Ogni quante bracciate respirare, e da un solo lato o da entrambi? Domande da sempre ricorrenti.
Inutile dire che è stato detto tutto e il contrario di tutto, ma il più delle volte si è sempre trattato esclusivamente di scuole di pensiero prive di fondamento scientifico.
La respirazione rappresenta poi un aspetto con un impatto elevato anche e soprattutto in ambito agonistico, nel senso che può condizionare fortemente la prestazione finale.
Tale argomento è stato oggetto di uno studio da parte della Norwegian School of Sport Sciences: qui l’articolo originale scritto dai due ricercatori norvegesi Tommy Pedersen e Per-Ludvik Kjendlie.
Per raggiungere un’elevata velocità di nuoto, uno degli obiettivi principali della tecnica di nuoto è creare una propulsione ottimale e con una resistenza minima.
Per uno specialista del crawl, il minimizzare la resistenza si riconduce a mantenere un assetto idrodinamico ottimale (noto come streamline); la testa e il corpo disposti in una linea retta, e il corpo stesso deve mantenere una posizione il più orizzontale possibile. Propulsione ottimale significa mantenere efficaci le forze propulsive, garantendo un’alta efficienza propulsiva e una potenza elevata per tutta la distanza su cui si articola la nuotata.
Nella maggior parte dei casi, la fase di respirazione nello stile libero è proprio un movimento che per sua natura intrinseca discosta il nuotatore da quella condizione di propulsione ottimale appena presentata. Accade ciò perché la testa deve spostarsi dalla linea ideale di nuotata per rendere possibile l’ispirazione dell’aria. Tanto più dura l’ispirazione maggiore sarà la perdita di propulsione per l’atleta.
In studi effettuati in precedenza a quello citato è stata proprio riscontrata una connessione tra quanto è bravo il nuotatore a coordinare la respirazione con il suo livello tecnico.
Infatti, i nuotatori più esperti tendono a compiere l’inspirazione dell’aria in tempi decisamente più brevi rispetto ai meno esperti. Inoltre, i nuotatori di livello più alto hanno dimostrato di avere una migliore capacità di coordinazione tra la bracciata e l’inspirazione dell’aria in modo da mantenere il corpo in una situazione di equilibrio e, così facendo, la propulsione continua a risultare efficiente anche durante l’azione respiratoria.
L’oggetto di questo studio ha riguardato dieci nuotatori norvegesi adulti di livello nazionale.
La prova alla quale sono stati sottoposti consisteva in tre sprint di 25 metri stile libero con diversi schemi di respirazione condotti in ordine casuale:
- sprint di 25 m con nessuna respirazione,
- 25 m con una sola respirazione dopo 15 m nuotati,
- 25 m con una respirazione ogni ciclo.
Le respirazioni sono state fatte eseguire dal lato preferito dagli atleti.
Le misurazioni della velocità sono state effettuate utilizzando un tachimetro, collegato al nuotatore tramite una sottile linea non elastica.
Dalle misure effettuate non è stata riscontrata alcuna differenza significativa nella velocità media tra la prova effettuata con una sola respirazione a quella senza respirare. Respirare una volta ogni 10 metri equivaleva a circa un respiro ogni 3 cicli di bracciata per i nuotatori in questo studio.
È stata invece riscontrata una significativa riduzione della velocità durante la respirazione ad ogni ciclo, rispetto alle prove senza respiro e con un respiro.
Questi risultati ci dicono che i nuotatori con un livello tale di prestazioni possono respirare una volta ogni 3 cicli di bracciata senza perdere velocità a causa delle azioni respiratorie per le specialità di sprint a stile libero. Se i nuotatori respirano ad ogni ciclo di bracciata possono anche perdere fino a circa 0,1 secondi ogni 10 metri.
Ciò indica che tutti i nuotatori possono guadagnare decimi preziosi imparando una migliore tecnica di respirazione e controllo della stessa.
Inoltre, sono state effettuate delle analisi della gara dei 100 m stile libero sia per le femmine che per i maschi nel corso dei Campionati Nazionali Norvegesi.
Ne è conseguito che nonostante i nuotatori dei 100 stile libero sembravano variare lo schema di respirazione, in ogni caso il più comune era respirare ogni 2, 3 o 4 ciclo di bracciate per la prima parte della gara, quindi aumentare a ogni ciclo o ogni 2 cicli di bracciata la respirazione nel corso dell’ultima parte della gara.
Solo pochi nuotatori scelgono di respirare poco come ogni 3 o 4 cicli durante tutta la gara: tra questi sono stati i vincitori sia dei 100 m stile libero maschili che della prova femminile.
Il motivo principale per cui i nuotatori aumentano il loro numero di respirazioni nel corso dell’ultima parte di una gara è dovuto a un bisogno di respirare di più a causa di una pressione di CO2 parziale più bassa nel sangue causata dall’elevata intensità dell’esercizio fisico.
In un altro studio Peyrebrune et al. – Effects of controlled frequency breathing on maximal tethered swimming performance – non hanno riscontrato prestazioni ridotte sulla base di marker fisiologici quando i nuotatori hanno respirato addirittura ogni 4 cicli di bracciata, durante 55 secondi di prestazione natatoria.
Ciò indica che i nuotatori possono scegliere di respirare un minimo di ogni 3 fino a 4 cicli di bracciata senza perdita di prestazioni a causa di fattori fisiologici o fattori biomeccanici (azione respiratoria).
In conclusione, gli allenatori dovrebbero sempre sottolineare a loro atleti il controllo della respirazione sia durante l’allenamento che nelle competizioni e anche insegnare tecnica di respirazione efficace per evitare riduzioni di velocità dovute alle azioni respiratorie.
In un 50 metri stile libero i nuotatori dovrebbero respirare il meno possibile, ma durante i 100 m i nuotatori devono respirare di più e possono respirare ogni 3 cicli di bracciata fino a 4 e ne conseguirà una ridotta perdita di velocità rispetto al respirare con maggiore frequenza.
Per fornire accurati consigli su quali schemi di respirazione usare nelle gare dei 100 metri (maschili e femminili), in entrambi i casi le differenze individuali devono essere prese in considerazione in base alle variabili tecniche e fisiologiche e metaboliche.
Ulteriori indagini in questa materia sembrano necessarie, combinando biomeccanica e metodi fisiologici, un paradigma che risuona ogni volta che parliamo di allenamento del nuoto moderno!
Foto: Fabio Cetti | Corsia4