di Elisa Bellardi
Giovani atleti crescono. Si chiudono con quindici medaglie i Campionati Europei Juniores di Dordrecht, in Olanda. Un risultato che salta all’occhio, per cui il nuoto italiano non può che gioire. Noi di MasterSwim, finita la doverosa esultanza, abbiamo sentito l’allenatore dei giovanissimi, il tecnico degli Azzurrini Walter Bolognani.
Walter, medaglie a parte, qual è il bilancio complessivo di questi EuroJunior?
Sono molto soddisfatto, il riscontro è stato ben oltre le aspettative. Del resto ci sono diversi modi di valutare una gara: guardando il cronometro e le classifiche, oppure andando al di là delle medaglie. Ecco, in Olanda i ragazzi sono riusciti ad esprimersi al meglio delle proprie possibilità per cinque giorni, con braccia, gambe e cervello. E questo è quello che conta più di tutto, in particolare quando si tratta di atleti così giovani.
C’è qualcuno che ha brillato particolarmente?
È molto difficile fare un nome piuttosto che un altro, perché a brillare è stato chiunque sia riuscito a migliorare sé stesso. Mi sento però di menzionare Leyre Casarin: ha centrato il tempo limite nei 50 stile libero agli Assoluti di aprile in uno spareggio, dopo in Italia non è più riuscita a ripetersi, eppure a Dordrecht si è conquistata una finale e poco è mancato perché salisse sul podio. Insomma, quella che si è agganciata al treno degli Europei nel modo più singolare si è sviluppata una scelta validissima.
C’è qualcosa di cui non è soddisfatto e che si potrebbe migliorare?
Sono convinto ci debba essere ancora più attenzione al singolo atleta, alle necessità specifiche di ognuno. L’obiettivo è che le circa dieci persone dello staff seguano ancora meglio i 34 – 35 atleti, tutti con esigenze diverse, anche se molto, in questo senso, è comunque stato fatto.
Com’è stato il clima tra compagni? In generale, quanto conta lo spirito di squadra?
L’atmosfera è stata bellissima, questa sarà un’edizione degli EuroJunior che verrà ricordata per molto tempo, in primo luogo per la serenità e il clima allegro e propositivo. Molti dei ragazzi avevano già fatto parte della Nazionale giovanile, si conoscevano già da alcuni anni e conoscevano quindi il nostro modo di affrontare questa esperienza.
Ha già un’idea di come sarà la squadra Juniores l’anno prossimo? Ha già adocchiato qualche giovane talento?
Sì, quest’anno ho avuto la fortuna di poter osservare un gruppo scelto di giovanissimi appartenenti alla categoria Ragazzi in tre occasioni: in Ucraina, a Mosca e infine durante la Coppa Comen in Israele. Questo mi ha permesso di farmi un’idea precisa delle prestazioni, dei mezzi fisici e dell’indole di ognuno, di collegare una faccia ad un tempo, cosa che mi era difficile fare seguendo soltanto i Criteria.
Lei ha nominato l’indole. È importante nei giovanissimi? Quanto conta lo “spirito d’atleta”?
Conta moltissimo, soprattutto quando si è così giovani e distrarsi diventa davvero facile. C’è chi nasce già portato all’abnegazione, alla concentrazione e allo spirito di sacrificio e chi, invece, queste caratteristiche deve essere aiutato a costruirle durante il suo percorso di crescita come atleta.
Perché in Italia tanti giovani talentuosi si perdono per strada? Come si può rimediare?
Il problema ha spesso a che fare con la gestione dell’atleta, che deve essere graduale. Capita sovente che quando ci si trova tra le mani un talento ci si prenda la mano e lo si sprema quando è un bambino quasi, invece bisogna avere la pazienza di rallentare. Lo stesso dirigente Cesare Butini si sta spendendo in modo che venga evitato il cosiddetto “campionismo”, ovvero il trattare come campioni nuotatori bambini, quando invece il lavoro andrebbe programmato in modo da far andare forti gli atleti verso i vent’anni. Questo in ogni caso è un problema diffuso in molti Paesi europei. Ci tengo però a sottolineare che, se molti atleti si sono persi, dalla Nazionale giovanile sono venuti fuori Niccolò Bonacchi, Luca Mencarini, Diletta Carli e Andrea Mitchell D’Arrigo.