acqua in maniera quasi naturale. Senza dover per forza tornare al nuoto degli albori, dagli anni ’80 in poi ci sono stati Tamas Darnyi e Krisztina Egerszegy, Daniel Gyurta e Agnes Kovaks, Laszlo Cseh e, più recentemente, Kistof Milak e Hubert Kos. Quando, nel 2009, Katinka Hosszú vinceva i 400 misti ai Mondiali di Roma, sembrava incasellata in una carriera di questo genere: aveva solo 20 anni, aveva già partecipato a due Olimpiadi, ed era pronta per dominare il mondo nei misti per almeno un decennio.
E invece, a Londra 2012, è stata incredibilmente vicina al ritiro. Sull’areo di ritorno dalla terza Olimpiade senza medaglia, aveva confessato al fidanzato di voler definitivamente lasciare il nuoto. “Questa sconfitta potrebbe essere la cosa migliore che ti sia mai successa” aveva detto ridendo lui. Lei aveva reagito non parlandogli per giorni, esattamente come aveva fatto quando, quattro anni prima, le aveva chiesto di uscire dopo un allenamento all’Università della California. Poi però, proprio come nel 2008, aveva ceduto alle sue lusinghe, e Shane Tusup da fidanzato era diventato anche suo allenatore. Non il primo bivio importante della sua carriera.
Katinka, la rivoluzionaria
Il nuoto in Ungheria è una religione e per una che a 15 anni vince la sua prima medaglia internazionale (bronzo nel 2004 agli Europei in vasca corta nei 400 misti) le aspettative sono elevatissime. La prima partecipazione ai Giochi di Katinka Hosszú, Atene 2004, è poco più che un viaggio premio, buono soprattutto per chiedere l’autografo a Michael Phelps. Ma per la famiglia Hosszú lo sport non è un gioco: il padre è un ex nazionale di basket (200 presenze) così come il fratello, mentre il nonno è il suo primo ed esigentissimo allenatore. Tuttavia, nei primi anni arrivano solo prestazioni di medio livello: vince gli Euro Junior nel 2005 ma nel biennio successivo esce da tutte le finali Europee e Mondiali che contano. Alle Olimpiadi di Pechino le sue ambizioni sono alte, reduce dall’argento Europeo di pochi mesi prima, ma si piazza dodicesima nei 400 misti.
È arrivato il momento della prima trasformazione: decide di osare come pochi altri ungheresi prima di lei avevano fatto, lasciando il suo paese per cercare fortuna all’estero.
Così si sposta a Los Angeles per venire allenata da Dave Salo, head coach a USC e già allenatore di Jason Lezak, Rebecca Soni e diversi altri nazionali nordamericani. Inizialmente si trova catapultata in un mondo alieno: nella sua biografia – A magyar Iron Lady – racconta di aver telefonato alla madre dopo pochi giorni chiedendole di tornare a casa perché nessuno riusciva a capire quello che diceva. Convintasi a restare, trova il modo di adattarsi e conosce Shane, che diventa presto il suo fidanzato (ma anche la sua ombra).
Intanto Katinka inizia la preparazione per Londra con coach Salo e nel tragitto conquista il suo primo oro Mondiale a Roma 2009. La fine dell’era superbody, con i quali si nuotava nel 2008-2009, non mette freno alle sue vittorie, ed il ritorno in patria per gli Europei del 2010 a Budapest è trionfale: tre ori individuali, confermati anche agli europei di Debrecen 2012 sempre in Ungheria. Le sue aspettative per Londra 2012 sono da medaglia ma vengono demolite dalla cinese Ye Shiwen. Dave Salo, dopo una settimana di delusioni, cerca di minimizzare e la congeda con una frase che sancisce la rottura: “Potrai sempre aprire il tuo salone di bellezza”. Anche Tamás Gyárfás, il Presidente della Federazione di nuoto ungherese, le consiglia il ritiro come strada migliore ma Shane, facendo leva su risultati deludenti e sul morale sotto terra, la colpisce nell’orgoglio e con quella risata sull’aereo trasforma Katinka Hosszú nell’Iron Lady.
Katinka, l’Iron Lady
Subito dopo i Giochi, su proposta di Shane che nel frattempo è diventato ufficialmente l’allenatore, Katinka partecipa alla FINA World Cup, una manifestazione in vasca da 25 metri che porta gli atleti in giro per il mondo cercando di dare più visibilità al nuoto ed ai suoi personaggi. In pochi tra i più forti ci credono veramente a causa del non elevatissimo guadagno a fronte di un impegno dispendioso, ma Hosszú ci si butta a capofitto. Grazie ad un’intuizione tecnica basata sul suo spiccato senso agonistico, Shane le fa nuotare gare a nastro, inglobando di fatto la competizione nel processo allenante. La prima edizione è un trionfo: 39 medaglie d’oro distribuite in 8 tappe per un totale di circa 30 km nuotati (le competizioni vanno da un minimo di 50 ad un massimo di 800 metri ciascuna) e più di 150 mila dollari di premi portati a casa.
Qui un giornale la chiama per la prima volta “la Iron Lady ungherese”: nasce il mito della nuotatrice instancabile che vince dominando ogni singola batteria disputata lasciando alle avversarie le briciole. Il marito-coach, scatenato in tribuna durante le competizioni, diventa parte integrante del suo personaggio. Per quattro anni di fila la FINA World Cup sarà il palcoscenico nel quale l’Iron Lady si esprime meglio, vincendo decine di gare, tutte le classifiche finali ed un montepremi annuale di oltre 300 mila dollari (al termine della carriera, i podi saranno 473).
La macchina Iron Lady funziona talmente bene che Katinka, oltre alle scontate critiche, inizia a fare anche proseliti. Diventando di fatto la prima vera professionista delle piscine, molti suoi colleghi la guardano con stupore misto ad ammirazione, e molti iniziano a seguirne, a che solo in parte, la strada. Partecipare ai meeting inizia a diventare improvvisamente cool, e in molti capiscono che dietro a questa scelta c’è un metodo: ci si può allenare alla prestazione e contemporaneamente fare cassa.
Con questo criterio di lavoro, e in barba a tutti i super conservatori del mondo del nuoto, Katinka inizia a mettere in fila risultati pesanti anche nelle sedi che contano davvero: due ori Mondiali a Barcellona 2013 (200 e 400 misti) ed altrettanti a Kazan 2015, svariati successi Europei sia in vasca corta che in vasca lunga ed un record del mondo in vasca da 50, quello dei 200 misti, strappato proprio alla cinese Ye Shiwen. A questa lunga incetta di successi praticamente senza macchia manca solo il più importante, quello Olimpico, e Rio 2016 è l’occasione per riempire il vuoto. Dal Brasile, tornerà con tre ori e un argento, e il successo è totale. È di nuovo la sportiva ungherese dell’anno, viene studiato un brand sul suo soprannome, con tanto di linea d’abbigliamento e fumetto, e si sprecano per lei copertine, comparsate tv e numeri sui social. I successi sportivi continuano anche nel 2017, poi però qualcosa si rompe.
Katinka, l’umana
All’inizio della stagione 2017-2018 Katinka se la prende (in una lunga lettera aperta pubblicata dal sito SwimSwam.com) con la FINA, rea di aver introdotto delle regole che limitano la possibilità di gareggiare in più distanze della stessa tappa di World Cup, riducendo quindi le possibilità di guadagno. Più in generale la Hosszú si batte, insieme ad altri nuotatori, per cercare di mettere il nuoto sui binari del professionismo, accusando la FINA di essere troppo concentrata su se stessa e troppo poco sugli atleti.
In questo scenario perde per la prima volta in 4 anni la World Cup ai danni di Sarah Sjöström ed agli europei di Glasgow 2018 vince solo l’oro dei 200 misti. Nel mezzo però si intravedono le prime crepe nel rapporto con Shane: su di lui l’ombra della violenza, su di lei quella del tradimento. Dopo un breve riavvicinamento la loro storia si interrompe bruscamente nel weekend di Pasqua. Il tutto si consuma tramite i social. “Credo che non mi abbia mai amato ma semplicemente abbia amato il modo in cui mi sono dedicato a lei”. Con queste parole al termine di un post su Facebook, Shane si mette a nudo e per la prima volta mostra il lato umano della loro coppia. Poco dopo cancella il profilo dell’Iron Lady del quale è amministratore e costringe lei a scusarsi con i fan su Instagram.
A Glasgow 2018 Shane non presenzia, per la prima volta in dieci anni, ad una gara di Katinka, che nel frattempo è tornata in California da coach Salo (quello del salone di bellezza). In estate l’annuncio di voler continuare a nuotare fino a Tokyo 2020 e la scelta di un nuovo team di allenamento, in Svizzera. Da quel momento in poi, saranno più i passi a vuoto che le soddisfazioni: un ultimo oro Mondiale (a Gwnagju 2019) e gli ultimi due Europei (a Glasgow 2018 e a Budapest 2021), precedono una deludente Olimpiade a Tokyo ed un triennio costellato di poche apparizioni sportive. Il ritiro ufficiale è arrivato nel 2025, ed il fatto che la notizia fosse scontata per molti non significa lo fosse anche per lei.
Katinka Hosszú è stata una pioniera, in molti casi una temeraria e in altri una sprovveduta, ma ne è uscita sempre e comunque come una innovatrice, speso come una paladina dei nuotatori. In un nuoto sempre uguale a se stesso, fermo da decenni nella logica che prevede un picco di prestazione, massimo due, annuali, lei ha rotto gli schemi e alzato il ritmo, dimostrando che una nuova via era possibile. Ha sbagliato, certamente, ed altrettanto sicuramente ha esagerato, portando al litio prima il suo corpo e poi il suo spirito e rischiando di non tornare indietro. Ma anche nelle difficoltà si è mostrata speciale, non ha avuto paura nel mostrarsi fragile nel fisico e nella mente, nemmeno dopo essersi innalzata a livello supereroe. Ci ha fatto stupire e innervosire, piangere e ridere, ci ha lasciato increduli davanti alle sue gare, ammaliati da cotanto fervore agonistico. Ha fatto sembrare semplici le cose impossibili. Ha spostato tutto su un altro livello, e ora ci mancherà.
Chissà se qualcuno ne raccoglierà davvero l’eredità: il nuoto ne avrebbe bisogno.